A
16 ANNI ERA GIA’ UNA
LEGGENDA AMATA
IN OGNI
PARTE DEL MONDO
Apprezzato
da Mascagni, dal
tenore Tito
Schipa, da Louis
Armstrong e da altri
colossi,
ebbe tra i suoi estimatori
anche
Primo Carnera e Tazio
Nuvolari, “Nivola”.
Nel 1934 a New York la sua
tromba
era il canto di tutti gli
italiani.
Vito Lo Re |
La sua tromba mandò in
delirio le platee. Nel nostro Paese e nel mondo. I suoi virtuosismi
hanno fatto storia. Vito Lo Re, il principe dei flicornini, era
insuperabile. Alcuni lo definivano il maestro dalla tromba che canta.
In un gran concerto alla Carnegie Hall di New York gli tributarono
cinque minuti di ovazioni. Quando era un giovane solista, in
un’esibizione a Lecce il suo talento colpì Mascagni. L’autore
della “Cavalleria rusticana” lo riascoltò stupito a Livorno nel
’34. Vito Lo re richiamava folle di melomani dappertutto. Era una
stella, che ritroviamo in un libro del figlio Nicola: “La banda
musicale negli anni Trenta in Italia”, edito in bella veste da
Nuova Editrice Apulia; lo apprezzavano per la “perfetta
intonazione, la tecnica innata, la foga interpretativa”... Ma con
il passare del tempo la sua fama si è impallidita. Gli uomini
dimenticano le glorie che dovrebbero custodire gelosamente.
Nel
’78 Il caso portò Nicola in un albergo a Chieti, dove il portiere
di notte, leggendo il nome sul documento, chiese se l’interlocutore
fosse un parente dell’artista che era stato acclamato in tutti i
teatri più prestigiosi. E gli disse che da quelle parti vivevano
ancora alcuni membri della banda di cui il padre aveva fatto parte,
quella appunto di Chieti, che all’epoca veniva considerata una
delle migliori al mondo. Nicola si mise sulle loro tracce per mietere
informazioni, e intanto cercava anche qualche brano suonato da Vito,
fra i tanti incisi in America e mai sbarcati in Italia; nel nostro
Paese; a Colonia...: 78 giri con musica prevalentemente operistica
legata al melodramma italiano. Dagli archivi della Rai di Pescara
eccone quattro (otto marce del Gran Concerto Città di Chieti”). La
scoperta incoraggiò Nicola, che nell’84, con rinnovate speranze,
scrisse a Paolo Grassi, presidente dell’Ente, il quale, elogiando
il lavoro che il mittente andava svolgendo per ricostruire la memoria
del padre, rispose che le indagini da lui disposte non avevano dato
buon esito. Nicola incrementò gli sforzi, scrisse agli abruzzesi
d’America, agli Auditorium, ai teatri, dal Metropolitan alla
Carnegie Hall di New York, all’Opera House di Chicago…; ad
associazioni culturali, alle ambasciate, ai consolati, alle case
discografiche; interpellò appassionati di musica italiani e
stranieri, conoscenti emigrati negli Usa… E dire che la Banda di
Chieti, in cui Vito Lo Re spiccava facendo onore all’Italia, era
stata accolta ovunque con estasi: a Cleveland, a Cincinnati, a
Buffalo, a Pittsburg, a Baltimora, oltre che a Washington, a Berlino…
Un eminente ammiratore di quel miracolo confidò che nel ’34 a New
York la tromba di Vito Lo Re “era il canto di tutti gli italiani”.
Entusiasmò anche il grande tenore Tito Schipa, e riscosse il plauso
di autorevoli critici musicali. All’età di ventitrè anni era già
una leggenda. Il maestro Valenti lo sentì a Bologna e lo volle a
tutt’i costi a Chieti. Vito Lo Re aveva una personalità
carismatica – parola di Armando Bruni, capobanda a Squinzano, dove
anche operò Lo Re, definito un portento, un interprete favoloso, che
non negava mai un “bis”; il più grande e il più bello. E
profumatamente pagato. Molto generoso, spesso invitava l’intera
banda al ristorante; per rendergli omaggio si allestivano serate
memorabili, durante le quali suscitava anche interesse fra le belle
signore. Un giornale di Filadelfia riportò la notizia di una cena
fatta in casa di un fan, Beniamino Gallo, “in onore di Vito Lo Re,
prima cornetta della famosa Banda di Chieti”
Nel
’31 e nel ’32 quella Banda fu scritturata dal Comune di Sanremo e
l’”Eco della Riviera” la esaltò, sostenendo tra l’altro che
“il gran duetto dell’opera ‘Mignon’ ci ha permesso di
applaudire l’egregio sopranino Vito Lo Re, il quale nella ‘Polacca’
di Chopin ha saputo emergere ad altezze tali da permetterci di
definirlo bravissimo nel genere, degno dei maggiori successi”. Una
novità, visto che quel pubblico era di solito difficile
all’entusiasmo. Elogi anche da altri giornali: dal “Corriere
della Sera” al “Resto del Carlino, a “L’Avvenire d’Italia”
di Bologna, al “Berliner illustrierte Nachtausabe”, al
“Wolkischer Beobachter”… Louis Armstrong dichiarò che avrebbe
sempre ricordato “quel suono che udii a distanza in occasione del
concerto a ‘Niagara Falls’, dove il cordone di sicurezza che
circondava la Banda impediva ogni intrusione non gradita”.
Nicola Lo Re |
Già da bambino – racconta
Nicola nel suo bel libro, dotato di un cd con rare incisioni del ’34
- manifestò la sua passione per la musica, scegliendo subito come
strumento la tromba. Rimasto orfano all’età di un anno, quando
arrivò il momento indossò il grembiule frequentò la scuola senza
alcun amore per i libri di testo. Il suo sogno era la tromba. Aveva
appena sette anni e con la tromba andava alle elementari, dove
irritava la maestra per farsi cacciare fuori dell’aula e indurre
così la mamma ad assecondarlo. Raggiunse lo scopo, e già a 15 anni
dette prova del suo genio esibendosi a Martina, Noci, Taranto,
Castellaneta. “Era semplicemente fantastico rendere col flicorno
soprano certe romanze prima che fosse inventato il flicornino in mi
bemolle”. Travolgeva, coinvolgeva, appassionava, stregava il
pubblico.
Eccolo davanti al maestro
Ernesto Abbate, che come scrisse un cronista alla sua morte, nel ’34,
“si era nutrito di musica con il latte materno e che oltre per il
suo talento si fece apprezzare per la spiccata aristocrazia del suo
gesto direttoriale e per la compostezza sul podio…”. Su
indicazione di Abbate, Vito suonò una romanza della “Traviata”,
e al termine fu stordito dalle acclamazioni; mentre lo stesso
maestro chiedeva il “bis”. In quella banda il suo nome risaltava,
moltiplicava i sostenitori. E intanto diventava amico di campioni
dello sport, da Primo Carnera, che alla Banda di Chieti offrì una
magnifica cena al “Victoria” di New York, a Tazio Nuvolari, detto
“Nivola”, incontrato nel 1929 a Bologna.
Nel complesso bandistico di
Chieti entrò nel ‘31, con un contratto di tutto rispetto. Più che
meritato. Era un fuoriclasse stimatissimo, venerato. Per il
quotidiano “Il Telegrafo” di Livorno, così si poteva suonare
solo in Paradiso. Il “Volkischer Beobachter” di Berlino:
“Meravigliosa la precisione dei clarinetti e dei flauti…”. Un
elogio di Pietro Mascagni fu uno dei tantissimi ricevuti dai
“chietini”: “Non c’è in Italia né all’estero una banda
che possa paragonarsi alla banda di Chieti”.
Nel suo interessantissimo
libro, ricco di immagini (una scattata il 20 novembre ‘36 nel bosco
delle Pianelle, quando a Martina si cacciavano gli ultimi daini) e di
testimonianze, scritto con stile scorrevole e senza enfasi, un
monumento al padre, Nicola Lo Re (autore anche di “Africando”,
pagine emozionanti sui propri viaggi in Africa in moto o a bordo di
camion), fa la storia delle Bande non trascurando dettagli persino
sulle divise dei suonatori e sulle ore libere che il papà
trascorreva in famiglia; della sua passione per le moto, le auto e la
caccia. In queste pagine parte dalla sera in cui decise di fermarsi a
Chieti, spinto da una voce di dentro; ripercorre mille vie e riporta
le tante voci ascoltate.
Avv. Nicola Lo Re |
Vito Lo Re era figlio di Nicola, famoso avvocato di Lecce trasmigrato, per motivi elettorali, a Taranto, dove fu anche sindaco. Quando nel 1906 il principe del foro, amato per la sua limpidezza e per le opere realizzate, venne a mancare, la vedova si traferì con il figlio nella lussuosa villa che possedevano a Crispiano, ai margini del centro urbano. A quell’epoca in paese non c’erano scuole pubbliche e il piccolo Vito fu mandato a Martina Franca presso la zia Maria. Lungo il tragitto tra casa e scuola c’era la bottega di un calzolaio, che, avendo da giovane praticato l’arte dei suoni, durante le pause soffiava nella tromba, catturando l’attenzione del bambino, che spesso correva a sedersi a terra davanti al deschetto, rapito dalle note che fluivano dal “padiglione”. Un giorno – racconta Nicola - l’artigiano lo stimolò a provarci; e rimase sbalordito dai virtuosismi di Vito. Informò la zia e donò lo strumento al ragazzo-prodigio, destinato a primeggiare sui palcoscenici più importanti del mondo eccellente solista di flicornino.
Quando nel ’73 l’eccellente
solista di flicornino, che aveva riscosso tanti successi, si spense
dopo un’ultima esibizione alla Scala di Milano, furono in molti a
piangere. Un amico scrisse su un mensile, che a soli 16 anni era già
un portento. “Alle scuole elementari ci andavi tenendo sotto il
braccio la tromba, quasi più grande di te… e a dieci anni
cominciasti con la Banda di Martina, continuando con quelle di Noci,
Castellaneta, Taranto…”. Era nato per suonare. Per deliziare chi
amava la musica.
SERVIZIO SPECIALE DI FRANCO PRESICCI PREMIO GUIDO VERGANI
Franco Presicci, giornalista professionista, è nato a Taranto.
Trasferitosi a Milano nel ’62, un anno dopo eccolo al quotidiano
“l’Italia” come collaboratore delle pagine dedicate agli
spettacoli, diventando poi vice-critico teatrale. E’ stato capo
ufficio stampa di una casa discografica, della Celip e del film
“L’Immensità” con Don Backi, Caterina Caselli, Nicola Di
Bari…. Ha scritto per “La Gazzetta di Mantova” e per altri
quotidiani. Entrato al “Giorno” nel ‘66, vi ha lavorato fino al
1995. Cronista noto e apprezzato, è stato spesso invitato a
trasmissioni televisive pubbliche e private. Per “Fuori Orario”,
condotta su Raitrè da Davide Riondino, negli anni ’80 ha
realizzato anche un servizio sulle bische clandestine. Cinque anni fa
ha preso parte al programma “I fatti vostri” di Giancarlo Magalli
su Raidue, parlando di un famoso boss della malavita. Ha incontrato
personaggi famosi, da Walter Chiari a Enrico Maria Salerno; da Carlo
Giuffrè a Diana Torrieri, Emma Gramatica, Elsa Merlini, “Wanda
Osiris, Ernesto Calindri, Arnoldo Foà… e clow’n di rilievo
internazionale, tra cui il leggendario Charlie Rivel. Ha intervistato
ripetutamente anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini in
visita a Milano. Ha fatto l’inviato anche all’estero per
clamorosi fatti di cronaca, come il delitto del catamarano, che nel
1988 impressionò l’Italia. Ha scritto due libri: “I cortili di
Lombardia” e “Le cascine di Lombardia”. Nel’83 gli è stato
assegnato (a Tito Stagno per la Tv) il premio “7 Stramilano 7- Rank
XeroX” per gli articoli scritti sulla “maratona dei
cinquantamila”, ricevendo un milione in monete d’argento coniate
in occasione delle olimpiadi di Los Angeles; e tre anni fa il Premio
Guido Vergani alla carriera.
Locandina di un concerto |
Elezioni politiche 1892-Collegio di Castellaneta. Lo Re per Ginosa 183 voti |
Un giornale elogia la banda |
Lo Re ragazzo |
Elenco Sindaci di Taranto-Lo Re 11° -1^ fila |
Un angolo interno della villa Lo Re di Crispiano |
Il filocornino di Vito Lo Re |