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mercoledì 25 ottobre 2017

Vito Lo Re, il principe del flicornino


 
A 16 ANNI ERA GIA’ UNA

LEGGENDA AMATA IN OGNI

PARTE DEL MONDO

 

Apprezzato da Mascagni, dal

tenore Tito Schipa, da Louis

Armstrong e da altri colossi,

ebbe tra i suoi estimatori

anche Primo Carnera e Tazio

Nuvolari, Nivola”.

Nel 1934 a New York la sua
 
tromba era il canto di tutti gli

italiani.

 
Vito Lo Re

 
La sua tromba mandò in delirio le platee. Nel nostro Paese e nel mondo. I suoi virtuosismi hanno fatto storia. Vito Lo Re, il principe dei flicornini, era insuperabile. Alcuni lo definivano il maestro dalla tromba che canta. In un gran concerto alla Carnegie Hall di New York gli tributarono cinque minuti di ovazioni. Quando era un giovane solista, in un’esibizione a Lecce il suo talento colpì Mascagni. L’autore della “Cavalleria rusticana” lo riascoltò stupito a Livorno nel ’34. Vito Lo re richiamava folle di melomani dappertutto. Era una stella, che ritroviamo in un libro del figlio Nicola: “La banda musicale negli anni Trenta in Italia”, edito in bella veste da Nuova Editrice Apulia; lo apprezzavano per la “perfetta intonazione, la tecnica innata, la foga interpretativa”... Ma con il passare del tempo la sua fama si è impallidita. Gli uomini dimenticano le glorie che dovrebbero custodire gelosamente.
Nel ’78 Il caso portò Nicola in un albergo a Chieti, dove il portiere di notte, leggendo il nome sul documento, chiese se l’interlocutore fosse un parente dell’artista che era stato acclamato in tutti i teatri più prestigiosi. E gli disse che da quelle parti vivevano ancora alcuni membri della banda di cui il padre aveva fatto parte, quella appunto di Chieti, che all’epoca veniva considerata una delle migliori al mondo. Nicola si mise sulle loro tracce per mietere informazioni, e intanto cercava anche qualche brano suonato da Vito, fra i tanti incisi in America e mai sbarcati in Italia; nel nostro Paese; a Colonia...: 78 giri con musica prevalentemente operistica legata al melodramma italiano. Dagli archivi della Rai di Pescara eccone quattro (otto marce del Gran Concerto Città di Chieti”). La scoperta incoraggiò Nicola, che nell’84, con rinnovate speranze, scrisse a Paolo Grassi, presidente dell’Ente, il quale, elogiando il lavoro che il mittente andava svolgendo per ricostruire la memoria del padre, rispose che le indagini da lui disposte non avevano dato buon esito. Nicola incrementò gli sforzi, scrisse agli abruzzesi d’America, agli Auditorium, ai teatri, dal Metropolitan alla Carnegie Hall di New York, all’Opera House di Chicago…; ad associazioni culturali, alle ambasciate, ai consolati, alle case discografiche; interpellò appassionati di musica italiani e stranieri, conoscenti emigrati negli Usa… E dire che la Banda di Chieti, in cui Vito Lo Re spiccava facendo onore all’Italia, era stata accolta ovunque con estasi: a Cleveland, a Cincinnati, a Buffalo, a Pittsburg, a Baltimora, oltre che a Washington, a Berlino… Un eminente ammiratore di quel miracolo confidò che nel ’34 a New York la tromba di Vito Lo Re “era il canto di tutti gli italiani”. Entusiasmò anche il grande tenore Tito Schipa, e riscosse il plauso di autorevoli critici musicali. All’età di ventitrè anni era già una leggenda. Il maestro Valenti lo sentì a Bologna e lo volle a tutt’i costi a Chieti. Vito Lo Re aveva una personalità carismatica – parola di Armando Bruni, capobanda a Squinzano, dove anche operò Lo Re, definito un portento, un interprete favoloso, che non negava mai un “bis”; il più grande e il più bello. E profumatamente pagato. Molto generoso, spesso invitava l’intera banda al ristorante; per rendergli omaggio si allestivano serate memorabili, durante le quali suscitava anche interesse fra le belle signore. Un giornale di Filadelfia riportò la notizia di una cena fatta in casa di un fan, Beniamino Gallo, “in onore di Vito Lo Re, prima cornetta della famosa Banda di Chieti”
Nel ’31 e nel ’32 quella Banda fu scritturata dal Comune di Sanremo e l’”Eco della Riviera” la esaltò, sostenendo tra l’altro che “il gran duetto dell’opera ‘Mignon’ ci ha permesso di applaudire l’egregio sopranino Vito Lo Re, il quale nella ‘Polacca’ di Chopin ha saputo emergere ad altezze tali da permetterci di definirlo bravissimo nel genere, degno dei maggiori successi”. Una novità, visto che quel pubblico era di solito difficile all’entusiasmo. Elogi anche da altri giornali: dal “Corriere della Sera” al “Resto del Carlino, a “L’Avvenire d’Italia” di Bologna, al “Berliner illustrierte Nachtausabe”, al “Wolkischer Beobachter”… Louis Armstrong dichiarò che avrebbe sempre ricordato “quel suono che udii a distanza in occasione del concerto a ‘Niagara Falls’, dove il cordone di sicurezza che circondava la Banda impediva ogni intrusione non gradita”.

Nicola Lo Re


Già da bambino – racconta Nicola nel suo bel libro, dotato di un cd con rare incisioni del ’34 - manifestò la sua passione per la musica, scegliendo subito come strumento la tromba. Rimasto orfano all’età di un anno, quando arrivò il momento indossò il grembiule frequentò la scuola senza alcun amore per i libri di testo. Il suo sogno era la tromba. Aveva appena sette anni e con la tromba andava alle elementari, dove irritava la maestra per farsi cacciare fuori dell’aula e indurre così la mamma ad assecondarlo. Raggiunse lo scopo, e già a 15 anni dette prova del suo genio esibendosi a Martina, Noci, Taranto, Castellaneta. “Era semplicemente fantastico rendere col flicorno soprano certe romanze prima che fosse inventato il flicornino in mi bemolle”. Travolgeva, coinvolgeva, appassionava, stregava il pubblico.
 
Eccolo davanti al maestro Ernesto Abbate, che come scrisse un cronista alla sua morte, nel ’34, “si era nutrito di musica con il latte materno e che oltre per il suo talento si fece apprezzare per la spiccata aristocrazia del suo gesto direttoriale e per la compostezza sul podio…”. Su indicazione di Abbate, Vito suonò una romanza della “Traviata”, e al termine fu stordito dalle acclamazioni; mentre lo stesso maestro chiedeva il “bis”. In quella banda il suo nome risaltava, moltiplicava i sostenitori. E intanto diventava amico di campioni dello sport, da Primo Carnera, che alla Banda di Chieti offrì una magnifica cena al “Victoria” di New York, a Tazio Nuvolari, detto “Nivola”, incontrato nel 1929 a Bologna.
Nel complesso bandistico di Chieti entrò nel ‘31, con un contratto di tutto rispetto. Più che meritato. Era un fuoriclasse stimatissimo, venerato. Per il quotidiano “Il Telegrafo” di Livorno, così si poteva suonare solo in Paradiso. Il “Volkischer Beobachter” di Berlino: “Meravigliosa la precisione dei clarinetti e dei flauti…”. Un elogio di Pietro Mascagni fu uno dei tantissimi ricevuti dai “chietini”: “Non c’è in Italia né all’estero una banda che possa paragonarsi alla banda di Chieti”.
 
Nel suo interessantissimo libro, ricco di immagini (una scattata il 20 novembre ‘36 nel bosco delle Pianelle, quando a Martina si cacciavano gli ultimi daini) e di testimonianze, scritto con stile scorrevole e senza enfasi, un monumento al padre, Nicola Lo Re (autore anche di “Africando”, pagine emozionanti sui propri viaggi in Africa in moto o a bordo di camion), fa la storia delle Bande non trascurando dettagli persino sulle divise dei suonatori e sulle ore libere che il papà trascorreva in famiglia; della sua passione per le moto, le auto e la caccia. In queste pagine parte dalla sera in cui decise di fermarsi a Chieti, spinto da una voce di dentro; ripercorre mille vie e riporta le tante voci ascoltate.

Avv. Nicola Lo Re

Vito Lo Re era figlio di Nicola, famoso avvocato di Lecce trasmigrato, per motivi elettorali, a Taranto, dove fu anche sindaco. Quando nel 1906 il principe del foro, amato per la sua limpidezza e per le opere realizzate, venne a mancare, la vedova si traferì con il figlio nella lussuosa villa che possedevano a Crispiano, ai margini del centro urbano. A quell’epoca in paese non c’erano scuole pubbliche e il piccolo Vito fu mandato a Martina Franca presso la zia Maria. Lungo il tragitto tra casa e scuola c’era la bottega di un calzolaio, che, avendo da giovane praticato l’arte dei suoni, durante le pause soffiava nella tromba, catturando l’attenzione del bambino, che spesso correva a sedersi a terra davanti al deschetto, rapito dalle note che fluivano dal “padiglione”. Un giorno – racconta Nicola - l’artigiano lo stimolò a provarci; e rimase sbalordito dai virtuosismi di Vito. Informò la zia e donò lo strumento al ragazzo-prodigio, destinato a primeggiare sui palcoscenici più importanti del mondo eccellente solista di flicornino.
Quando nel ’73 l’eccellente solista di flicornino, che aveva riscosso tanti successi, si spense dopo un’ultima esibizione alla Scala di Milano, furono in molti a piangere. Un amico scrisse su un mensile, che a soli 16 anni era già un portento. “Alle scuole elementari ci andavi tenendo sotto il braccio la tromba, quasi più grande di te… e a dieci anni cominciasti con la Banda di Martina, continuando con quelle di Noci, Castellaneta, Taranto…”. Era nato per suonare. Per deliziare chi amava la musica.




SERVIZIO SPECIALE  DI FRANCO PRESICCI PREMIO  GUIDO VERGANI



Franco Presicci, giornalista professionista, è nato a Taranto. Trasferitosi a Milano nel ’62, un anno dopo eccolo al quotidiano “l’Italia” come collaboratore delle pagine dedicate agli spettacoli, diventando poi vice-critico teatrale. E’ stato capo ufficio stampa di una casa discografica, della Celip e del film “L’Immensità” con Don Backi, Caterina Caselli, Nicola Di Bari…. Ha scritto per “La Gazzetta di Mantova” e per altri quotidiani. Entrato al “Giorno” nel ‘66, vi ha lavorato fino al 1995. Cronista noto e apprezzato, è stato spesso invitato a trasmissioni televisive pubbliche e private. Per “Fuori Orario”, condotta su Raitrè da Davide Riondino, negli anni ’80 ha realizzato anche un servizio sulle bische clandestine. Cinque anni fa ha preso parte al programma “I fatti vostri” di Giancarlo Magalli su Raidue, parlando di un famoso boss della malavita. Ha incontrato personaggi famosi, da Walter Chiari a Enrico Maria Salerno; da Carlo Giuffrè a Diana Torrieri, Emma Gramatica, Elsa Merlini, “Wanda Osiris, Ernesto Calindri, Arnoldo Foà… e clow’n di rilievo internazionale, tra cui il leggendario Charlie Rivel. Ha intervistato ripetutamente anche il presidente della Repubblica Sandro Pertini in visita a Milano. Ha fatto l’inviato anche all’estero per clamorosi fatti di cronaca, come il delitto del catamarano, che nel 1988 impressionò l’Italia. Ha scritto due libri: “I cortili di Lombardia” e “Le cascine di Lombardia”. Nel’83 gli è stato assegnato (a Tito Stagno per la Tv) il premio “7 Stramilano 7- Rank XeroX” per gli articoli scritti sulla “maratona dei cinquantamila”, ricevendo un milione in monete d’argento coniate in occasione delle olimpiadi di Los Angeles; e tre anni fa il Premio Guido Vergani alla carriera.














  
Locandina di un concerto






Elezioni politiche 1892-Collegio di Castellaneta. Lo Re per Ginosa 183 voti



Un giornale elogia la banda




Lo Re ragazzo


Elenco Sindaci di Taranto-Lo Re 11° -1^ fila












Un angolo interno della villa Lo Re di Crispiano




Il filocornino di Vito Lo Re


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