LE
GUIDE DI TUTTE LE CITTA’
Benito
Di Lauro, di Spinazzola,
arrivò
al Nord nel ’47 e dopo
aver
fatto diversi mestieri creò
le
Edizioni intestate al suo nome.
Diresse
il Circolo ambrosiano
“Meneghin
e Cecca”; fu segretario
generale
del Circolo della Stampa
ed
ebbe altri incarichi prestigiosi.
Nel
2003 a Tenerife fu travolto
Franco
Presicci
Gli amici più cari gli avevano affibbiato, affettuosamente, l’etichetta di “Sveltino alka selzer”. E la definizione a tanti pareva azzeccata. Era effervescente, spumeggiante, simpaticissimo, dinamico. Benito Di Lauro, di Spinazzola, era anche acuto, spiritoso; ricco d’idee. Non faceva in tempo a metterne una in cantiere che già ne aveva pronta un’altra. Un giorno lo invitai a casa mia, venne puntuale, ma non volle mettersi seduto. “Sto meglio in piedi. Domanda che io rispondo”. Ed elargì quel sorriso che metteva l’interlocutore di buon’umore. Era stimatissimo da molti, anche da chi non lo aveva mai incontrato. Un fiume in piena, aveva il gusto della parola; e la spendeva con sapienza, senza mai annoiare. Da buon meridionale dava subito del tu, e trattava la gente con familiarità. Conosceva a menadito la città che lo ospitava. La sentiva sua, era felice di viverci. Parlava delle esperienze fatte e dei progetti che aveva in testa senza menar vanto. Quando lo avvicinai la prima volta era il giugno del 2003.
Aveva una settantina d’anni, e sembrava un giovanotto pimpante. Amava discutere di Milano, descriverne le caratteristiche, le bellezze quasi come Raffaele Bagnoli (autore di molti libri, compreso i quattro volumi de “Le strade di Milano”, da tempo esaurito e reperibile nella biblioteca della Famiglia Meneghina) o Gaetano Afeltra, anche lui venuto dal Sud: da Amalfi. Sapeva dov’erano i cortili più fioriti, le vie in cui avevano abitato i personaggi illustri (Eugenio Montale e la contessa Clara Maffei in via Bigli…). Lo affascinavano i giardini pensili, le facciate dei palazzi barocchi, i navigli, le piazze storiche, come la Belgioioso, dove echeggiano i passi di Stendhal e del Manzoni… E passava da un argomento all’altro con facilità e disinvoltura, imbrigliando l’attenzione di chi aveva di fronte. Con i suoi modi garbati e l’intelligenza conquistava le persone più importanti, come lo scrittore e regista Mario Soldati, che a sua volta conversava con piacere e si faceva ascoltare con interesse (quando lo sentii, presente tra gli altri Arnoldo Mondadori, al Circolo Turati, nel ’60, provai il desiderio che non finisse più; lo stesso quando lo intervistai nel suo studio il giorno dopo essersi aggiudicato il Premio Bagutta). Di cose da dire, Di Lauro ne aveva. Era arrivato a Milano nel ’47.

Di Lauro percorreva le strade in bicicletta, impegnato nella consegna dei plichi per la Rinaldi. Un giorno il “cumenda”, avendo notato che il ragazzo era volitivo e affidabile, lo convocò nel suo ufficio, lo inondò di elogi e gli dette la responsabilità della distribuzione. Lui non disattese le aspettative, rendendo più agile, semplice e funzionale il servizio. Poi lasciò la ditta per entrare in banca e il principale se ne rammaricò: perdeva un elemento prezioso, insostituibile. Il cavallo da corsa non poteva rimanere a lungo nella stessa scuderia. Aveva voglia di sperimentare nuovi percorsi. E incontrò un editore di carte geografiche, che gli offrì l’esclusiva delle vendite. Ancora una volta “Sveltino” conseguì ottimi risultati, ma non si cullò sugli allori. Conobbe Angelo Rizzoli e gli propose una guida di Milano.
Ma era normale che prima o poi si chiedesse se fosse giusto porre il proprio ingegno a disposizione degli altri, quando aveva la capacità di lavorare in proprio? E mise in piedi la sua baracca, che si consolidò, s’ingrandì e fece circolare su vasto raggio il suo nome. Le Edizioni Di Lauro cominciarono a stampare carte regionali, carte dei Paesi europei e del mondo, carte statistiche, guide turistiche di Milano e della Lombardia e di tutte le altre città italiane… La stima e la simpatia di cui godeva lievitarono; il suo nome divenne molto più prestigioso. Ma rimase un uomo semplice, alla mano, cordiale con tutti. In Puglia, a Spinazzola, il suo paese, erano orgogliosi di lui: oltre al papà, Carmine, che faceva il calzolaio, il migliore della zona, e la mamma, Lucia, insegnante di ricamo. Benito non l’aveva mai dimenticato, il suo paese, adagiato su una terrazza attorniato da scarpate, affacciato sulla valle del torrente Locone. I poveri di Spinazzola erano sempre nel cuore di questo pugliese dallo sguardo penetrante e dalla volontà inesauribile. Per ciascuno di loro mandava a don Carducci e ad Alba Varrese un buono per il ritiro di 12 chili di generi alimentari pagati personalmente da lui.

amico con tante iniziative filantropiche,senza il culto della personalità.
RispondiEliminaUn caro ricordo all amico Benito daAlberto
RispondiEliminaUn caro ricordo da Alberto
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