SI E’ SPENTA LA VOCE DI NICOLA
DE COMITE CHE CANTAVA TARANTO E
LE SUE BELLEZZE
Per il suo compleanno, il 30 marzo, gli
amici di “Memorie tarantine” avevano
postato su Facebook fotografie della città
com’era una volta, in segno dell’affetto e
della stima che tutti gli tributavano.
Franco Presicci
La voce di un poeta si è spenta. Per colpa del Covid, che sta flagellando il mondo. Gli appassionati non potranno più ascoltare i versi di Nicola De Comite, già operaio dell’Enel, da lui recitati con semplicità in “Memorie Tarantine” o in “Taranto com’era”, gruppi molto seguiti su facebook.
Nicola De Comite |
De Comite legge una poesia |
Altro lamento per gli anni in cui è stato trascurato: non dal poeta Diego Marturano - da tanto scomparso - che gli aveva dedicato una poesia toccante, coinvolgente: “’U relògge d’a chiàzze”. Nicola De Comite aveva sempre l’occhio vigile verso i cambiamenti “d’a nàche”, la sua culla: ai pezzi perduti o stravolti, a quelli ignorati. Rileggo o riascolto alcune sue opere nei momenti più sereni per apprezzare meglio i suoni della parlata della terra amata, che, come diceva lui, “rumànene ssèmbe indr’a le vène”. Lo sa chi dovette prendere il treno della speranza per trasferirsi altrove e non ha la possibilità di esprimersi nella parlata dell’anima. E anche al cecchino che gli ha tolto la vita “e ha messo in ginocchio i popoli del mondo intero e sta mietendo ancora vittime”, aveva riservato altri suoi versi. E’ brutale, vile, questo Covid, che non si arrende, scriveva Nicola, in vernacolo. Ricordo un’altra sua poesia per il padre, “Cicce ‘u bregatière”, uomo d’altra epoca, “tutte càse e fatje, e me decève ssèmbe a ‘sta vìte nesciune te riàle nìende”: con il sudore della fronte si acquista un piatto di minestra; e “Cicce ‘u bregatière” di camicie ne aveva sudate tante e camminava fiero, la schiena dritta e la testa alta. Faticava anche di notte, come pescatore, per portare il pane alla famiglia. Era per Nicola un esempio, un modello da imitare.
Ponte girevole |
De Comite si esprimeva con delicatezza: della sua città; dei suoi mari legati dal canale navigabile; del borgo antico (la via di mezzo, la chiesa di San Domenico, il ponte di pietra e quello di ferro; e delle figure caratteristiche, tra cui Marche Poll, l’ometto basso e magro, volto pieno di rughe profonde, che andando in giro per la città con le scarpe sfondate vendeva “‘U Panarjìdde” (“quidde piccine ca no làsse de pède a nesciùne”: sottotitolo), giornale satirico fondato nel 1902 da Vincenzo Leggeri, dialettologo e tipografo, nato ad Altamura nel 1873 e morto a Taranto nel ‘24, lasciando il periodico ai figli. Qualche notizia sulle “panarìjdde”? La fornisce lo stesso De Comite. Tantissimi anni fa erano ragazzi che vivevano praticamente per strada e per riuscire a racimolare qualche soldo e un pezzo di pane andavano per i mercati con il paniere e aiutavano gli avventori a portare il peso della spesa; e per aggiudicarsi i clienti facevano chiasso e spesso venivano alle mani, quindi erano ritenuti pericolosi.
Nicola De Comite |
In tempi successivi – aggiunge – veniva attribuito questo titolo a “tutti i ragazzi che giocavano in strada, ma questi non avevano niente a che fare con i loro predecessori”. “’U Panarjìdde aveva dunque in Marche Poll un insostituibile strillone. “Na, accattète ‘U panarìjdde; a vuè ‘a schedìne?” (che era quella del Totocalcio). Nessuno nella Bimare ha dimenticato quelle parole né la figura di Amedeo Orlolla, il vero nome del personaggio che proponeva quell’organo mille volte al giorno, dalla mattina alla sera, a volte spingendosi fino a Statte e a Crispiano, a piedi o con qualche passaggio offerto da automobilisti generosi. In una poesia De Comite descrive “’na pòste de perdùne: “scazàte sus’a nnà frèdda chiànca/ ammuskàte, pàsse lijnde nazzecàte/ vestùte cu camesòne viànche/ spàlle cu mazzètta pànna accummieccàte/ mmàne ‘u burdòne cappijdde pellegrine ‘ncape…”. E in un’altra racconta: “Mi domandano il motivo della mia passione per il dialetto, e io colgo l’occasione “pe’ cundà’ ‘nu fàtte”. Eccolo. “Eravamo per le vacanze di Natale a Piancavalle, un luogo di montagna veramente bello; ma con persone diverse da noi, che amiamo le feste, lo stare insieme in allegria, il conversare spassionatamente.
Abbàsci'a marine |
De Comite legge una poesia |
Nicola era chiaro, semplice, davanti al suo leggìo come un sacerdote che legge il Vangelo alla Messa della domenica. “La casa a Taranto vecchia, dove sono nato, è affacciata sulla marina e sono tanti anni che l’ho lasciata, ma il bene che le porto non si esaurisce. Passando ogni tanto da quelle parti guardo con nostalgia quella finestra e mi ricordo quando la mattina con il naso attaccato ai vetri guardavo il sole che accarezzando il mare spandeva luce d’oro e d’argento, regalando a Mar Piccolo un incanto…” (in dialetto suona meglio). Un grande atto d’amore per il borgo antico, i suoi abitanti, “le pescatùre”; “chidde ca vònne mmìjenz’a mmàre cu le le lambàre” soprattutto. E mi viene in mente un poeta di altri tempi, Alfredo Nunziato Majorano (“L’èrva salvàgge e ddò pummedòre appìse hònne cangellàte sècule de stòrie”), dialettologo, demopsicologo, amico di Gerhard Rohlfs, noto anche per la sua Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti; autore di teatro in vernacolo (“A Sànda Mòneche”, “’U fìgghie d’a Madònne”, “A trucculesciàte de fratèlle Spiridione”, “’A Stutàte”, che andò in scena la prima volta sul palcoscenico del Dopolavoro Ferroviario, ottenendo una bella recensione dell’autorevole critico Antonio Rizzo, direttore de “La Voce del Popolo” e in quei giorni incerto se accettare l’invito di critico teatrale fattogli dal “Giornale d’Italia”. Nicola De Comite era molto stimato a Taranto.
'Nu strìttele |
I suoi lbri |
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