E’ bello
sostare in una stazione ferroviaria per aspettare un amico o un
parente, mentre la voce all’alto parlante annuncia il traffico.
Vedere partire o apparire lentamente una motrice con il muso da
levriero dà una sensazione piacevole. Soprattutto se la voce
nascosta chissà dove non annuncia un ritardo. E’ piacevole, almeno
per me, vedere tutta quella gente in attesa, chi con il volto
corrucciato perché ha sentito che in convoglio non è in orario; chi
sorride perché il suo treno ha già superato il penultimo scalo.
Oggi le stazioni, soprattutto quello della Centrale di Milano, sfida
l’ansia e la noia con tutti quei negozi, compresa una ben dotata
libreria e un tabaccaio con la vetrina colma di “souvenir”.
Alla stazione
Cadorna sia l’anno scorso che quest’anno hanno allestito un
presepe di tre metri per uno e 50, con tante statuine alte 40
centimetri del ‘700. Un’architettura storica, con ambientazione
dell’epoca e un’illuminazione che mette in risalto le pieghe dei
vestiti preziosi. Fronte e retro impreziositi da immagini
settecentesche e ottocentesche.
Una meraviglia creata da Manola
Artuso e Giuseppe Gianluca Seregni, de “La Stele” di viale
Certosa a Milano, noti e apprezzati ovunque per la loro bravura e
l’originalità delle loro opere. Un trionfo di luci e di colori.
L’osservatore si ferma ad ammirare il manufatto e quasi si ente
parte della struttura: s’immedesima in un Re Magio dagli abiti
sfavillanti o nel suonatore con cappello e mantello di pelliccia che
soffia nel suo strumento accanto a un albero o a una pastorella
vicino ad un cammello inginocchiato. Quanta bellezza e
che fascino in questo presepe. Bella la giovinetta con il capo
incorniciato da una sciarpa rosa, che ha sotto un braccio un cesto
con frutta da offrire al Bambinello. C’è un l’angelo in
preghiera in un ricco abito giallo; e c’è un uccello stupito sul
bordo di un laghetto costellato di foglie cadute da una pianta.
Abbondano i particolari. Un presepe così suggestivo evoca quelli che
si facevano alla corte di Carlo III a Napoli, per il quale era la
moglie del sovrano ad occuparsi dell’abbigliamento. Dire bravi a
Manola e Gianluca è poca cosa. Meritano molto, molto di più. Il
presepe è la loro arte e lo fabbricano con devozione e passione.
Plasmano le figure, legate alla tradizione milanese e creano
l’ambiente.
Rami e rametti grondanti di neve circondano la grotta
della natività. Niente è scontato, in questo presepe, come negli
altri, migliaia di altri, di questi due artisti eccellenti, che nella
loro bottega di viale Certosa trascorrono le giornate a sagomare
Madonne e figure del presepe. “Mi meraviglio che io non abbia mai
saputo di questo laboratorio, che deve essere un luogo da favola. Amo
il presepe, da sempre; lo faccio in casa mia, ma questo è un'altra
cosa, mi esalta, mi trasmette gioia, mi ristora lo spirito. Andrò a
trovarli”, mi dice un signore anziano con il colbacco e un bastone
con il pomo a testa di upupa.
Una signora bassa, sottile, i capelli
argentati, il naso un po’ adunco, sembra rapita da questo
capolavoro, che comprende anche una ricostruzione del Duomo con la
piazza cosparsa di paglia con tante statuine, fra cui una venditrice
ambulante di panettoni e altri dolci. Svirgola lo sguardo verso una
figura che rappresenta un uomo con una brocca in spalla (forse piena
di vino) e vi si sofferma. “Che ve ne
pare?”, esclama il cronista curioso di conoscere il parere dei
visitatori. La stessa signora risponde senza distrarsi. “Stupendo.
Semplicemente stupendo. Vorrei trovare una parola che dicesse di più.
Tutte queste luci, questi abiti meravigliosi… Quella venditrice mi
fa venire in mente un libro in cui si dice che in un tempo molto
lontano in piazza Duomo c’era anche il venditore di polenta e che
ci vollero più ordinanze dell’autorità per farlo sloggiare. Ma
questo non c’entra niente con la singolarità di questo presepe..”.
E aggiunge: “Te piace ‘u presebbio?”, la domanda frequente che
Lucariello rivolge al figlio nella comedia di De Filippo “Natale in
casa Cupiello)”.
Al giovanotto il presepe non piaceva. E
continuava ad affermarlo, cocciuto e provocatore. Mi chiedo che cosa
avrebbe risposto di fronte a questa grandissima espressione
artistica. A me il presepe piace, ma questo che abbiamo di fronte è…
una cosa grande, come canterebbe Domenico Modugno”. La gente si
assiepa. Non tutti devono prendere o aspettano un treno, magari per
Canzo o per Como. Molti sono venuti apposta per vedere il presepe di
cui tutti parlano. Anche un vecchietto un po’ ricurvo, imbiancato,
che mi mostra un piccolo manifesto con la scritta: “Il presepe che
viene rappresentato nasce primariamente dall’opera di tutela,
valorizzazione storica dell’iconografia nella tipicità della
scuola milanese, della statuaria sacra e del presepe nel corso dei
secoli.
La bottega La Stele a Milano affianca un’opera di
conservazione e tutela e restauro di tale tipicità. Le figure
nascono in periodi differenti dei secoli scorsi da fine Settecento
giunti fino a oggi, poeticamente collocati in una Milano
limitatamente innevata. Sono la memoria storica, artistica,
devozionale di numerose generazioni che tutt’ora manteniamo vive.
La scena si sviluppano armonicamente fra il Settecento, Ottocento
Novecento milanese.
Viene rappresentata sia dalla tipologia delle
statue stesse sia dai fondali che si susseguono come quinte teatrali,
raffigurando angoli della vecchia Milano”: vicolo dei Lavandai, che
scivola dall’alzaia Naviglio Grande, le case di ringhiera, i
cortili, i tetti a capannone, i comignoli, i ponti, le chiese, le
chiatte, “el barchett de Boffalora”, “el gand e legn”… “Sì
– interviene uno smilzo dall’aspetto professorale – con
l’immigrazione nel nostro presepe arrivarono due figure tipicamente
napoletane: il pizzaiolo, per esempio”. Saranno arrivate dopo il
1929, quando la pizza entrò in città al ristorante Santa Rita, a
due passi da piazza San Fedele, dove aveva sede la questura. Infatti i
primi appassionati furono i poliziotti meridionali. I milanesi
impiegarono un po’ di tempo prima di avvicinarsi a quel “disco,
scoprendo che era una delizia per il palato. L’amalfitano
Gaetano Afeltra, mito del nostro giornalismo, che dalla plancia del
“Corriere d’Informazione” passò a quella del “Giorno”, in
uno dei suoi libri, “Milano, amore mio”, in cui dedicava anche
pagine sulla pizza nel capoluogo lombardo, di fronte a questo presepe
sarebbe rimasto incantato. E la mia amica Dely Gatti, martinese a
Merate, avrebbe certamente voluto una di quelle statuine di Manola e
Gianluca per la sua numerosa collezione, dal momento che quando le ha
viste su Facebook, postate da me, mi ha subito contattato. C’è anche
poesia nel presepe di Manola e Gianluca. Sono maestri anche della
luce, oltre che dell’ambientazione. I presepi li fanno con il
cuore; le “sentono”, le loro opere, le vivono. Le loro figure
sono espressive, autentiche negli atteggiamenti, sembrano avere vita.
Mi piacerebbe sapere quante case milanesi abbiano lavandaie,
guardastelle, ambulanti, Re Magi, pastori, greggi usciti dalla
bottega “La Stele”. “Più di quante tu non riesca ad
immaginare”, mi dice Gianluca, che del presepe sa tutto, la storia,
i luoghi in cui è più diffuso, gli artigiani esperti del settore
negli anni andati… Tu sicuramente quando sei arrivato a Milano
pensavi che qui a Natale si facesse soltanto l’albero. Invece la
festa si celebrava anche con il presepe, qualcuno dotato persino di
‘carillon’”. Beh, un modesto presepe con quello strumento lo
posseggo anch’io. E posso dire che quando gli dò la corda, il
suono mi fa sognare. Il presepe è anche sogno, magia. A proposito,
lo scenario esposto alla stazione Cadorna resterà fino al 6 gennaio,
per la gioia di grandi e piccini. E’ Natale, la festa più bella
dell’anno. Il 2020 e i nostri giorni ci preoccupano per la
pandemia, perle vite che si spengono, una preghiera per quel Bambino
che emette i suoi vagiti nella grotta ci potrebbe aiutare.
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