TRA
I MESTIERI DA VALORIZZARE
ANCHE
QUELLO DEL VIGNAIOLO
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Franco Cologni con Giscard D'Estaing |
Le
iniziative della creazione dell’ex
Presidente
di Cartier sono
numerose e
continue, comprese
quella della pubblicazione
di
prestigiosi volumi, tra cui
uno sul
tipografo.
Franco
Presicci
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Alberto Curti |
Conobbi Franco Cologni nella
redazione dello storico quotidiano “L’Italia”, in piazza Duca
D’Aosta, a pochi passi dalla stazione Centrale. Lo vedevo quasi
tutte le sere seduto alla scrivania di fianco a quella di Graziano
Motta, a curare la pagina letteraria. Era taciturno, coltissimo,
alto, gentile, serio, disponibile. Avevo scritto un articolo sulle
pubbliche relazioni e glielo sottoposi per la pubblicazione. Lui lo
lesse e lo mise in pagina. All’epoca ero segretario organizzativo
del centro di Milano dell’Airp (Associazione italiana per le
pubbliche relazioni), che aveva numerosi soci, tra aziende e singoli,
che si occupavano appunto di questa nuova attività. Un po’ di
tempo prima era uscita un’intera pagina sull”Espresso” formato
lenzuolo, in cui l’autore dava tutte le informazioni necessarie
sull’argomento: sul ruolo e come doveva essere svolto, anche perché
qualche frequentatore della nuova attività ne aveva una visione
tutta sua. A Cologni il mio articolo piacque e un paio di giorni dopo
lo vidi pubblicato. E fu per me una vera soddisfazione anche perché
tanti studenti universitari o laureati cominciarono a venire in
ufficio per sapere tutto quello che c’era da sapere sulla materia,
comprese le possibilità di occupazione. Erano
i primi anni Sessanta. Fondai anche un club di p.r. e feci un elenco
di complessi da visitare, per allargare il nostro orizzonte
osservando che cosa facevano gli addetti, per esempio all’Olivetti
e all’Italsider di Genova.
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Cologni Mercandelli |
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Via Solferino |
Tornando
a Franco Cologni, dopo essere stato capo ufficio stampa, credo,
dell’Associazione produttori di fiammiferi, fu il primo a fondare
per Cartier una filiale italiana nel mondo. Dopo qualche anno la
multinazionale nota ovunque per i suoi gioielli e altri oggetti di
grandissimo pregio, incorporò la Tobako International, creata dallo
stesso Cologni, dando vita alla prima e importante azienda multimarca
nel settore del lusso, con “boutiques” nelle vie più nobili
delle città più importanti. Era il periodo ’69-’73, e già
tutti intuirono che quel ragazzo laureato in Lettere e Filosofia con
110 e lode alla Cattolica, aveva fatto il servizio militare negli
Alpini, autore di articoli, saggi, libri specializzati su teatro,
cinema, televisione e comunicazione sarebbe arrivato molto in alto.
Infatti nell’80 venne nominato direttore generale di Cartier
International, a Parigi, sei anni dopo vicepresidente, nel 2002
presidente. Le sue doti manageriali di altissimo livello venivano
seguite con molto interesse e Valery Giscard D’Estaing, nelle
Palazzo delle Stelline, gli conferì il titolo di ufficiale della
Legion d’Onore: il massimo dei riconoscimenti. Poi ne arrivarono
altri: nel ’90 Francois Mitterrand lo nominò “Chevalier de
l’ordre national du meritè”; nel ’99 il ministro della Cultura
francese, Catherine Trautmann, “Chevalier de l’orde de l’arte e
de lettre; nel 2002 Carlo Azeglio Ciampi: Cavaliere del lavoro. Una
carriera costellata di onori e di gloria. Quanta strada luminosa
fatta da quel giovane aitante seduto di fianco a Graziano Motta,
responsabile degli Spettacoli del quotidiano “L’Italia”, che
aveva come direttore monsignor Chiavazza e vice l’esimio professor
Lugaro.
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Giorgio Gregato |
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La bottega di Gregato |
Nel
’95. Franco Cologni, personaggio famoso in tutto il mondo, crea
a Milano la Fondazione Mestieri d’arte e ne diventa presidente. A
darmi la notizia, una sera a cena a casa mia, fu il prefetto
Francesco Colucci. Mi feci dare il numero di telefono e lo chiamai,
ricevendo un invito nel suo ufficio per il giorno dopo alle 15 al
terzo piano di via Statuto 10, dove mi presentai puntuale come un
orologio Cartier e venni accolto dal sorriso coinvolgente di un
padrone di casa che mi trattò come un amico di sempre. Ricordammo i
tempi di piazza Duca d’Aosta, gli dissi che lo avevo sempre seguito
sui giornali, accennai all’intervista che gli avevo fatto in
occasione di un rilevante furto di orologi Cartier, a Milano; e poi
venimmo al motivo che mi aveva portato ad incontrarlo: un grand’uomo,
con i baffi bianchi folti, mi esortò a fargli tutte le domande che
avevo in mente.
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Corso Venezia
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Ma poi cominciò a parlare senza aspettarle. “I
mestieri d’arte sono quelli fatti da un maestro che utilizza
l’intelligenza, la creatività della mani, realizzando oggetti che
s’imparentano con l’arte”. Sono mestieri che devono essere
rivalutati. Per rivalutarli bisogna partire dall’informazione:
farli conoscere nella loro storia e nella loro realtà; conoscendoli,
si apprezzano; per poterli apprezzare occorrono cultura, buongusto,
curiosità, ricerca e tempo da spendere. A questo tende la
Fondazione, che ha promosso tante iniziative, tra cui un convegno
internazionale sull’”Intelligenza della mano”, svoltosi sotto
la presidenza di Giscard d’Estaing all’Università del Sacro
Cuore; una mostra storico-didattica su “Monete, orologi e grande
cucina”, alla Triennale, con partner autorevoli, fra cui l’Istituto
Poligrafico e Zecca di Stato; una tavola rotonda ancora alla
Cattolica, alla quale hanno preso parte personalità provenienti da
tutto il mondo.
“
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La vigna |
Inoltre
la Fondazione sostiene la ricerca con la creazione e il finanziamento
del ‘Centro di ricerca arti e mestieri’ dal ’98, presso
l’ateneo di Largo Gemelli; centro che collabora con la Fondazione
per l’istituzione di una biblioteca specializzata nelle arti e mei
mestieri, in particolare dall’inizio del ‘900 ad oggi, con
pubblicazioni scientifiche’’; alimenta rapporti di collaborazione
con organismi italiani e stranieri che hanno lo stesso obiettivo:
quello di promuovere, sostenere, incoraggiare imprese scientifiche e
culturali con programmi di informazione e formazione a favore di
queste attività, ”le cui opere sono fatte con materiali duri e
durabili, per esempio, un gioiello, un orologio, una moneta, un
mobile; e con materiali ‘soft’, cioè consumabili, per esempio il
vino, un’acconciatura, un vestito, ‘consumabili’, ma con
valenza artistica”. Purtroppo alcuni mestieri d’arte sono
scomparsi, tra questi gli spadari, che come gli armorari hanno in
città il nome su una targa stradale proprio dove tennero bottega
(tra piazza Duomo e via Torino, mentre i fabbri in via Cesare
Correnti, dove sopravvivono i resti di una famosa pusterla a loro
intitolata. Ma non sono scomparsi del tutto: si rinnovano producendo
altri oggetti. Non ci sono più quelli che facevano le spade, ma
resistono altri altrettanto abili e noti. La
Fondazione Cologni, organismo no profit, ha anche partecipato alla
realizzazione dell’edizione 2005 di “Artigianato a Palazzo”, a
Firenze, “storica esposizione dedicata agli artigiani italiani di
eccellenza e ai segreti dei loro mestieri.

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Ristorante Rigolo
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Il giorno del nostro
incontro Cologni si alzò, andò verso un armadio, prese dei libri
dalla veste molto elegante e dal contenuto specialistico, pubblicati
dalla Fondazione: sugli orafi, sui tipografi e uno anche sul
vignaiolo. Già il vignaiolo. Avevano preso un terreno, se non
ricordo male, dalle parti di Voghera, dove un’esperta si occupava
della vigna che produceva un vino pregiato, “Cortinovis”. Cologni
mi annunciò una serata in onore proprio di quel vino e mi invitò ad
essere presente. La manifestazione si svolse a Palazzo Bovara, con
personalità di prestigio, tra cui magistrati, questori, prefetti,
industriali famosi... Era, credo, il novembre del 2006. Fui
felice di rivedere Franco Cologni e rivissi i tempi del quotidiano
“L’Italia”, il primo in cui scrissi appena arrivato a Milano
articoli sui circhi, che venivano spesso in città, alle Varesine
(gli Orfei, i Togni, e non soltanto questi), sulle anteprime
teatrali, sul Festival del Clown dedicato a Grok a Campione d’Italia,
su quello dei giocolieri a Bergamo, e facevo la cronaca di rassegne
canore (a Cividale del Friuli, a Genova), recensii la mostra del
Teatro sovietico a Palazzo Reale a Milano, quella di Giuseppe Gorni,
nello stesso edificio. In tutte queste ed altre occasioni incontrai
nomi famosi dello spettacolo e del giornalismo, come Davide Lajolo,
che era stato direttore de “L’Unità”, Arnoldo Foa, alla
Terrazza Martini, Dario Fo, Franca Rame, Mina, Claudio Villa, a San
Miniato Rossella Falck, Gian Maria Volontè, il regista Ferrero,
l’attore Jannuzzi. Ci ero andato per lo spettacolo teatrale
“Riunione di Famiglia” di Eliot, organizzato dall’Istituto del
Dramma Popolare. Grandioso
fu l’evento dei Beatles, che andai ad aspettare alla stazione, li
intervistai con altri il giorno dopo all’Hotel Duomo e assistetti
al loro spettacolo al Vigorelli. Andai poi in redazione a scrivere il
pezzo, attesi l’uscita del giornale e rientrai a casa alle 5 del
mattino in sella alla mia “Graziella”. Non
vedo e non sento Franco Cologni da tanto tempo. Le strade non
s’incrociano sempre. Via Statuto è vicina al “Corriere della
Sera”, al ristorante Rigolo (dove fui spesso ospite del baritono
Giuseppe Zecchillo, una volta con la moglie del tenore Giuseppe Di
Stefano), ma lontana da casa mia. E sono invecchiato e acciaccato. Se
non lo sento, lo seguo anche attraverso le “newsletter” che la
sua Fondazione mi manda. Una
proprio in questi giorni, che comunica che sono ancora aperte le
iscrizioni per partecipare all’edizione del Premio “La Grande
Bellezza by Starhotels”, che quest’anno ha come tema “La
bellezza della natura”. I partecipanti sono invitati a presentare
opere sul tema della natura che s’inserisce negli ambienti
domestici e dell’ospitalità come elemento fondamentale dell’arredo
e del vivere quotidiano. Possono partecipare artigiani-designer
operanti sul territorio nazionale, le cui opere siano totalmente o
parzialmente realizzate a mano. Al Vincitore verrò corrisposta una
somma in denaro di 10 mila euro. La lettera aggiunge che stanno per
prendere il via i tirocini del progetto “Una scuola, un lavoro.
Percorsi d’eccellenza”, il programma promosso e finanziato dalla
Fondazioni Cologni e realizzato grazie ai main partner del progetto
Fondazione Cariplo e Costa Crociere Foundation”.
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