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Peppino Montanaro |
ARRIVANO I TURISTI, ATTRATTI
DAL PAESAGGIO INCANTEVOLE
E anche i melomani per il Festival
che inizierà il 19 luglio. Il ricordo di
tante persone che ho frequentato
In anni e anni di soggiorni nella Valle
d’Itria. Molti di loro sono scomparsi
e altri sono ancora con noi, brillanti
come giovanotti
Franco Presicci
Aria di Festival, a Martina Franca. Aria di musica. Il belcanto andrà in scena il 19 luglio (lo abbiamo già scritto), atteso con ansia da moltissimi melomani. Sin dalla prima edizione la rassegna, conosciuta in ogni parte del mondo, ha calamitato la loro attenzione e il loro entusiasmo. Il mio amico Geseppe, che di mestiere faceva il contadino, potava gli alberi canticchiando il “Rigoletto”. Lui non c’è più da vent’anni; il suo campo, che sfiora la via, l’hanno venduto, ma io quando ci passo mi fermo a guardare quei trulli con nostalgia; e mi par di vedere la sua figura sotto il pergolato che protegge dal sole il piccolo piazzale.
Peppino Cito |
Sono tanti gli amici che hanno lasciato l’adorata Martina, non per emigrare, ma per raggiungere quel luogo, dal quale non si torna più indietro: Pierino Pavone, che confezionava cappotti e li vendeva a Cutrofiano, in provincia di Lecce; Peppino Cito, che sagomava l’argilla con l’abilità e la passione di un figulo provetto; Giovanni Chisena, che faceva l’avvocato e scriveva di sport su “La Gazzetta del Mezzogiorno” con lo pseudonimo Anchise; Franchino Lodeserto, che portava sempre il “papillon” sull’abito scuro; Franco, il maresciallo, che quando giocava a carte da Cito nel laboratorio che Peppino aveva nel Ringo, non stava mai zitto; Peppino Montanaro, uomo colto, cortese, apparentemente burbero, pronto ad accompagnare qualche turista in visita a Palazzo Ducale, lettore fisso del “Corriere della Sera” e delle storie di Gaetano Afeltra sulla natia Amalfi, funzionario al Comune vicino al sindaco Alberico Motolese. Una sera acquistò un trullo e me lo consegnò pregandomi di portarlo a don Gaetano, che, lasciata la direzione del “Giorno”, si era acquartierato con migliaia di libri al piano superiore della redazione, in piazza Cavour; Cenzino Ancona, già costruttore edile che vantava le arance (quasi un chilo ciascuna) che pendevano su centinaia di alberi nel suo fondo a Castellaneta.
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Martino Solito |
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Nico Blasi al Rotary di Merate |
Martina ha sempre esercitato su di me un fascino irresistibile, e mi capitava di parlarne con le persone che frequentavo: per esempio Pasquale D’Arcangelo, capo ufficio stampa, allora, del festival, con ufficio prima a Palazzo Ducale e poi di fronte; Franco Punzi, uomo squisito, da 43 anni presidente del “Valle d’Itria” e oggi anche della Fondazione Paolo Grassi; Nico Blasi, socio onorario del Rotary Club di Merate e direttore di “Umanesimo della Pietra”, che visitavo spesso quando le gambe mi permettevano di affrontare le scale. Ricordo una serata pugliese, dominata da lui, con una camionata di prelibatezze martinesi arrivate a Merate con i più noti personaggi di casa nostra, dal dottor Centrone a Fragnelli, che confezionò le mozzarelle pronte per andare in tavola.
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Franco Punzi |
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Guido Le Noci in moto |
Mi piaceva sentirlo parlare con pacatezza dei tempi in cui era sindaco Alberico Motolese, ricordandomi che era stato proprio lui a mandarmi il volume “Martina Franca” di Cesare Brandi, edito dalla Galleria “Apollinaire” di Guido Le Noci, che io recensii con entusiasmo. Avevo conosciuto a Milano Guido Le Noci negli anni Sessanta, e mi presentò Dino Buzzati, lo scultore Paradiso e Pierre Restany. E un giorno, avendomi preso in simpatia, mi promise di portarmi a casa di Raffaele Carrieri, poeta e critico d’arte tarantino, che scriveva su “Epoca” e sul “quotidiano di via Solferino A una festa di carnevale alla Società Artigiana, Franchino Lodeserto mi invitò con molto garbo. E io accettai con piacere, precisando che ceno alle 20 e loro alle 23, quindi non potevo mangiare due volte. Mi rassicurò, ma mentre si ballava sotto una pioggia di coriandoli, distribuirono dei sacchettini con salsicce, birra e non ricordo più che altro, proprio all’ora da me temuta. Anche a casa sua o in campagna le cene erano pantagrueliche. Era il suo modo di onorare gli ospiti. Avevo già incontrato Clementino Messia, fotografo con negozio vicino alla Collegiata di San Martino.
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I fuochi di Locorotondo |
Simpatico, un sorriso spontaneo, cordiale, ironico; amante dei fuochi di artificio, che va a vedere dove sa che sono spettacolari: a Locorotondo alla festa di San Rocco, per esempio, ma anche molto più lontano. Da lui comperavo le vedute di Martina di una volta, da lui ereditate dal padre. Le tiene in bella mostra in vetrina. Se le gode mentre osserva il passeggio, che in quel punto è affollato. Suo cugino Benvenuto è nato correndo. Ancora oggi, imbiancato come Martina sotto la neve, sfreccia in sella alla sua bici, fermandosi nei punti più attraenti, per catturare immagini di “nghiostre”, vicoli, balconi fioriti, altane inghirlandate... Ha pubblicato anche un libro con pagine bellissime e luminose: chiostri, forni a legna, vedovelle, processioni pasquali, Martina innevata, ringhiere barocche, Palazzo Ducale (edificato da Petracone V Carraciolo nel 1668), con il sontuoso cortile che ospiterà alcuni momenti del Festival della Valle d’Itria...
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Benvenuto Messia e Lino Banfi |
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