IL
LIBRO DI ANTONIO DI BELLA
UN
RACCONTO MINUZIOSO
“Gli
Stati Uniti” è stato presentato
giorni
fa nella sede dell’Associazione
Marinai
d’Italia in via Gorizia a un
pubblico
attento e numeroso. Alcuni
sono
venuti da fuori, come il titolare
del
famoso ristorante “Le tre Marie”
dell’Aquila.
Franco
Presicci
Da anni conosco Antonio Di
Bella, grande e coltissimo giornalista, corrispondente della Rai da
New York. Lo incontrai la prima volta nel ’76 nel ristorante “La
Pora Rossa” di Chechele e Nennella, dove il sindaco Carlo Tognoli
consegnò al padre Franco il Premio Milano.
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Antonio Di Bella
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Pagina del libro
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Proprio quella mattina
(se non ricordo male) Antonio aveva superato brillantemente a Roma
gli orali dell’esame di Stato acquisendo il titolo di
professionista. Serio, concreto, alla mano, rispettoso, educato,
linguaggio sciolto, senza enfasi, rende sempre piacevole la sua
compagnia. Lo rividi nell’85 al Convegno mondiale sulla criminalità
organizzata allestito dall’Onu dal 25 agosto al 5 settembre e lo
ammirai anche per il modo con cui ogni giorno avvicinava le
personalità più importanti e le intervistava. In
questi giorni arriva sulla mia scrivania un suo interessantissimo
libro, “Gi Stati Uniti”, ricco di immagini icastiche sula storia
d’America. Un libro che cattura subito l’attenzione e non
l’allenta neppure per un momento. Una sorta di viaggio evocativo
in cui il lettore s’imbatte in avvenimenti che hanno impressionato
il mondo e in personaggi indimenticabili come i fratelli Jhon e
Robert Kennedy, entrambi assassinati in seguito ad un complotto, (il
primo a Dallas il 22 novembre del ’63; il secondo nel ’68 a Los
Angeles).
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Una pagina del libro
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L’America: “Terra delle opportunità, Paese della
libertà individuali, esempio della democrazia, che oggi impone la
domanda se lo sia ancora”. Antonio Di Bella ripercorre 250 anni di
storia statunitense, in cui è stato e continua ad essere coltivato
il cosiddetto mito americano, cautelando, gli aspetti più ombrosi. Il
volume ha inizio con la rivolta delle colonie e l’indipendenza,
senza tralasciare alcun particolare. A proposito della bandiera degli
Stati Uniti come sventola oggi, ricorda che è tata disegnata da uno
studente di 17 anni dell’Ohio, Robert G. Heft, nel ’58, quando
gli Stati Uniti comprendevano solo 48 Stati, ai quali, secondo il
liceale, se ne sarebbero aggiunti altri. Come spesso accade, l’Idea
dell’alunno non piacque al suo professore di disegno, ma non gli fu
impedita la via per Washington per la partecipazione ad un concorso,
dove il presidente Eisenhower lo premiò, scegliendolo fra 1500
candidati. E va detto che da adulto l’allievo contestato dal
docente imboccò la carriera politica e diventò sindaco di Napoleon,
nell’Hohio, lasciando la poltrona dopo trent’anni.
Storia
e curiosità, leggenda e altro, in oltre 190 pagine che non annoiano
mai, anzi attraggono e affascinano, appassionano, tenendo il lettore
legato alla sedia. Segue un’immagine, in cui sono ritratte quattro
donne intente a cucire il vessillo americano a stelle e strisce; e
ancora una scena del film sulla battaglia di Alamo, con Jhon Waine in
prima fila. Poteva mancare l’impegno delle donne, che anche nelle
rivoluzioni, tra cui quella francese, hanno mostrato coraggio e
tenacia? Quelle americane hanno lottato per conquistare la parità,
dalla first lady Abigall Adams, che implorava suo marito (il secondo
presidente dell’Unione) di tener presenti le donne quando immagina
un governo per le colonie americane, fino a Hillary Clinton, che è
stata la prima donna americana candidata alla presidenza.
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Il campo indiano dei Mikkosuke
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E la febbre
dell’oro in California, “innescata dalla scoperta di pepite nella
Sacramento Walley all’inizio del 1848 ed è probabilmente uno degli
elementi più significativi che hanno plasmato la storia americana
durante la prima metà del XIX secolo”. Appena la notizia del
ritrovamento si propagò ovunque, gli aspiranti alla ricchezza, a
cavallo o con le diligenze o solcando il mare corsero verso San
Francisco, mangiando polvere e affrontando pericoli, seppellendo
molti uomini per strada.
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Lenoci e Di Bella |
In
altre pagine, l’autore descrive efficacemente la guerra civile,
schiavisti contro abolizionisti, iniziata nel 1861, “dopo decenni
di tensioni fra li governo federale dell’Unione e gli Stati
secessionisti del Sud sul tema dei diritti – in particolare sullo
spinoso punto della schiavitù che il presidente Lincoln intendeva
gradualmente abolire – e termina con la resa della Confederazione
secessionista nel 1865”. In alcune piantagioni la schiavitù fu
brutale, disumana: i neri venivano frustati, la famiglia si mutilava.
I neri potevano essere venduti e subivano la proibizione di
acculturarsi e di elevarsi. La schiavitù aveva critici e difensori.
Alcuni intellettuali sostenevano che la schiavitù facesse più male
che bene al Sud; altri, che la schiavitù era una vergona sia per il
Sud sia per il Nord.
I favorevoli dicevano che la schiavitù garantiva il lavoro, era
provvidenziale per il tempo della vecchiaia. Tuttavia, venivano
colpiti i neri: “il problema era la razza”.
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Di Bella intervista il questore Lucchese |
Gli schiavi neri –
precisa l’autore - hanno svolto un ruolo importante nel gettare le
basi economiche degli Stati Uniti; specialmente nel Sud. I neri hanno
anche avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo della lingua, dei
costumi, della musica, della danza e del cibo del Sud, fondendo i
tratti culturali delle loro terre africane con quelle dei coloni
arrivati dall’Europa. Durante i XVII e il XVII gli schiavi africani
e afroamericani (quelli nati nel Nuovo Mondo) lavoravano
principalmente nelle piantagioni di tabacco, riso e indaco della
costa meridionale. Ma non è solo il Sud a sfruttarli. Anche gli
uomini d’affari del Nord costruiscono grandi fortune investendo
nelle piantagioni del Sud, sula pelle di persone ridotte in
schiavitù”. Il testo anche qui è accompagnato da una foto di
raccoglitori di arachidi in Virginia all’alba degli anni Novanta
dell’800. Un
capitolo è riservato al Ku Klux Klan, la “gang” sorta nell’800
spietata nel terrorizzare i neri, bastonandoli, uccidendoli,
incendiando le loro case, martirizzandoli. Fu un lascito della guerra
civile, “fondato da ex veterani confederati come club politico e
sociale nel Tennesse.
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Ammiratori la sera della presentazione del libro |
Simbolo dell’accanimento e della crudeltà
degli aderenti nell’usare violenza contro i neri, una croce che
arde. Concluso
questo capitolo, si apre quello dell’immigrazione. “Ellis Island
– scrive Di Bella – è un’isola nella Upper New York Bay, dove
un tempo si trovava il centro di accoglienza per l’immigrazione
negli Stati Uniti. Spesso indicata come la Porta del Nuovo Mondo,
l’isola prende il nome dal mercante di Manhattam, che la possedeva
negli anni ’70 del Settecento. Dal 1892 al 1924 è la principale
stazione d’immigrazione della Nazione. Ne sono passati di disperati
da quel luogo. Si stima che dal 1860 al 1973 abbiano abbandonato
l’Italia circa 24 milioni di persone, un terzo delle quali abbiano
oltrepassato il confine per fermarsi in Europa o andare più lontano,
in America, che era un mito e per alcuni un miraggio, Il flusso, non
così massiccio, era cominciato tanto tempo prima.
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Alido Venturi, titolare del ristorante Le tre Marie a L'Aquila |
Questo
libro di Antonio Di Bella è tutto da leggere e anche da vedere, e si
legge come un lungo racconto che parla degli indiani, di Rockefeller,
il primo capitalista, dell’era dell’acciaio, dell’industria
automobilistica, dalla produzione all’alienazione; del
proibizionismo e la criminalità organizzata (scolpita la figura di
Al Capone, autore di crimini orrendi, il più famoso dei quali il
massacro di San Valentino nel 1929, anno della grande depressione).
Seguono altri capitoli importanti: la rinascita dell’economia
americana; la Coca Cola che conquista gli americani; l’attacco di
Pearl Harbor; storie di boxe e di rivalsa; il New Deal, nuovo coso,
l’insieme delle riforme escogitate da Roosevelt per la ripresa
economica; Elvis, il ciclone musicale; i missili sovietici installati
a Cuba, a 150 chilometri dalla Florida, da Krusciov e la fermezza del
presidente Jhon Kennedy… Insomma un libro che non si può lasciare
sugli scaffali delle librerie. Il nome dell’aurore è una garanzia:
Antonio Di Bella, che tra l’altro è stato direttore del TG3, di
Rai 3 e Rai News 24, corrispondente Rai per tre volte, tra il 1990 e
il 2021, l’anno in cui ha seguito personalmente l’assalto al
Campidoglio da parte dei seguaci di Trump intenzionati ad annullare
l’elezione di Biden. Di
Bella ha scritto altri libri, tra cui “L’assedio”,
“Washington”, “Cronaca del giorno che ha cambiato la storia”,
“Je suis Parìs”, “Se Parigi potesse parlare”. ”il volume
“Gli Stati Uniti” è stato presentato qualche settimana fa nella
sede dell’Associazione Marinai d’Italia in via Gorizia, a Milano,
con larga partecipazione di pubblico. Alcuni sono arrivati da fuori:
Alido Venturi, titolare del ristorante “Le tre Marie”, è venuto
dall’Aquila. Un libro interessantissimo, indispensabile, una sorta
di radiografia dell’America.
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