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mercoledì 1 novembre 2017

Grazie alle ricerche del nipote Martino


 
LA STORIA DELL’AVVOCATO LO RE

EMERGE SOLENNE DAGLI ARCHIVI



In una raccolta di giornali, documenti,
libri e altro, le attività politica e forense
e le qualità umane della nota personalità,
che fu molto amata e apprezzata, risalta
nella sua grandezza. Difese un manipolo
di briganti della banda di Pizzichicchio e
li fece assolvere quasi tutti. La sua oratoria
era elegante e convincente. Facevano a
gara per avere il suo patrocinio.








Franco Presicci


Su un tavolo, nella sua bella casa di via Daverio, tra il Palazzo di Giustizia e il vecchio ingresso dell’Umanitaria, a Milano, sono sistemate tante di quelle carte, che non si capisce come faccia a trovare subito il documento con la notizia che al momento t’interessa. Lui la risposta te la può dare subito, perché la sua memoria non fa mai cilecca, ma gli piace mostrarti la fonte.

Martino Lo Re
Martino Lo Re, figlio del principe del flicornino in mi bemolle, Vito, e nipote dell’avvocato e onorevole Nicola, a suo tempo famoso e apprezzato oratore e uomo politico, ha le qualità dell’investigatore attento, scrupoloso, insaziabile. Ha trascorso anni a setacciare archivi e non solo, per catturare tasselli sulla vita del nonno. E se qualche ufficio non gli ha risposto, lui non si è scoraggiato e ha pescato altrove. Se gli chiedi una copia dell’atto che sta illustrando, si alza immediatamente, va in un’altra stanza e avverti il respiro asmatico della stampante. “Questo è il mio impegno da quando sono in pensione”, confida, incalzato dalla curiosità dell’interlocutore. E’ cortese, pacato, disponibile, Martino. Alto, elegante, baffetti bianchi, appassionato di musica, come il resto della famiglia, e ammiratore dei nipoti: uno, Vito (nelle sale cinematografiche si sta proiettando il film ”La ragazza nella nebbia”, di cui ha scritto le musiche) è maestro d’orchestra; l’altro, Stefano, suona il violino alla Scala. Martino ha letto l’articolo su Vito, pubblicato da “Minerva News”, e aggiunge un dettaglio: “Mio padre e Mascagni si frequentarono. Una sera il compositore, al Teatro Ariston di Sanremo, dove era direttore artistico, dopo averlo ascoltato, lo invitò nel palco; e, facendogli i complimenti, gli regalò il portasigarette d’argento personale”. E aggiunge che per capire l’altezza della bravura di Vito bisogna tener presente che all’epoca non erano stati ancora inventati i mezzi tecnici di oggi.
 
Grazia Santoro
Lo dice mentre sventaglia sul tavolo una decina di foto: la prima, quella della bellissima Grazia Santoro, di origini martinesi, seconda moglie dell’onorevole (vissuta a lungo a Crispiano), che gli dette due figli, Vito e Francesca (dalla prima, la nobile Grazia Cacace, che lo aveva lasciato vedovo, non ne erano venuti). Nicola Lo Re nacque a Bari, forse città della madre, il 23 giugno del 1837, anno in cui Carlo Alberto approvò il nuovo codice civile, entrato poi in vigore in tutto il regno di Sardegna dal primo gennaio del 1838. Figlio di un magistrato “liberaleggiante” del regime borbonico, si trasferì a Taranto, dove, nel 1867 si sposò, abitando in un appartamento di 11 stanze in una traversa di via D’Aquino; poi in un altro, culla di Vito, di fronte al ponte girevole, vicino a quello del conte D’Ayala Valva. Aveva già avviato una brillante carriera di avvocato penalista. A 27 anni era un principe del foro. L’avvocato    Lo Re Intraprese la vita politica nel 1869.    A 32 anni era consigliere comunale a Taranto; l’anno dopo, assessore. Nel 1872 entrò nel Consiglio provinciale. Il 14 novembre 1889 venne nominato sindaco, ma rinunciò alla carica, agevolando Luigi Viola. “Fu per molti anni – sempre parole di Martino – ‘leader’ di un partito influente in tutto il collegio elettorale a cui la Bimare apparteneva; e come tale si candidò ripetutamente fin dal 1874 alla Camera dei Deputati. La prima volta fu eletto nel 1886 assieme a Pietro D’Ayala Valva e a Paolo Grassi, ma l’elezione fu annullata. Venne rieletto in due legislature successive, la diciottesima e la diciannovesima. “La sua parte politica era quella ‘progressista’, nell’accezione dell’epoca. A livello nazionale s’imparentò con i sostenitori dei governi Depretis e Giolitti, scelta fatta anche dal fratello Francesco, che per quasi un quindicennio, fino alla morte, sarà deputato nel collegio elettorale di Lecce”. Martino s’interrompe, volge lo sguardo verso il balcone che si affaccia su un parco ben pettinato e riprende: “L’aspra lotta politica per alcuni decenni si svolge all’interno di una classe egemone molto ristretta, spesso legata da un intreccio di legami di parentela, ma con forti contrasti ed accesissima competizione, tanto più che si tratta degli anni in cui Taranto passa dalla condizione di periferica cittadina, ancora chiusa all’interno delle mura medievali, a quella di centro di interesse nazionale, prima con l’avvento dell’arsenale e poi come sede principale della flotta militare”. A dimostrazione del clima politico arroventato, contro l’onorevole Lo Re fu scagliata un’accusa falsa, che lui, patrocinandosi da sè, smontò pezzo per pezzo. Raccolse poi l’autodifesa in una pubblicazione, che spedì a Depretis, presidente del Consiglio.La mietitura fatta da Martino è davvero abbondante: giornali, riviste, libri, documenti.



Ecco “L’Illustrazione italiana” del 26 novembre del 1893: “Campione acclamato del foro meridionale è l’onorevole Nicola    Lo Re. Nel ’64, centodue buone lane di Grottaglie dovevano essere giudicate davanti a un circolo straordinario di Assiste di Taranto, imputate di strage mancata, ribellione, omicidi, furti, grassazioni…”: molti di loro erano esponenti della banda guidata dal famigerato Pizzichiccio, al secolo Cosimo Mazzeo, il brigante di San Marzano, ex soldato borbonico, che, acquartierato nel bosco di Martano, in terra d’Otranto, faceva scorribande nelle zone attorno (acciuffato nel gennaio 1864 venne fucilato nel novembre dello stesso anno). “L’avvocato Nicola Lo Re - ancora il periodico - difese egli solo 94 imputati; e, versando in ventun tornate i fiumi della sua eloquenza, ne fece assolvere 72. D’allora la sua reputazione fu fatta; tutti i briganti volevano essere difesi da Lo Re, che tenne lo scettro avvocatesco pure a Lecce, a Trani”, la cui corte era leggendaria per la sua severità… Quando nell’82 suicidavasi il barone di Santacroce, deputato di Taranto, gli amici del Lo Re ne propugnarono la candidatura in quel collegio, ma fu quello il segnale di un uragano di inimicizie che non lo lasciarono in pace per un lungo periodo…”. Ed ecco alcuni brani di un articolo del "Messaggero Salentino” del 20 ottobre 1892: “Domina l’agitazione per l’Acquedotto Pugliese, un grande progetto presentato dallo Zampari nell’anno precedente, con l’invito ad adunarsi a Roma ai 23 di quel mese (maggio) nella Sala Rossa di Montecitorio… nell’adunanza intervennero tutti i deputati…presenti a Roma… gli On. Lo Re Nicola… e aderirono Lo Re Francesco… Aprì la seduta Gaetano Brunetti… parlarono Giusso,     Lo Re, Pavoncelli, Ruggeri… : … costruzione della Ferrovia San Cataldo… occorreva un sussidio del governo… E per ottenerlo Pellegrino si recò al ministero accompagnato da Lo Re e dallo stesso Brunetti e verso novembre si ebbero larghe promesse…” Nicola       Lo Re era dunque stimatissimo. La gente, non solo di Crispiano e della città di Archita lo venerava. Umberto I° gli fece omaggio di un orologio in oro massiccio con catena “sciupataschino”. Era anche generoso.

Martino Lo Re davanti al busto del nonno
Ritratto dell'avv. Nicola Lo Re





















Tra l’altro aiutò un giovane, Tommaso Antonucci, che gli fece un busto oggi alloggiato in casa di Martino, e un ritratto in olio-pastello. Realizzò anche il busto di Cataldo Gagliardo che si trova all’ingresso della biblioteca di Taranto. Sue opere – ricorda Martino - sono probabilmente da qualche parte a Taranto, a Crispiano... Impegnato nella ricerca di questo artista, il 6 giugno del 2016 Martino ha mandato una lettera al Comune di Taranto, in cui tra l’altro sintetizzava i dati principali da lui acquisiti fino a quel punto: “Nato il 6 febbraio del 1859 da una famiglia di modeste condizioni, studi a Napoli e a Roma grazie a ripetuti sussidi concessi dal Consiglio comunale di Taranto… All’Esposizione Nazionale tenuta a Palermo nel 1891.’92 presentò una scultura e un olio.

Ammnistratori di Taranto

La sua produzione, nella sua quasi cinquantennale attività, fu più ben estesa. L’obiettivo che mi propongo è quello di individuare e fotografare un numero quanto più ampio possibile delle sue opere, ai fini di uno studio critico su questo autore tarantino e anche per una migliore conoscenza della cultura artistica in Taranto nel periodo a cavallo tra l’800 e il ‘900”. Il postino non ha ancora portato speranze. Allora l’investigazione va avanti? “Sì, la consultazione dei verbali del Consiglio e della Giunta comunale di Taranto è ancora in corso e richiederà alcuni mesi prima di essere terminata”. Quanta fatica. Ammirevole. Ha interpellato l’Archivio di Stato; cercato testimonianze, letto libri, compreso “Un secolo di giornali a Taranto” di Giovanni Acquaviva, dove nel capitolo dedicato alla “Voce del Popolo” l’autore ricorda che l’8 maggio del 1886 il settimanale diventò organo dell’associazione “Il Risorgimento costituzionale” e in tale veste parteggiò per Paolo Grassi, Nicola Lo Re e Francesco Nitti”; e che quando nel settembre dell’89 venne a Taranto il re Umberto I° tra i balconi più artisticamente addobbati spiccava quello dei Lo Re.

Accennando ai partiti, Acquaviva, per anni direttore de “Il Corriere del Giorno”, riferisce anche che a Taranto “facevano capo allora ai ‘leader’s’ Nicola Lo Re e Pietro D’Ayala Valva”. Dalla sinistra del tavolo, occhieggiano ”La lotta politica a Martina nella poesia di Raffaele Casavola”, di Michele Pizzigallo, in cui Lo Re è citato; e “Il sistema politico giolittiano in Puglia: Nicola Lo Re”, uscito presso Einaudi. E le arringhe? Migliaia. Aneddoti? Uno in particolare. Martino lo racconta sorridendo. “Mentre mio nonno era impegnato a dimostrare che chiunque nella situazione in cui era avvenuto il delitto avrebbe potuto sparare e che le indagini erano state incomplete, nell’aula si spensero le luci e rimbombò un colpo di pistola. Le guardie perquisirono tutti, meno i giudici e gli avvocati. Mio nonno estrasse la sua arma, ammettendo di essere stato lui a premere il grilletto. Le luci si riaccesero, l’oratore riprese l’arringa e provò la sua tesi”. L’episodio non sembra del tutto inventato.
L’onorevole Lo Re morì a Taranto nel 1906 e fu sepolto nel cimitero di quella città nella tomba ex Cacace (Grazia Santoro giace a Crispiano).
La conversazione, dopo due ore di domande e risposte, è alle ultime battute. Martino, uomo colto, ospitale, gentile, riservato, appaga l’ultima curiosità: “Che cosa ne è stato della lussuosa villa di Crispiano?”. “Sto facendo ricerche”. Il nonno possedeva anche una grande masseria nei pressi di Leporano, in zona Campofreddo… Ma la moglie concluse la sua vita in povertà, aiutata dal figlio Vito. “Hai qualche hobby?”. “Non è un hobby, questo? La ricostruzione della storia dei miei antenati?”. Ma si sa che non si limita a spulciare carte negli uffici. Sta preparando una grammatica del dialetto martinese e frugando nello stesso per individuare le parole di derivazione greca. Scrive per “Umanesimo della Pietra”, la bella e interessantissima rivista diretta da Nico Blasi e legge, studia… E’ nato nella città ei trulli nel ’42, è stato dirigente Eni e Fiat prevalentemente all’estero. Vive a Milano, nella via che porta il nome di Francesco Daverio, di Vergiate, sovrintendente degli archivi storici meneghini e patriota; ma non dimentica le case incappucciate, le viti inginocchiate, le facciate biancolatte, le quinte e i fondali del centro storico, i personaggi, le ringhiere spanciate, il sole e i colori della sua Martina.

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