CON
UN AMORE PROFONDO
Tutti i critici più
importanti hanno
parlato di lui e
della sua arte, da
Raffaele De Grada a
Renzo Biasion
a Roberto Sanesi, a
Maurizio Calvesi
a Mario De Micheli.
Espose anche a
Los Angeles e a
Bruxelles. Nelle serate
pugliesi era
salutato come un principe.
Uomo serio, ma anche
spiritoso, era
tranquillo e pacato.
E’ scomparso nel
settembre del ‘92,
a Nottwill, Svizzera.
Franco Presicci
Filippo Alto |
Dimora estiva a Figazzano |
Filippo Alto, Presicci, il sindaco Tognoli, il gallerista Nencini; dietro il giornalista Del Mare e il ministro Vernola |
Don Oronzo, il contadino narratore |
Filippo Alto, Sebastiano Grasso e l'editore Fenu |
Parigi… Premio ambìto, che nelle discussioni per la scelta del candidato aveva anche momenti roventi, spenti spesso dagli interventi di Filippo, che per il suo carattere morbido e convincente era capace di trovare la parola giusta per placare le impennate, per esempio, di Paolo Mosca, allora direttore di “Play Boy”, e le ostinazioni di Sebastiano Grasso, ottimo critico ‘d’arte del quotidiano di via Solferino e persona leale. Di amici importanti, anche a Milano, Filippo, o Pippo per chi lo conosceva bene, o Beppe, ne aveva tanti: giornalisti, imprenditori, uomini di spettacolo, come Mario Marenco, foggiano, architetto, designer, con una naturale “vis comica”, dimostrata nel suo debutto in Rai con “Alto Gradimento”, e in trasmissioni successive in televisione, da “L’altra domenica” a “Quelli della notte” e in tutte le altre di Renzo Arbore, interpretando personaggi spassosissimi (“Ironia tagliente e senza preavviso”, definì la sua lo stesso Arbore)….
Quando Filippo, con Ada e i suoi due ragazzi, Giorgio e Diego, abitava in via Calamatta, 17, una casa di proprietà del commendator Miani, titolare di parecchi negozi di lusso a Milano e del bar Zucca all’ingresso da piazza Duomo, sulla sinistra, della Galleria Vittorio Emanuele, aveva lo studio nel seminterrato, che si affacciava su un giardino. Lavorava alacremente, nelle ore che gli lasciava libere l’impegno di preside dell’Avio School International, che dopo vent’anni abbandonò per dedicarsi solo alla pittura. In quell’”atelier” preparò le mostre a Bruxelles, Titograd, Toronto, Spalato, Sarajevo, la partecipazione alla mostra di Los Angeles “Immagini Puglia” …. Tanti sono stati i critici che si sono occupati di lui: Maurizio Calvesi, Mario De Micheli, Pietro Marino, Raffaele Nigro, Carlo Munari, Roberto Sanesi… Stimatissimo anche per le sue doti organizzative, fece parte del consiglio della Triennale di Milano e fu consigliere del ministro per i Beni Culturali, Vernola.
Alto,la figlia di Chechele,Nenella,Giacovazzo,Chechele,Presicci |
Quando il 12 novembre ’83 Chechele chiamò a raccolta nel suo locale i pugliesi di Milano in occasione della trasmissione televisiva “Nord chiama Sud”, che ogni mercoledì, condotta in studio da Elio Sparano e negli esterni da Giorgio Romano, stabiliva un incontro tra le regioni settentrionali e meridionali, Filippo, che all’associazione pugliesi, sede in piazza Duomo, era responsabile delle attività culturali, venne accolto come un principe, salutato festosamente anche da Giacomo Lezoche, commercialista tranese con studio in corso Venezia 8 e storico dei pugliesi a Milano; dai giornalisti Salvatore Giannella, inviato de “L’Europeo”, e Giacomo de Antonellis, della Rai. Nelle iniziative riguardanti la Puglia, quando poteva, non mancava. Ma preferiva non prendere mai la parola. All’Arpugliesi, che aveva come presidente Bruno Marzo, organizzò tra l’altro la presentazione di un bellissimo libro, “Belmonte”, del tarantino Franco Zoppo e affidò il microfono ad Arnaldo Giuliani, capocronista del “Corriere”. Allestì una mostra di giornali dell’800 leccese e dette la parola a Guido Gerosa, grande giornalista e scrittore.
Lavorava nell’ombra, discretamente. Il gigante buono era riservato, schivo alla pubblicità, lontano dai provincialismi. Non si atteggiava a maestro; eppure ha realizzato opere meravigliose, anche di grandi dimensioni; oltre a libri e opere di grafica. Fra i più rilevanti: “Tre alberi di Puglia” (’75), testo di Giuseppe Giacovazzo; “Un pittore e la sua terra (’75), di Antonio Rossano; “Paese vivrai” (’78), di Giacovazzo; “Dove migrava il vento” (’80), di Sebastiano Grasso e Raffaele De Grada; “Radici nella pietra” (’83) di Ugo Ronfani; “S’innervano i rosoni” (’87), di Egidio Pani… In quelle opere lampi di Puglia (campanili e viti, tralci d’ulivo, facciate barocche, balconi spanciati, fregi, rosoni, arcate…) si susseguivano come metafore, emblemi, di una terra splendida: un balenio di immagini intrisi di poesia. “Senti che nella pittura di Alto – scriveva De Grada nell’aprile dell’81 - c’è una costruzione di ordine metafisico che la sottrae al naturalismo post-impressionistico, ma che tuttavia tale ordine non è del tipo intellettuale del post-novecentismo, che ora tra l’altro ritorna di moda”. Filippo non cominciò maneggiando pennelli e tavolozza; ma la matita. Alla scuola media imparò ad usare la china, si perfezionò al liceo scientifico, riproducendo la cattedrale di Chartres, il pulpito marmoreo del battistero di Pisa, monumenti, fonti battesimali. Quando all’età di 17 anni qualcuno gli regalò una cassetta di colori, si mise a copiare le cartoline e poi se ne andava alla periferia di Bari per ritrarre ciò che il suo sguardo catturava. Dalla sua casa di via Sonnino riprendeva i tetti, i palazzi, le vie; e tra un disegno e l‘altro studiava ingegneria all’università.
Il giornalista Mario Azzella, lo scrittore Nino Palumbo, Balssarre, sindaco di Trani, Giacomo Lezoche |
A Milano stavamo spesso insieme, anche a cena in casa dell’uno o dell’altro. Della compagnia facevano parte i questori Enzo Carracciolo, siciliano, e Vito Plantone, pugliese di Noci; l’ingegnere Martino Colafemmina, di Acquaviva delle Fonti; l’inviato internazionale del “Corriere” Costantino Muscau, sardo; Francesco Colucci, poi nominato prefetto, molisano; Achille Serra, romano, che in seguito da questore di Milano fu promosso prefetto di Palermo, venendo poi eletto parlamentare… Ci vedevamo ogni anno nella sua casa di villeggiatura di Figazzano, tra Locorotondo, Cisternino, Martina Franca, dove inventava serate indimenticabili dedicate al medico pianista o al contadino, don Oronzo, che raccontava simpaticamente la vita nelle campagne di una volta, o improvvisava una mostra. E ogni volta tra il pubblico c’erano intellettuali, cronisti, direttori di giornali che arrivavano anche da Milano, come una volta lo stesso De Grada, con il quale intrecciai un tango al suono di un violino. A Figazzano ho incontrato il ministro Vernola; Giuseppe Franco Bandiera, direttore del circolo Italsider, lucano ricco di idee, di cultura e di voglia di fare… Filippo, che aveva un fisico da giocatore di basket, era uomo di spirito e un po’ burlone; sereno e rispettoso, schietto, leale. Non amava parlare di sé e della sua pittura. A Caracciolo che gli chiedeva di illustrargli un suo quadro appeso nel mio soggiorno rispose: “Io dipingo, il giudizio agli altri”. Ebbe tantissimi premi, e non se ne gloriava. Il critico d’arte Renzo Biasion lo segnalò al Catalogo Bolaffi con questa motivazione: “Pittore fine, sensibile, autonomo, che sa essere moderno senza voltar le spalle alla tradizione”. Filippo Alto si spense nel settembre del ’92, a 59 anni, nella clinica svizzera di Nottwill, nel cantone di Lucerna, lasciando un vuoto enorme.
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