IL RITORNO DELL’ORIENT EXPRESS
IL TRENO DEI SOGNI E DEL BRIVIDO
Il “revival” affascinante sul binario15, con tutte le raffinatezze Art Deco e signore in lussuosi abiti d’epoca.
Il gentiluomo che s’inchina e sussurra a una“dame” “Jet’aime”.
I romanzi di Agata Christie e di Fleming, gli amori,l’avventura, gli intrighi, gli assassinii veri o finti.
Al convoglio più famoso di tutti i tempi recentemente è stato dedicato un film.
Franco Presicci
Era il 26 maggio del 1982: una bella giornata di sole. Alla stazione Centrale di Milano, sempre brulicante di viaggiatori, furono in pochi ad accorgersi di quel treno che lentamente, e senza essere annunciato dall’altoparlante, si avvicinava ai respingenti del binario 15.
Binario 15 |
“Eccolo, il treno dei sogni, il re dei treni o il treno dei re: l’’Orient Express’”, esclamò un signore distinto, basso, pienotto, abito scuro. Era Mario Righetti del “Corriere della Sera”, una enciclopedia vivente di strade ferrate, sistemi di segnalazione e blocco, locomotive… Avrebbe potuto scrivere un trattato, sull’argomento. Lo conoscevo di nome; e colsi l’occasione per carpirgli dettagli tecnici della meraviglia che avevo di fronte. Lui stava osservando la macchina; e forse pensava alla storia di quel treno, il più famoso d’Europa, della Bèlle Epoque: il treno soprannominato anche il convoglio delle spie, già teatro di intrighi, assassinii, veri o inventati dalla letteratura. Nel 1934, Agata Christie, assidua di quegli scompartimenti, perché andava a trovare il marito impegnato a Bagdad nel lavoro di archeologo, lo scelse come ambiente del suo “Assassinio sull’Orient Express”, vittima l’uomo d’affari statunitense Samuel Edward Ratchett. La trama, districata da Ercule Poirot, fu tradotta in film da Sidney Lumet, con Sean Connery, Albert Finney, Lauren Bacall e Ingrid Bergman, che conquistò l’Oscar come attrice non protagonista. E sull’Orient Express James Bond fugge dopo una delle sue azioni pericolose e rocambolesche. Ma la morte di Eugene Karpe, addetto navale dell’ambasciata americana in Jugoslavia, avvenne fuori da ogni finzione: una domenica del 1950, mentre l’Orient Express percorreva una galleria nei pressi di Salisburgo, un individuo lanciò il diplomatico fuori dello sportello.
Atrio della Centrale |
Queste storie ed altre riaffiorarono quella mattina, mentre Righetti veniva circondato da tutti i cronisti presenti, ansiosi di interrogarlo su quel gioiello, che tra l’altro aveva ospitato signore con cuffie di velluto con penne di uccello del paradiso e signori in giacca a doppio petto con cravatta pendente. L’anziano collega, in procinto di cambiare scrivania trasferendosi al “Giornale”, non negava particolari sul peso delle carrozze e sulla loro lunghezza. Il gruppo si infoltì, mentre le autorità e i dirigenti dello scalo si allineavano sul tappeto delle grandi cerimonie, steso lungo il marciapiedi, mentre in alto un nastro rosso era steso tra un pilone e l’altro. Niente banda per far festa al “revival”, costo 25 miliardi. Niente discorsi solenni.
Maestoso angolo della Centrale |
Righetti s’incamminò verso la coda del treno, invitandomi a seguirlo, e mi descrisse il vagone-letto, quello adibito a ristorante, il salotto di lusso, la biblioteca, la ghiacciaia, la carrozza-panorama.… e ricordò che all’epoca c’erano anche una sala-fumo per i signori e una di lettura per le dame, che a volte si distraevano dalla pagina per fare l’occhio languido a un gentiluomo. Quel treno venne mandato in pensione nel 1977 e rimesso in attività nel 1981 con il Nostalgic Orient Express. “Prego, accomodatevi”, ci esortò un addetto elegante nella sua divisa color cioccolato. Salimmo. Gli ambienti, già occupati da esponenti della cultura e da altre persone importanti, erano raffinati. Ogni oggetto una perla d’Art Deco: “abat-jour”, tavolini, poltrone, su cui erano sedute giovani donne in abiti stile anni Venti e Trenta accanto ad altre in abbigliamento moderno. Un “arbiter elegantiarum” si chinò con “non chalance” per baciare la mano a una “madame” con cappello con nastri e piume, un’acconciatura elaborata e un diadema alla Cleopatra, sussurrandole: “Bijou, je t’aime”. Improvvisamente, quando sulle porte si posizionarono i valletti, tre per ogni vagone e immobili come statue, impettiti come sentinelle nella garitta, serpeggiò la voce che tra i presenti ci fosse la principessa di Westminster.
Altro atrio della Centrale |
I cronisti fibrillarono. Ma era una “bufala” lanciata da qualcuno in vena di scherzare. Poco dopo, il treno dell’avventura e del brivido emise uno sbuffo per segnalare la partenza. I conduttori ci pregarono di scendere, e alle 10.30, tirato da un locomotore 645, costruito nel ’60, si rimise in moto con i suoi 17 vagoni: un serpente di 400 metri e un peso di 800 tonnellate, riscaldamento a carbonella, velocità 100 chilometri all’ora soprattutto di notte. Destinazione Venezia. Una partenza senza fanfare, come all’arrivo. Un sosia di Paolo Villaggio, sicuramente informato, disse che quel treno non aveva niente a che vedere con il fastoso salotto su rotaie dei primi tempi, cioè il primo Orient Express, che aveva soffitti damascati, poltrone in pelle, “boudoir” vistosi, secchi argentati per lo “champagne”, lampade a gas, tappeti straordinari nei corridoi… Un briciolo di storia? Il treno leggendario partì dalla Gare de l’Est di Parigi per Costantinopoli la prima volta alle 19 del 4 ottobre del 1883, un giovedì, con a bordo una quarantina di passeggeri: politici, dirigenti della Compagnia, diplomatici, letterati, nobiluomini e un giornalista incaricato di fare la cronaca della traversata.
Altra entrata della Centrale |
Fu salutato con un gala di bandiere, gridi di gioia e la musica di Gershwin. Per decenni fece sognare chi non poteva permettersi quell’avventura favolosa, che ispirò anche uno spettacolo musicale di Oscar Sachs, rappresentato al Trianon. Tra quegli scompartimenti girarono “Dalla Russia con amore” di James Bond e film con Arsenio Lupin. L’armistizio della prima guerra mondiale ebbe il sigillo sulla vettura 2419 del generale Ferdinand Foch a Compiègne, la mattina del 9 novembre del 1918… Poi, il declino. Già nel ’45 aveva perso il suo fascino, diventando un convoglio come tanti altri, che con una velocità ridotta accoglieva non più ricconi e titolati, quando non era quasi deserto. Continuava a oltrepassare le frontiere dalla Francia alla Grecia, alla Turchia, ma senza più il decoro di una volta.
Fronte della stazione Centrale |
Non più dunque il sontuoso appartamento viaggiante, il salotto d’oro dei signori parigini e viennesi che per diletto si recavano a Budapest o sul Bosforo, dove nascevano grandi alberghi per una “èlite” internazionale, tra i quali il Niven. In un libro dello scrittore Edmond About si legge che queste camerette mobili erano comode almeno quanto un ricco appartamento di Parigi. Trasportarono personaggi famosi, come Nicola II e Ferdinando di Bulgaria; la Bella Otero, nome d’arte dell’attrice e ballerina spagnola Agustina Otero Iglesias, che debuttò nel cabaret nel 1888 a Barcellona; la compagnia dei balletti russi; Mata Hari; Josephine Backer... Viaggiare su queste ruote era un segno di distinzione. Soprattutto le donne se ne facevano vanto. Le loro gonne fino ai piedi creavano imbarazzo nel momento in cui dovevano conquistare il predellino; e l’Orient Express dette una svolta alla moda, riducendo la lunghezza di quella stoffa pregiata. Era un mito. In un registro venivano raccolti le firme delle persone più illustri e i loro commenti.
Piazzale Duca d'Aosta-ingresso della Centrale |
Il treno dell’82, che fece una fugace apparizione in quella pancia metallica e gigantesca, che è la stazione più importante di Milano, aveva comunque un’atmosfera da amori furtivi e di complotti. Forse suscitata dalle glorie delle sue vecchie corse. Dovuto a Georges Nagelmackers, messo sulle rotaie dalla Compagnie Internationale dei Wagond -Lits, e destinato a diventare il treno più ambìto di tutti i tempi, fu testimone anche di grandi amori e di fiammate improvvise e transitorie, raccontati in tanti romanzi avvincenti. La fama di quel treno dilagò nel mondo. Ma delitti e congiure avvennero anche in altre carrozze. Il 6 dicembre del 1860 il treno di Mulouse – riporta nel suo libro Volfgang Schivelbusc – entrò nella stazione di Parigi alle 3,15. I passeggeri si affrettarono a sloggiare e quando un addetto delle ferrovie aprì la porta di uno scompartimento rimasta chiusa scoprì il corpo di un uomo. Era quello del presidente del tribunale Poinsot. L’inchiesta, subito avviata, accertò che ad ucciderlo era stato un compagno di viaggio. L’omicidio provocò molta inquietudine. In Inghilterra, la sera del 9 luglio 1864, nella carrozza 69 d’un convoglio fu ucciso Thomas Briggs, bancario della City. L’Orient Express non è più tornato alla stazione di piazza Duca d’Aosta, e Mario Righetti da tempo non racconta più i suoi treni sul “Giornale”. E’ deceduto. Peccato che non abbia pensato di raccogliere in un libro i suoi articoli. Sarebbe stato molto utile ai tanti appassionati delle corse su rotaie.
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