LA STORIA DELLA FAMIGLIA MENEGHINA
E DELLA SUA FORNITISSIMA BIBLIOTECA
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Sandra Bonacina |
Lo scopo non fu soltanto
quello di consentire ai soci
di riunirsi e passare belle
ore insieme, ma anche
quello di tener vivo il
dialetto e le tradizioni
popolari della città.
Dal 1924 al 1984 il sodalizio
tenne convegni, incontri,
dibattiti di altissimo livello e
altro.
Franco Presicci
Tante opere, a Milano, sono nate nei ristoranti, nelle trattorie, nelle case private. Il Premio Bagutta, nell’omonimo, prestigioso locale toscano di Alberto Pepori; il Premio Miano di giornalismo nel regno di Chechele Iacubino in via Vittor Pisani; la Famiglia Meneghina nella trattoria “Candidezza”, in via Unione, già dell’Uguaglianza per volontà dei francesi.
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Album della Famiglia Meneghina |
I presenti erano personaggi noti, tra i quali Luigi Mario Cappelli, Tiziano Barbetta, Gino Bianchi, Silvio Crepaldi, Luigi Brioschi. Pochi giorni dopo venne sottoscritto l’atto costitutivo. Per la scelta del nome del sodalizio discettarono molto; e mentre sembrava che la decisione fosse lontana, emerse l’unanimità.
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Locandina di un congresso |
Lo statuto venne scritto in dialetto, anche in polemica con il fascismo che i dialetti li voleva imbavagliare. Il presidente assunse il titolo di “resgiò” e i consiglieri quello di “missèe”. Il circolo – riferisce lo storico Raffaele Bagnoli, che una quarantina di anni fa ho consultato spesso quando percorrevo le vie di Milano per raccontarle sul settimanale “Il Milanese” e su Telemontepenice, un’antenna in provincia di Pavia – non aveva solo lo scopo di consentire ai soci di trascorrere alcune ore in compagnia; ma anche quello di creare occasioni per tenere vivo il dialetto e difendere le tradizioni popolari della città. Ampio spazio era dato alla poesia e al teatro. Era un vanto appartenere alla Famiglia Meneghina, dove venivano accolti anche i forestieri (si fa per dire), fra i tanti il pittore tarantino Giuseppe Pignataro, che fra l’altro fece un’esposizione in una galleria vicino a piazza Diaz, in zona Duomo.
Entrata Galleria Vittorio Emanuele |
I soci hanno sempre mantenuto fede all’impegno, “pur attraverso tempi diversi, difficili e a volte calamitosi, affrontando con le sole proprie forze i problemi che via via si presentavano”, mi disse un esponente della “Famiglia” molto bene informato (con il passar degli anni ho dimenticato il nome). Aggiunse che la Meneghina aveva mosso i primi passi con 126 soci, che diventarono 451 nel ’25 e 635 nel ’26. Non ebbe una dimora fissa, costretta a trasmigrare da via Rugabella 9, dove con una donazione di Paolo Bianchi cominciò a formarsi la biblioteca, poi ospite della “Società del Giardino”, in via Spinola, 10, il sodalizio più carico d’anni, fondato nel 1783. Nella biblioteca, 12 mila titoli, di cui 433 antichi, di notevolissimo valore e a disposizione del pubblico. Io stesso ho bussato spesso alla porta di quelle tre piccole stanze, una dietro l’altra, immerse in un silenzio e in una pace da chiostro francescano. E ogni volta, una signora bella e molto gentile mi metteva a disposizione tutti i testi che desideravo consultare. Vi incontrai anche Sandra Bonacina. Negli anni conobbi parecchi soci della Famiglia Meneghina” e intrattenendomi con loro riempii un taccuino di notizie, per esempio che gli iscritti continuarono a crescere, arrivando a mille; e nel 1933 fecero un altro trasloco, in un palazzo di via Meravigli in cui rimasero cinquant’anni. Elegante il salone da ballo, ideato da Ludovico Pogliaghi, con le pareti affrescate da Giuseppe Bertini. C’era una sala-lettura con soffitto a cassettoni in legno intarsiato. Nel 1989, da via Meravigli a via Mozart 9, nella casa del marchese Zanoletti. Il programma annoverava una scuola per l’insegnamento del dialetto; della storia civica e letteraria della città; la pubblicazione di prestigiosi Almanacchi e Strenne (il primo uscì nel 1931), anche questi sulle tradizioni e la storia di Milano; un gazzettino per i soci ricco di cronache milanesi; convegni sui vernacoli italiani; i Salottini, incontri che, inaugurati nel 1987, venivano tenuti l’ultimo mercoledì di ogni mese con personalità di ogni campo; un concorso per una commedia in tre atti, con un premio di 5 mila lire; la partecipazione a restauri di opere d’arte…Ogni iniziativa un successo, e nel 1963 la Famiglia Meneghina meritò la medaglia d’oro di benemerenza del Comune di Milano.
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Sandro Gerli |
Nel 1994 – ricordò Alessandro Gerli, resgiò dal 1987 al 1994, con Ivanhoe Fraizzoli e il cavaliere del lavoro Ottorino Beltrami vicepresidenti - l’unione con il circolo industriale e bridge, in via Manzoni, 41. Di quegli anni è anche il premio “Il Milanese dell’anno”, andato a personalità di gradissimo prestigio: Indro Montanelli, il cardinale Carlo Maria Martini, Giorgio Falck, Silvio Berlusconi. Il premio era patrocinato da Fraizzoli e dalla moglie Renata. “Dal ’35 all’86 – continuò Gerli, tra l’altro appassionato e profondo scrittore di cose milanesi – abbiamo ospitato anche una sezione scherma, titolare per trent’anni il maestro Dario Mangiarotti”. Gloriosa Famiglia Meneghina. Chi non la conosceva? E chi non l’apprezzava? Negli anni ’70 uscivo illuminato dalle mie conversazioni con Raffaele Bagnoli, autore di Almanacchi e Strenne della Famiglia e di altre opere, compresi i cinque volumi su “Le strade di Milano”, percorso indispensabile per chi volesse conoscere bene il capoluogo lombardo: ogni strada tante storie, notizie, particolari, interni di chiese con le loro preziosità e caratteristiche. Nulla sfuggiva a Bagnoli (scomparso ormai da anni): qui si trovava un’osteria, lì un tempio, lì la casa di un personaggio illustre. Se si voleva conoscere l’origine del nome di una via, bastava consultare le pagine di Bagnoli: via Caminadella? Si chiama così probabilmente perché le case, allora fatte di legno, erano dotate di camini. E formulava anche altre ipotesi. Era una persona affabile, disponibile, alla mano. Mi aveva autorizzato a chiamarlo anche a casa oltre che alla Famiglia Meneghina. Lo potevo trattenere a lungo a fare domande e domande: aveva piacere a raccontare anche al telefono la sua città.
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Una locandina |
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Gerli |
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