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mercoledì 20 novembre 2024

Su Foto Taranto com’era

LE IMMAGINI DI DE FLORIO RACCONTANO LA CITTA’




Antonio De Florio oggi
L’autore si apposta come un cacciatore e aspetta la luce giusta
per lo scatto. Rende la bellezza della Bimare, la esalta. E’ regista sapiente di video con musiche che toccano il cuore.










FRANCO PRESICCI




E’ il pellegrino di Puglia. In ogni momento libero mette in tasca il suo obiettivo e se ne va in giro per la città a cogliere gli aspetti più belli nelle condizioni di luce più magiche.
Un angolo di Taranto Vecchia
Ha cominciato a scarpinare per Taranto, percorrendo San Vito, il ponte di ferro, piazza Fontana; a puntare il mirino più volte sulla Torre dell’Orologio, sulla scogliera, sulla ringhiera, sul Castello, soffermandosi “’ngàt’a duàne d’u pèsce”, “ ‘mbàcce a le lambàre”, che danzano con la musica del Mar Piccolo, non trascurando “le parànze”, il locale che ospitava il famoso ristorante “Pesce Fritto”, meta di tarantini e forestieri; la rivendita di cozze, “caùre”, “nuce”, cacasanghe”, “scorfane”, “gàmmare” e ”angidde” de “Cicce ‘u gnùre”, personaggio mai dimentcato.
So parlando di Antonio De Florio, comandante del sito su facebook di “Foto Taranto com’era”, è nato con il contrassegno della Bimare stampato sulla fronte. Taranto ce l’ha nel sangue, nell’anima, nel cuore, nei pensieri. Taranto è per lui la casa, il rifugio, l’oasi. Taranto per Antonio De Florio è amore, calore, abbraccio. Non c’è avvenimento, laico o religioso, che non lo veda impalato con il suo occhio nel miracoloso strumento che immortala uomini e cose. E’ un artista sensibile nel catturare ciò scruta: processioni, bande, angoli riposti, a volte sconosciuti, sopravvivenze archeologiche, vie storiche, targhe dedicati a uomini illustri, monumenti… E’ un cacciatore d’immagini. E come il cacciatore si apposta in un’uccellanda in attesa dell’uccello di passo, lui aspetta pazientemente la luce che più gli aggrada per fare lo scatto. E su facebook ammiriamo i suoi prodigi fotografici e quei video che ci lasciano incantati, anche grazie alle musiche che accompagnano le vedute.
Ho conosciuto tante delizie della mia città, grazie a questo esploratore mai stanco, viandante curioso e attento, legato alla sua città come l’ostrica allo scoglio. Le sue foto mi emozionano, mi esaltano, mi arricchiscono, mi fanno immaginare i luoghi dove la mia Taranto non c’è più: il vecchio sentiero che dai Salesiani andava adagio adagio alla scogliera è nascosto sotto le nuove costruzioni che Antonio riprende, scrivendo nelle didascalie che lì una volta c’era questo e c’era quello. De Florio sa tutto di Taranto, di quella di una volta e di quella moderna.
Antonio De Florio in piazza Fontana

Il borgo antico per lui non ha segreti. Lì s’incontra con gli amici, fa loro da guida, spiega, racconta, illustra, osserva, ricorda. Forse anche Alfredo Nunziato Marturano, poeta ed etnologo, amico di Rohlf, nei suoi giri per Taranto vecchia ascoltava dalle labbra screpolate dei pescatori, intenti a ricucire le reti, i suoni del dialetto, che ritrovavo inei suoi versi e in quelli di Diego Marturano, Alfredo Lucifero Petrosillo (“‘U travàgghie d’u màre”, poema che coinvolge, trascina, fa palpitare il cuore). Taranto vecchia per me è sacra, e tale è sicuramente per Antonio De Florio, che vi trascorre ore preziose sul ponte di pietra o sulla discesa di San Domenico, “indr’a le strìttele”, “le vichele” che hanno perduto un po’ del loro contenuto: negozi e negozietti, saloni di barbiere, ‘u buggegattele” dell’orologiaio, il locale pieno “de perdùne” e di statuine della Settimana Santa… C’è Nicola Giudetti, pittore e raccoglitore di oggetti detla città di una volta (forme di calzolaio, macinini del caffè, bracieri, bilance, “vummìle”, “strecatùre”, valve di “parecedde”…), che tra l’altro attraggono l’attenzione dei tanti turisti, affascinati dal linguaggio del simpaticissimo Nicola tra il vernacolo e un italiano originale, reinventato. Nicola è il re della città vecchia. Con sede in via Duomo, dove confeziona anche le processioni dei Misteri in terracotta e dipinge la città vecchia con amore. Questo laboratorio, ormai noto nel mondo, è un’altra meta di De Florio, che ha ritratto Nicola in ogni modo, puntando l’obiettivo anche sull’ingresso di quella specie di museo.
Facciata di uno stabile di Taranto vecchia
Seguo molto “Foto Taranto com’era”. Contemplo le foto di piazza della Vitoria, dove De Florio scatta nascosto tra il pubblico in occasione delle feste della Marina e di altre. Non lo si vede mai nei video elaborati dagli altri: lui è discreto, riservato, non si esibisce accodandosi alle autorità, non è mai in primo piano, eppure rende appieno il senso delle cerimonie. Durante una solennità ho cercato d’intercettarlo, di vederlo spuntare da qualche parte, ma era acquartierato chissà dove. Ho poi ammirato i suoi video e le sue immagini.
Adesso vedo in “Taranto com’era” anche foto realizzate da amici del gruppo a Massafra, a Manduria, a Sava, a Martina Franca, a Grottaglie, a Ceglie Messapica, a Lizzano, oltre alle vedute “imprigionate” da lui stesso e cartoline d’epoca… E vedo le sue riprese delle gare ciclistiche, l’arrivo della Milano Taranto, che io ventenne applaudivo al lungomare e qualche volta all’arrivo esaltante al Palazzo del Governo di fronte alla rotonda. Antonio dovrebbe allestire un’esposizione in una sede prestigiosa, magari il Castello Aragonese, per mostrarle a chi non va sul suo sito, che conta migliaia di soci. Mi affascinano, le foto di Antonio De Florio, comprese quelle scattate “quànne pònn’u sòle”, con quella policromia che lascia estasiati.
Il municipio in piazza Castello

Le foto di De Florio fanno storia. Lui non ne parla, è restio. Quando al telefono lo estorto ad esporre i suoi “quadretti” lui nicchia. Insisto e lui tace o devia il discorso. Posta le sue foto su facebook per documentare le bellezze della città. Antonio ama le linee architettoniche delle masserie. “La Valle d’Itria spaziosa senza spreco e fiabesca con quei birilli che contrabbandano case, ha fatto esclamare più volte da un terrazzo di Locorotondo: ma questa è la patria di Andersen”, scrive Giuseppe Cassieri in “Radici di Puglia” … “un Andersen mediterraneo, transadriatico, con più balenanti misteri”.
Andando per i tratturi della Valle, Antonio De Florio guarda, medita, contempla, s’inebria e sceglie gli elementi da riprendere: case incappucciate, ulivi saraceni, vigneti, aratri, covoni, stoppie giallastre… tutto baciato dal sole o dalla notte, che illumina le crespe del mre. Un paesaggio incantevole, gioioso, da sogno; che ti entra nel cuore. C’è sentimento, nelle foto di Antonio De Florio. Lui la foto la vive.
Monumento vicino al Ponte girevole
Lo seducono la campagna, il mare, il suo mare, il nostro mare, quello della città che ha accolto i nostri primi respiri; il mare di Taranto, il Piccolo e il Grande, legati dal canale navigabile. Ama sorprendere i personaggi caratteristici, e gli attrezzi dei pescatori: le nasse, le reti sparse sul pontile, e le navi da cui sbarcano il pesce. Adora il dialetto, le musiche più belle, fatate, che fanno da sottofondo ai suoi video. Adesso riceve foto apprezzabili dall’esercito di amici che vanta su facebook e le sistema, con le sue, su “Foto Tarato com’era”. Anche quelle foto raccontano la città, vista da diverse angolazioni.
Antonio ha passato una vita tra camere oscure e scatti. Aveva 13 anni quando entrò nel laboratorio di Mario Oliva in via Anfiteatro (abitava in via Nettuno a pianterreno in una casa con loggetta con vista sulla strada. Quando andava a fotografare i matrimoni il “maestro” consegnava ad Antonio una borsa e gli diceva: Quànne passe quìdde c’u piattòne pìgghie e mìette gnindre”, e si portavano a casa una buona parte di dolci, facendo festa con la propria famiglia. Per lo sviluppo andava da De Siati, uno dei migliori fotografi tarantini di allora (anni 60”) e aveva le dita marrone per l’ipoclorito, usato appunto per quel procedimento.
De Florio militare a Treviso
Ne ha, di ricordi. “Il gestore del circolo dei marinai, in via Di Palma, sviluppava tutti i negativi, prevalentemente di donne in costume da bagno (allora una novità), che gli portavano “le marenàre”. I “fororeporter” andavano invece da Mario Oliva e mentre le pellicole passavano da una bacinella all’altra, spifferavano storie di amori fioriti e dissolti in un lampo.
Poi Antonio fece un concorso in arsenale e risultò 130esimo. E prese la via dell’Istituto Righi per il diploma di perito industriale. Andò militare a Treviso; dal ‘71 al 2004 all’Italsider, in pensione da “quadro” aziendale. Non chiuse con il lavoro: andò avanti tra lavoro e fotografia. Da sempre ricercatore scrupoloso, ha anche esplorato la storia di Taranto. Ha conosciuto bene figure particolari come Marche Poll, ha letto i testi più importanti sulle vicende della Bimare, vive la città ogni giorno, con il telefonino o con la macchina fotografica accesi. Ha un archivio ricchissimo e ordinato anche di poesie dialettali, da Diego Marturano a Diego Fedele, da Alfredo Nunziato Maiorano a Claudio Cuia, a Nerio Tebano, ad Alfredo Lucifero Petrosillo, ad Arturo Caforio... Fai un nome e lui ti declama un verso. Se non un’intera poesia.

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