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mercoledì 24 dicembre 2025

Nei colloqui con Antonio De Florio

I SUCCESSI, LE OPERE E IL CUORE DEL POETA ALFREDO PETROSILLO

 

 



Alfredo Lucifero Petrosillo
Scrisse decine e decine di commedie in dialetto e
in lingua, poesie, Racconti, oltre ad articoli su “’U Panarjidde”, il periodico satirico, di cui fu direttore per un certo periodo. Era colto, divertente, geniale.

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
FRANCO PRESICCI
 
 
Sono ormai frequenti le mie conversazioni telefoniche con Antonio De Florio. Parlando con lui m’investe piacevolmente un venticello che soffia ricordi e nostalgia. Vivendo lontano dalla mia città, tutto ciò che mi richiama la sua bellezza mi coinvolge.
Antonio De Florio

Il Castello, il ponte girevole, la città vecchia con i suoi vicoli, le sue pusterle, il Mar Piccolo, i poeti, gli scrittori, da Diego Marturano a Claudio De Cuia. a Giacinto Peluso, a Piero Mandrillo, che apprezzava gustandole le nostre cozze. La memoria di Antonio De Florio è inossidabile e ben fornita di storie, aneddoti, fatti, persone. E’ come leggere un libro di Giacinto, che ha fatto conoscere ai tarantini quasi tutto quello che c’era da sapere sulla città.
De Florio parla con sapienza di Diego Marturano o dell’arsenale, delle compagnie teatrali di una volta, degli attori, dell’anno (il 51?) in cui si stese una passerella sull’acqua dalla sponda della discesa della stazione torpediniere a quella della città vecchia, per sostituire il ponte girevole in via di restauro; e io raccolgo come il contadino castagne o noci. De Florio è una fonte sicura: in tanti anni ha esplorato la nostra città, l’ha vissuta come un archeologo i suoi scavi. I poeti per lui non hanno segreti: ha letto le loro pagine, le loro vite, le ha rilette, ha meditato sui loro versi; e ha ripassato anche gli autori stranieri venuti a Taranto per scoprirla e documentarla. Come Stendhal a Milano, dove visse soprattutto per amore della città.
E’ bastato citare Alfredo Lucifero Petrosillo, il suo modo di parlare scoppiettante e tenorile, la sua poesia brillante, le sue commedie avvincenti per sciogliere i suoi ricordi e stuzzicare la sua passione. Non c’è argomento che lui non conosca; non c’è luogo di Taranto che non sappia descrivere, con le parole e con l’obiettivo fotografico. Ha frequentato la sua storia e la sciorina con date e dettagli. Non posso dire che lo ascolto come una volta i nipoti i nonni, seduti davanti al braciere la sera della vigilia di Natale: ho un bel mucchio d’anni più di lui e posso essere tal massimo un suo fratello maggiore.
Il ponte girevole

Comunque a volte mi sento il discepolo che beve le parole del maestro. Di Alfredo Lucifero Petrosillo snocciola la data di nascita e di morte, le poesie, l’attività di direttore “d’u Panarjidde”, il giornale satirico “ca no nge hà’ perdòn’a nescùne”. Ha testimonianze preziose: libri, cartoline d’epoca, ritagli di giornali, come “La Voce del Popolo” e “Il Corriere del Giorno”, e non solo. E studia. “Petrosillo?”. “Hai letto il poemetto ‘U travàgghie d’u mare?”. L’ho letto – rispondo - molti anni anni fa; sono tornato a leggerlo (contiene una lunga dedica a me)”. Mi emoziona, il mare: i suoi umori, le sue vicende, la sua rabbia, il suo frangersi sugli scogli, la sua calma. Petrosillo ha colto tutti gli atteggiamenti di quella immensa distesa d’acqua; e lo ha fatto da poeta consacrato.
Ero giovane, giornalista in rodaggio. Andai a visitare il poeta nella sua abitazione di via Japigia 19, che aveva di fronte la caserma dei vigili del fuoco. Mi accolse come se fossi un principino e volle deporre lui stesso “a ciucculatère” sul fornello. Ero imbarazzato, perché il vero principe era lui. Nelle espressioni, nei modi, nella parola, nei toni, nell’accoglienza. Alto, magro, occhi d’aquila, era nato nella Bimare il 16 giugno del 1905, scomparve il 12 aprile del 1977. Ha scritto tante di quelle opere che è difficile elencare i titoli di tutte. Era colto e tradusse Edgar Alan Poe. La sua commedia “’A Fumèche” venne presentata al Teatro Orfeo nel 1970; e sempre all’Orfeo andò in scena “Tarantino so” nel ‘72; nello stesso anno la platea acclamò “’A sorte d’u penziunàte”. Partorì altre commedie, “ca facèrene scatascià’“ il teatro per gli applausi. In quegli anni l’editore Filippi pubblicò “’U travàgghie d’u mare”, dedicato a Vincenzo Leggieri padre, “maestro dell’arte della stampa, spiritoso e battagliero, rampollo di autentici cataldiani…”.
Lo storico Giacinto Peluso
Il poemetto colpisce, emoziona, soprattutto quando dice: “E nasce Mare Picce u vizzùse/ frate carnale pe’ ‘na cumbagnjie… Ce notte, ce selenzie, quanda pace.../ Manghe chiù u viènde siènde rifiatare/ Sole ‘na voce arrive da lundane/ E ll’arie spanne po ‘na serenate…”. Adoro i versi di Alfredo. Adoro la melodia che fiata nell’opera e in altre.
“Nuovo Sisifo” è del ‘46. Io avevo 13 anni. Quando mi capitò fra le mani lo lessi e lo rilessi. Non lo avevo ancora incontrato, l’autore, ma sentivo parlare di lui anche da mio padre, che lavorava come il poeta in arsenale; e tutti e due obbedivano all’ululato della sirena (alle 7 e alle 14.30). Un giorno mio padre mi portò nell’officina in cui faticava e quando poi c’incamminammo verso l’uscita sfiorammo don Alfredo. “Mio figlio è un tuo ammiratore”, gli disse. E lui mi trattò come se mi avesse visto tante volte. Mi chiese notizie di me, della scuola, dei miei sogni… E poi: “Tuo padre tir’a carrètte accume fòsse ‘nu uagnunìedde”. M’ispirò simpatia e cominciai a ritenerlo un mito. Quando seppi che dirigeva ‘’U panarijdde” ero già un po’ più grande e mi procuravo quando potevo quel criticone.
Poi conobbi il figlio, Pierino, che frequentava il liceo scientifico “Battaglini” e studiava con mio cugino Enzo. Quando lasciai Taranto Pierino mi fece sapere che lui raccoglieva “Il Giorno Ragazzi” e gli regalai le copie che avevo messo da parte per me. Ma quando gli parlavo del padre mostrava un po’ di riservatezza. I figli dei grandi amano stare al loro posto.
Petrosillo in teatro, penultimo a destra (foto archivio De Florio)

Per me Petrosillo era don Alfredo. Scarico su De Florio tutta la mia stima, il mio affetto per questo poeta della nostra città e lui non si sente soffocato. Entrambi abbiamo una passione per i poeti di Taranto, tra cui Diego Fedele, che tra l’altro era quasi mio fratello (frequentavo la sua casa, dove ero ricevuto come uno di famiglia). Diego era tranquillo, educato, rispettoso, elegante anche nel linguaggio. Mi viene spesso in mente la sua poesia ‘U rafanìedde”, dove le parti più... delicate sono “dipinte” con abilità e raffinatezza.
Il giorno dei Morti Antonio De Florio e Nicola Cardellicchio, “accum’a ddò “cumbagme d’a chiazze”, sono andati a trovarli, i nostri poeti, al cimitero per realizzare un video sulla loro nuova dimora. Un video toccante, in cui scorrono le foto, le date di nascita e di morte, i nomi e i cognomi incisi sulle tombe, mentre Amelia Ressa, con la sua voce penetrante, declama soffi di poesie. Un’idea originale scaturita dall’amore per la città e per coloro che l’hanno esaltata.
Pescatore che ricuce la rete

Io, come De Florio, ho seguito anche le commedie, oltre alle poesie, di Diego Marturano (“’u Relògge d’a chiàzze” mi appassiona) e di altri, tanti altri, la cui memoria si è un tantino rinsecchita, soprattutto nei giovani, che vanno incalzati. Anni fa Nicola Mandese ebbe l’idea di far leggere in via D’Aquino, di fronte alla sua libreria storica, brani di Kafka. Perchè non ripetere l’iniziativa, aprendo i libri di De Cuia, Tebano, Caforio, Majorano…? Un invito a nozze per De Florio, che passa tanta parte del suo tempo a sbirciare, scrutare, contemplare, studiare, celebrare la città. E lo si vede anche attraverso le meravigliose foto che pubblica in “Foto Taranto com’era”, il gruppo che pilota su Facebook.
Antonio si nutre della città, la riscopre, catturando le sue meraviglie che a volte sorprendono. Nelle ore libere è un viandante, un pellegrino, un fotografo errante, un’anima in cerca della bellezza. E Taranto ne ha tanta. Come hanno scritto gli autori stranieri, che sono venuti su queste coste, in queste strade anche per essere affascinati dai tramonti accesi sul Castello Aragonese.
Petrosillo in teatro (archivio privato De Florio)
Decantiamo la bellezza del Mar Piccolo, ascoltiamo le voci dei pescatori e anche quelle dei nostri poeti, che quella bellezza hanno glorificato… “Chiù forte, cchiù puttende, baldanzose/ A stedda sove sblènne cchiù lucènde…”. Quanto ha amato Taranto, Alfredo Lucifero Petrosillo. Alla terza Sagra della poesia dialettale del ‘49 vinse il primo premio proprio con “’U travàgghie d’u mare”; mentre il secondo premio fu assegnato “ex aequo”a Diego Marturano e a Cataldo Acquaviva con “’U Relogge d’a chiazze” e “a Reggìne”. ”L’ore de le jaddine” di M. Basile ottenne una segnalazione. Il libro contiene una icastica xilografia di Claudio De Cuia ispirata a Petrosillo.
Il giorno in cui lo intervistai mi fece delle raccomandazioni: non ti curare mai delle critiche, perché molte contengono il seme dell’invidia; diffida di chi ti si dice amico con facilità; cerca di mantenere sempre la calma, perché la rabbia sprigiona faville che possono ritorcersi contro di te; continua ad essere serio e corretto nel tuo lavoro; non scrivere mai con la cartavetra. Grande Alfredo, con la sua voce tonante ti entrava nel cuore.

 

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