ALLA
CHETICHELLA A MILANO?
Le
credenze popolari non muoiono
mai.
Eppure, per Domenico Porzio,
fantasmi,
spettri e altri esseri quassù
non
hanno diritto di cittadinanza.
Nei commissariati, avamposti della polizia sul territorio, arrivano le richieste più assurde. “E’ scappato il mio pappagallo, si è piazzato su un albero di fronte alla mia casa e quittisce; se fate presto riuscite a riprenderlo”. “La polizia ha ben altri compiti; e se un volatile abbandona il trespolo ci penserà qualche altro. Comunque si rivolga al maresciallo”, le suggerì l’appuntato. Ma la donna, sui quaranta, snella, ben vestita, rimaneva inchiodata al mattone: “Se perdiamo altro tempo il mio Pasqualino prende altre strade; e chi lo trova più”. “Noi dobbiamo occuparci di quelli che violano il codice penale… “. “E allora venite ad acciuffare quel guardone che non mi lascia in pace: si affaccia alla finestra e tiene gli occhi sempre puntati verso la mia”. Fu la denuncia di un’altra signora qualche mese dopo. “E’, come potete capire, imbarazzante. Qualunque cosa io faccia, governi la cucina o sieda a tavola per pranzare, o mi spogli per mettermi a letto, lui è lì, con lo sguardo puntato verso di me. Liberatemi da quest’incubo”.
Capecelatro sulla scena |
Piccola. sottile, un cascame di bambagia per capelli, si sfogò con il vicequestore Edmondo Capecelatro, che nelle ore libere dal lavoro scriveva, e scrive, libri e testi teatrali (interessantissimi i volumi su Totò, su Edoardo De Filippo e “Storia di una città attraverso la sua cucina”) e recitava, come oggi, con il Teatro degli Oziosi. “Dovete arrestarlo, quel bastardo!”. Era il novembre del ’79. Pochi giorni prima c’era stata la strage di Moncucco, nel ristorante “La strega”, nel quartiere Ticinese, otto persone ammazzate, di cui sei, compresa la cuoca, perché testimoni del delitto del principale e della compagna. Il dottor Capecelatro, napoletano purosangue, allora trentenne, sempre pronto ad esaudire le richieste dei cittadini, chiese nome, cognome e indirizzo del soggetto. “Ma è un cane, so che si chiama Black, ma i cani non hanno un cognome!”. Nello stesso commissariato, un tale entrò con una valigia e con tono altezzoso domandò: “Quando sbocciano le rose?”. “Che io sappia a maggio”, rispose sorpreso il piantone. E quello, aprendo il bagaglio, obiettò: “Allora mi spieghi perché mai questa è spuntata a gennaio”. Il sottufficiale allargò le braccia e confessò candidamente la propria ignoranza. Ma l’altro pretendeva una spiegazione, perché per lui quello era un problema. “Voi non dovete indagare? E allora indaghi: qui c’è qualcosa che non mi torna”. “Saranno i capricci del tempo”. “Sì, diamo sempre la colpa ai cambiamenti climatici”. Episodi surreali. Una volta in un libro l’indimenticabile scrittore Domenico Porzio asserì che a Milano i fantasmi non hanno diritto di cittadinanza: “Nonostante la sua lunga storia e le sue radici celtiche, streghe, folletti e a maggior ragione diavoli e spiriti non abitano volentieri in questa città.
Capecelatrro dopo lo spettacolo |
Tradizioni e magie druidiche sopravvivono nei lontani circondari… I diavoli, i razionali milanesi li hanno tutti messi a vomitare l’acqua piovana tra le guglie del Duomo: per le strade, nelle botteghe davano fastidio…”. E La figura che alcuni secoli fa appariva di notte al Parco Sempione, adescava gli uomini di passaggio, li portava in una villetta vicina e alla fine del rapporto si sollevava il velo, rivelando un teschio al posto della faccia? Una credenza popolare. Allora erano diffuse parecchio e sturavano la fantasia. Il fantasma del parco, come era definito all’epoca questo essere lugubre, secondo la leggenda, operò per anni senza cambiare postazione. Leggende dunque.
Polizia al lavoro |
Eppure un poliziotto una mattina ascoltò pazientemente il racconto di una matrona che ogni notte riceveva la visita di un fantasma in abito e cappuccio bianco, che se ne stava dapprima immobile, poi si agitava, danzava, scivolava con le braccia allargate da un punto all’altro. “Al termine di queste esibizioni se ne va attraversando il muro sempre alla stessa ora, lasciandomi con l’impressione di volermi prendere in giro. Qualche volta si fa accompagnare da altri e tutti assumono movenze da pattinatori sul ghiaccio. Sono arrabbiatissima, perché m’impediscono di dormire e creano disordine non solo in camera. Ma non ho paura”. L’uomo in divisa restò muto; e lei, intuendo la sua incredulità: “Ha mai sentito parlare di creature soprannaturali? Come ha fatto a meritare i gradi? Queste presenze non affollano soltanto i film e i romanzi gotici”. Frequentavo spesso e volentieri il dottor Capecelatro. Lo avevo conosciuto da commissario nell’estate dell’84 al commissariato Scalo Romana (oggi trasformato in “pub” con l’insegna evocativa “La Madama” e fornisce panini con i nomi degli elementi più famosi della criminalità organizzata del passato più recente).
Un'operazione di Polizia |
Capecelatro ascolta la chitarra |
Dirigente il vicequestore Enzo Sciscio, un buontempone di Stornara, in provincia di Foggia, severo nell’applicare la legge e investigatore di grande fiuto, dotato di sottile ironia, con il suo vice costituiva una coppia di ferro. A quel tempo nella zona viveva un famoso spacciatore di eroina, che nella sua vita aveva attraversato quasi tutto il codice penale. Da giovane, colto su un tram a praticare un borseggio, con una mossa da Rocambole si liberò del mastino e si catapultò dal tram, che era appena arrivato alla fermata. Con Sciscio e Capecelatro non aveva vita facile. Nell’80 lo arrestarono alle 5 del mattino: era uscito dalla sua abitazione, pur essendo agli arresti domiciliari, e rientrando nel cortile fiutò la trappola, tentò di disfarsi di un pacchetto, che finì nelle mani di uno dei “detectives”. Una pellaccia, che ne combinava di tutti colori. Altro che ectoplasmi, fattucchiere, maghi… Edmondo Capecelatro oggi è in pensione e fa anche l’avvocato forse con nostalgia per la caccia ai malfattori e per queste stranezze che gli ronzavano nelle orecchie. Un pomeriggio davanti a una tazza di caffè frugò nella memoria e pescò altri episodi. “Fui avvicinato da una signora al bar, mentre conversando con amici bevevo una bibita. E quella, senza neppure presentarsi, scaricò una valanga di contumelie contro una sua coinquilina che stava nell’appartamento sopra il suo.
Un'operazione di Polizia |
“Vuole sapere che cosa fa? Versa la stricnina nel water, questa raggiunge il mio bagno e mi avvelena giorno dopo giorno”. Non aveva dubbi, e guai a contraddirla. “Quando le dissi che non potevo agire perchè mancavano le prove mi lanciò uno sguardo di fuoco, fece di scatto “dietrofront” e imboccò l’uscita sbraitando”. Insomma, a giudicare da questi fatti, sembra che il capoluogo lombardo fosse popolato di spettri e di persone con poteri straordinari. Le segnalazioni arrivavano anche al nostro giornale.
In una telefonata notturna, una vecchina dall’accento pugliese mischiato con il milanese mi rivelò di essere assediata dal “monaciello”, un folletto vestito da frate che, a dire degli adulti quando ero bambino, era insolente e molto molesto: durante la notte dava pizzicotti nelle parti molli alle ragazze, riempiendole di lividi e intrecciava loro le chiome. Non meno insopportabile di lui era l’”aurie”. La vecchietta mi spingeva indietro negli anni, all’epoca in cui in Puglia, in Basilicata… persino i puledri a detta dei nonni subivano queste angherie; e noi, ragazzini ingenui, stavamo a bocca aperta. Scherzando, risposi che forse il monaciello stava facendo una vacanza a Milano con l’intenzione di ritornare presto alla base, affrancandola dall’incubo; ma quella, alzando la voce: “Si è messo a cavalcioni sopra di me, mi ha tormentata con i pizzicotti e alla fine mi ha architettato i capelli alla Bo Derek”. Questo spiritello di cui si sono perse le tracce anche in gran parte del Sud doveva essere così informato della moda da ispirarsi a Mary Cathleen Collins, appunto l’attrice statunitense Bo Derek. Saltò la comunicazione: la mia interlocutrice notturna, che mi aveva chiamato altre volte non soltanto per storie di disturbatori del sonno, e si aspettava sicuramente più comprensione, si era irritata. Con mio dispiacere. Ectoplasmi, larve e folletti sono ancora fra noi? Spero proprio di no.
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