Roberto Trionfini |
I TRENINI ECCITANO
LA
NOSTRA FANTASIA
I
collezionisti sono sempre alla
ricerca
degli esemplari più ambiti.
Emozionante
vedere un convoglio
che
viaggia su un intreccio di binari
attraversando
un paesaggio creato
con
sapienza su un plastico multiplo
Franco Presicci
Il fermodellismo è quasi contemporaneo delle strade ferrate. Il primo a costruirne in Italia fu Ferdinando II: la Napoli-Portici, inaugurata il 29 settembre del 1839 e entrata in funzione il 4 ottobre.
Locomotiva a vapore |
Alla cerimonia parteciparono tutte le più alte autorità e registrò un solo inconveniente: la signora Cottrau, figlia del capo dipartimento del ministero dell’Interno Felice Cerillo, durante il viaggio di ritorno venne presa dai dolori del parto. Locomotori e carrozze, marmotte, scambi, segnali, binari … cominciarono ad essere costruiti subito dopo, ed esplose il collezionismo del settore. Che si è presto diffuso dappertutto, e in ogni strato scoiale. Nessun mezzo di locomozione ha avuto tanti seguaci. Il treno di per sé è affascinante; le stazioni affollate di viaggiatori o di gente che aspetta gli arrivi, pensiline, passaggi a livello, torri… danno sempre un’emozione. Una locomotiva a vapore, ormai parcheggiata definitivamente su un binario morto in uno scalo, desta ricordi lontani e se esposta in un museo riceve visite continue. I raccoglitori di trenini si riuniscono in associazioni bene organizzate, in cui danno e ricevono consigli.
Arienti a destra |
A dimostrazione di questa disponibilità a stare insieme, ecco Il Brogliaccio del compianto Vito Arienti, di Lissone, grande collezionista di tarocchi storici, di “press-papier”… con tipografia nello stesso centro, dove stampava vecchi esemplari che andavano anche in Giappone, elenca 38 sodalizi (affiliati alla Federazione Fermodellisti Italiani con sede nel Museo della Scienza e della Tecnica di Milano) nelle grandi e piccole località, tra cui Carpi e Ponteranica in provincia di Bergamo. Il Brogliaccio venne pubblicato tantissimi anni fa, forse nel ’70, e non è stato mai aggiornato, anche perché Arienti, persona precisa, attenta, scrupolosa, gentiluomo, oltre che generosa, anni dopo è deceduto. Ci sono stati anche capi di Stato che hanno avuto la passione dei trenini e dei plastici su cui farli correre attraverso paesaggi ben costruiti, addirittura fischiando, con l’intervento di un registratore molto piccolo. Un tale aveva collocato il suo plastico nel box al posto dell’auto, e ogni tanto accendeva la spina e lo vedeva in azione. Un altro aveva praticato dei “passaggi” sotto le pareti delle stanze, all’altezza dello zoccolo, per consentire ai suoi treni un percorso più lungo e tortuodo. Tutti, papà, nonni, nipoti, subiscono la “magia” dei treni, di quelli veri e di quelli in miniatura. Molti i plastici se li realizzano da soli, dal circuito semplice, una sola linea, con uno scambio; o con più linee con le locomotive che s’incrociano, viaggiano parallele, s’inseguono, s’imbucano in gallerie di argilla o di gesso; affrontano sopraelevate, ponti. Ci sono plastici a due o tre piani con strade alberate, effetti speciali. In qualche posto c’è un tracciato lungo decine di metri sul quale chiunque può collocare i propri convogli e metterli in movimento.
Trenini di Trionfini |
E’ sempre una gioia osservare questi modellini che circolano tra panorami allestiti sapientemente. Non soltanto quelli fabbricati dalla Lima o dalla Rivarossi o della Merklin, che nel 1920 mise in commercio un capolavoro subito ambito dai collezionisti: il vagone-letto curato in ogni minimo particolare. Anni fa ho conosciuto un fabbricante che in un paesino vicino Milano aveva un piccolo laboratorio in cui eseguiva locomotori francesi, inglesi, italiani… lunghi una trentina di centimetri e alte circa 15. Erano gioielli che purtroppo costavano parecchio, ma i clienti non gli mancavano. Ho avuto modo di visitare alcuni collezionisti di trenini. Un professionista aveva un intero appartamento abitato da oltre 40 mila soldatini di piombo di ogni provenienza; e ina slocale, in una grande teca, trenini di diverse dimensioni. Nel gennaio del 2008, incontrai Roberto Trionfini, che mi ricevette in una sala molto piccola con un tavolo, una credenza, un divano e tanti trenini parcheggiati in una vetrina e su mensole (altri conservati accuratamente in scatole sotto il letto per colpa dello spazio).
Locomotiva a vapore e vagoni |
Pensai subito ai treni della mia adolescenza e alla piattaforma girevole della stazione di Martina Franca, in parte ancora in vista e da anni in attesa di essere ripristinata come testimonianza storica: la sua funzione era quella di consentire ai convogli che provenivano da Taranto di rigirarsi e tornare indietro. Roberto Trionfini, che porta orgogliosamente un paio di baffi alla Francesco Giuseppe, 72 anni, alto e in carne, infilò i guanti, prese a uno a uno i suoi preziosi esemplari, li allineò sul tavolo e li descrisse. ”Perché i guanti?”. “Per evitare di lasciare impronte. Sono pezzi delicati e mi dispiace sporcarli. La collezione comprende modelli italiani, svizzeri, austriaci, e una motrice Reno della Virginia & Truckee, ricavata da una foto a corredo di un articolo sul Far West, pubblicata dalla rivista ‘Life’. Questo trenino l’ho eseguito negli anni Cinquanta in legno, alluminio e cartoncino”. Trionfini era tagliatore grafico in una tipografia e non avendo molti soldi a disposizione trovava difficoltà a nutrire la sua passione. Così cominciò a fare da sé con i mezzi a disposizione.
Minideposito ferroviario |
Una sua prima riproduzione elaborata nel 1989 in occasione dei 150 anni delle Ferrovie italiane: una Bayard del 1839 che correva sulla tratta Napoli-Granatello di Portici, anticipando di un anno la Milano-Monza, a cui seguì la Milano-Treviglio. Ci mostrò poi una locomotiva a vapore E 3/3 in servizio turistico sulla Val Morea; due che circolavano nella Repubblica Democratica Tedesca; una A 3/5 delle Ferrovie del Giura svizzero,” inaugurata prima che le stesse ferrovie diventassero federali”; e un gingillo della tranvia Milano-Luino. “Con l’età della pensione mi è balenata l’idea di realizzare locomotive in cartoncino nero: partendo da una fotografia dell’originale, effettuo il disegno delle varie parti e le assemblo rigorosamente in scala”. Non era dunque un collezionista. “Il mio è un hobby meraviglioso. Leggo molto sulla storia dei trasporti, sule caratteristiche di una motrice, sulle varie Compagnie ferroviarie…”. Lo seguivo con attenzione mentre parlava del rapido tedesco “Rheinpfeil” con cupola belvedere; del “Mistral”, che viaggiava tra Parigi e Lione; dell’automotrice diesel ALn 668 e del18.616, che partiva da Stanberg diretto a Monaco, attaccato al tender mediante un gancio corto che garantiva le distanze ridotte anche nelle curve.
Massimo Albertini |
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