GIORNI FA HA
CELEBRATO 90 ANNI
LA BARBIERIA DI
GALLERIA MAZZINIIl grande
radiocronista Nicolò Carosio,
conosciuto in tutto
il mondo, era tra
i frequentatori del
locale storico.
Ci andavano Tito Stagno
e Gino Bramieri,
tantissimi campioni
del calcio, “mister”
e personalità di
altre categorie. Salvatore
Seccia, uno dei due
titolari, ha imbarcato
sul naviglio il
figlio del socio, scomparso,
Gianfranco.
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Ingresso della barbieria
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Franco Presicci
Era un mito. Quando descriveva una partita di calcio era
esaltante, faceva teatro e i tifosi incollati alla radio attraverso
le sue parole immaginavano lo spettacolo che si svolgeva sul campo.
Quando il regime decise di epurare le parole straniere non fece
fatica a dire rete anziché “goal”, facendo lo stesso con tutte
le altre espressioni esterofile seminate nella terminologia
calcistica. Il grande radiocronista, Nicolò Carosio, baffetti neri
alla David Niven, era simpatico e spiritoso. A volte si sedeva a un
tavolo esterno del bar che si apriva quasi all’ingresso della
Galleria Mazzini, tra le piazze Duomo e Missori, e se gli andava,
sollecitava qualche passante a farsi radere da Salvatore Seccia e
Gianni Saccone, il cui salone da barba era proprio di fronte. Era uno
scherzo, anche perché i due tonsori non avevano bisogno di un
“supporter” pur se del livello di quel personaggio che mandava in
delirio gli appassionati della pedata. Ma sotto sotto faceva loro
piacere, perché Nicolò Carosio era Nicolò Carosio: un grande.
“Piacevole e buontempone, un colosso conosciuto in tutto il mondo”,
commenta oggi Salvatore Seccia, apulo di Margherita di Savoia, fisico
atletico, baffi alla Chevron e la battuta facile e garbata.
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Salvatore Seccia
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“Margherita di Savoia? Tu sei del paese delle saline, già presenti
e famose nel III secolo a. C.?” E giù i ricordi: il paese sii
chiamava “Saline di Barletta” e fu ribattezzato nel 1879 con il
nome attuale per rendere omaggio alla consorte di Umberto I, re
d’Italia, assassinato nel 1900 a Monza dall’anarchico Gaetano
Bresci. Margherita di Savoia si trova sulla sinistra del fiume
Ofanto, che incontriamo nelle liriche di Orazio, ed è vicino a
Canne, dove nel 216 si svolse la celebre battaglia vinta da Annibale
sui Romani durante la seconda guerra punica… Salvatore aggiungeva
particolari, citando anche il museo delle saline. Mi trattava da
amico, come faceva, e fa, con la maggior parte dei suoi clienti, che
quando vanno da lui per farsi radere, se hanno un cruccio se lo fanno
passare. Il direttore del
“Giorno”, Sandro Neri, giovane e di talento, colto e ottimo
pilota del quotidiano, ci va anche perché gli piace l’ambiente e
quando ha tempo osserva le vetrine con gli attrezzi del mestiere di
una volta: rasoi e lamette, e non solo, oggetti da collezione (c’è
chi ne possiede migliaia provenienti da diverse parti del mondo).
“Prego, si accomodi”, dice Salvatore, senza tante cerimonie, ma
con un sorriso comunicativo e poi slaccia la sua “verve” per
spronare il cliente alla conversazione. Intanto gli pota la testa o
gli modella la barba. Lo guardavo e ricordavo che in tempi
lontanissimi il barbitonsore faceva un doppio mestiere: oltre ad
usare pettine e forbici, estraeva i denti ed esercitava il salasso.
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Salvatore Seccia e il prefetto Colucci
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Ho conosciuto
Salvatore nel febbraio del 2008, grazie al prefetto Francesco
Colucci, che ha trascorso gran parte della sua carriera di poliziotto
alla questura di Milano (da questore è stato a Bergamo, a Lecce,
Genova). “Un giorno ti devo presentare un simpaticone mio amico,
che fa il barbiere in centro. Ti piacerà, perché, oltre ad avere un
carattere spassoso, ha tante storie da raccontare. Insegna anche in
una scuola della categoria”. Ci andai e Salvatore mi accolse con
una tale confidenza da farmi sentire come un suo compaesano a spasso
nelle vie del paese, arioso e suggestivo, che una volta si chiamava
“Saline di Barletta”. Fu ribattezzato nel 1879 con il nome
attuale per rendere omaggio alla consorte di Umberto I, re d’Italia,
assassinato nel 1900 a Monza dall’anarchico Gaetano Bresci.
Margherita di Savoia sorge sulla sinistra del fiume Ofanto, che
incontriamo nelle liriche di Orazio, ed è vicina a Canne, dove nel
216 prima della nascita di Cristo si svolse la celebre battaglia
vinta da Annibale contro i Romani durante la seconda guerra punica.
Salvatore mi indicò i suoi collaboratori, compresa la “manicure”,
seduta accanto a una specie di Alain Delon a cui curava le mani
affusolate come quelle di un pianista. Era appena uscito un tale che
mi sembrò Menelik II, imperatore d’Etiopia fino al 1909. Una parola tira
l’altra e mi venne in mente di parlare del festival dei baffi che
si faceva a Grottaglie, la città delle ceramiche, dove per due anni
vinse un milanese copia stampata di Giuseppe Verdi.
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Seccia
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Salvatore
ascoltava con apparente interesse, mentre elencavo i tipi di barba e
di baffi di quel festival: alla D’Artagnan, alla Sandokan, alla
Salvator Dalì; baffi a sciarpa, alla Cavour, alla Mangiafoco... E mi
soffermai su un’edizione in cui i partecipanti si ribellarono per
il fatto che la giuria, composta prevalentemente da donne, aveva
votato un greco di ottima presenza, ma dalla …vegetazione poco
apprezzabile. Aggiunsi che andai ancora a vedere, questa sfilata,
quando si era trasferita a Montemesola, località a pochi chilometri
da Taranto. “Ad averlo saputo ci sarei venuto anch’io. Si fa
ancora?”. ”Non lo so”. Allora prese a dirmi che il loro locale
(socio Gianni Sassone, attento e taciturno, oggi scomparso e
sostituito dal figlio Gianfranco) “è sempre stato il punto
d’incontro anche di gente dello sport.
Ed elencava: Ivanoe
Fraizzoli; Bruno Raschi, vicedirettore della ‘Gazzetta dello
Sport’, che seguiva i Giri d’Italia con il “patron” della
gara Vincenzo Torriani; Gianni Invernizzi, allenatore nerazzurro
quando fu liquidato Heriberto Herrera… Per inciso, il giorno prima
del famoso derby Milan-Inter del 70-71 s’incontrò da noi con Nereo
Rocco e qualche malalingua immaginò che i due ‘mister’ avessero
preparato la competizione nella nostra sala da barba…”. E ci
andavano, al tempo di quei ricordi Cesare Maldini, tanto schivo da
lesinare le parole anche quando gli si chiedevano notizie sulla
squadra”; Carlo Sangalli, ancora oggi presidente dell’Unione
Commercianti; Alessandro Viani, il noto allevatore di cavalli da
corsa (suo, Varenne, il campione del mondo); l’attore Cochi
Ponzoni; i Bindi, della famosa fabbrica di pasticceria; e un bouquet
di poliziotti: oltre a Colucci, Lucio Carluccio, che è stato
questore di Brescia; Achille Serra prima di andare a ricoprire
l’incarico di prefetto a Firenze e poi a Roma; il giocatore
dell’Inter de Marco, l’ex presidente dell’Eni Poli; primari
d’ospedale…
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Un tratto della Galleria dal salone
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Recentemente la
barbieria ha festeggiato i 90 anni: inaugurata nel 1929, fu da
Salvatore acquistata nell’80. “Sono arrivato a Milano nel ’65 e
mi sono subito trovato bene”, grazie anche al suo carattere
disinvolto, loquace e affabile. E’ un piacere tarsi tosare da lui.
Appena lo vidi pensai ai versi del “Barbiere di Siviglia: “Ah,
bravo, Figaro! Bravo, bravissimo/ fortunatissimo/ per carità/
Pronto a far tutto…”. Nelle barbierie
la parola “Ragazzo, spazzola” non viene più pronunciata e quindi
non c’è più lo sbarbatello addetto a questa funzione. Sono
cambiate tante cose, non solo nell’ambito dei barbitonsori.
Saranno
cambiati anche i tipi di barba che i professionisti devono
affrontare, a parte gli imitatori. Un po’ di storia? Ma sì, non
guasta mai. Tra i vecchi Greci i baffi si fecero largo nell’età
classica. Scipione l’Africano, secondo Plinio, nella quotidiana
rasatura preferiva i barbitonsori siculi. Ovunque era sgradita la
barba trascurata. Non erano pochi quelli che si adornavano il volto
facendosi crescere il pelo. E dire che la vanità è femmina.
Lo squillo del telefono impone una sosta. Poi Salvatore riprende il
suo discorso. “Ho tosato anche Tito Stagno”, il giornalista
televisivo che commentò insieme a Ruggero Orlando il primo sbarco
dell’uomo sulla Luna, la missione Apollo 11.
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Sullo sfondo Gianni Sassone
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E Gino Bramieri, il
grande comico nato a Milano da un falegname in una casa di ringhiera
di corso San Gottardo e si affermò nella rivista con Macario, le
sorelle Nava, Wanda Osiris”. E’ giusto che mi racconti la sua
bella avventura. “Quando la
gente si accorgeva che Bramieri era seduto sulla mia poltrona
girevole si fermava e l’aspettava per chiedergli una barzelletta.
Qui venne anche un giornalista a scattare delle foto che pubblicò su
una rivista americana. E sempre qui hanno girato uno spot per
promuovere delle calzature. “Mi dicono che hanno girato anche
film”. “Era il ’74 e girarono una scena del ‘Romanzo
popolare’ di Mario Monicelli, con Ugo Tognazzi e Ornella Muti”.
Durante le riprese c’era anche Beppe Viola, il compianto
giornalista, scrittore, telecronista stimato da tutti. Beppe Viola,
amico d’infanzia di Enzo Jannacci e molto apprezzato da Gianni
Brera, che alla sua morte, a 43 anni, gli dedicò un breve ritratto
alla sua maniera. Con Jannacci, Viola rivide in dialoghi in dialetto
del film, accolto con grande favore dal pubblico. Per Nicolò
Carosio Salvatore e Gianni erano “artisti associati”. Questa era
l’insegna che per lui doveva campeggiare all’esterno della
bottega, degnamente inserita tra i locali storici. “Diceva che
siete maghi del rasoio”, intervenne un “habituè”.
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La barbieria
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Salvatore si
schermì e rivolgendosi a Gianni esclamò: “Parla anche tu, non
stare sempre in silenzio”. E Gianni parlò con un sorriso. “Sarà stato un
colpo di fulmine a spingerti verso pettini e pennelli da barba”.
“Ma no. Avevo sei anni, al mio paese il salone da barba stava di
fronte a casa mia e il pomeriggio vi facevo il ’ragazzo-spazzola’.
A sedici anni, giunto a Milano, ho fatto pratica in via Fara e nel
’70 ho avvistato la Galleria Mazzini. Nel ’72 sulla barca è
salito Gianni “e avete cominciato una nuova navigazione”. Stavo
organizzando il campionato italiano parrucchieri uomo e donna al
Leonardo da Vinci”. Sbirciai
l’orologio: era già mezzogiorno. Il Figaro non mi lasciava andare.
Ha conservato alcune buone abitudini del Sud e non poteva permettere
che io scomparissi prima di aver fatto un salto con lui al bar di
fronte, molto elegante e ben frequentato, a bere un caffè o
qualunque altra cosa desiderassi. Gli dissi che non prendo bevande e
non assaporo dolciumi; e rispose che ero ridotto male, ma che avrei
potuto bere almeno un bicchier d’acqua in sua compagnia. Devo
lottare ogni volta anche con Francesco Colucci e con Lucio Carluccio.
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