RADUNO
DEGLI ALPINI A UDINE
UNA
MARCIA INTERMINABILE
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Guida all'adunata di Udine |
Sfilata
entusiasmante, sotto una
pioggia
insistente, che non ha
scoraggiato
le Penne Nere a
partecipare.
Tantissime città, da
Bergamo
a Milano, da Brescia a
Pavia
a Napoli, hanno risposto
all’appello,
con le fanfare che
facevano
da colonna sonora.
Franco
Presicci
“Vogliamoci bene”, “Mai
più guerre”. Sono alcuni degli striscioni apparsi durante la
grande sfilata degli Alpini a Udine, domenica 14 maggio. Sotto una
pioggerellina insistente, che però non ha scoraggiato le tantissime
sezioni (Alessandria, Como, Alba, Varese, Brescia, Bergamo, Aosta,
Milano, Valle d’Intelvi e tante altre) a partecipare, con apparati
specializzati, tra cui quello della Protezione Civile. Con loro, le
unità cinofili, non incuriosite né disorientate, abituate come sono
a quella moltitudine in marcia.
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Il libro di Claudio Spessotto |
Neppure la folla, fitta, ordinata,
attenta, silenziosa, assiepata lungo le transenne, coperta da una
fioritura di ombrelli policromi, ha disertato per colpa dell’acqua
che cadeva lentamente e silenziosa, come una benedizione. Molto
commovente, il raduno, anche per chi non appartiene a questo Corpo
pieno di eroi civili, tra l’altro sempre primi ad accorrere laddove
esplode una calamità, come terremoti e alluvioni. Una festa ricca
bandiere, stendardi, portati da giovani, adulti, vecchi, tra i quali
uno di 97 anni, un altro di oltre 100, che procedevano con il passo
cadenzato come gli altri “ragazzi”. Sfidano
il tempo, gli alpini. Gli anni passano senza sfiorarli. Sarà perché
sono abituati a marciare e magari a passare intere giornate all’aria
aperta tra cime e pianori. Certo è che amano stare in compagnia, una
bevuta di buon vino in osteria, fra canti improvvisati a gran voce. Ne
ho conosciuti, di alpini. Alla Stramilano, dove sgambettavano con la
penna nera sul cappello. Anche in quel fiume umano incontrai un
“vecio” di quasi novant’anni, che non avrebbe mai rinunciato -
proclamò – alla manifestazione dei 50 mila. L’alpino marcia con
gioia senza sentirsi padrone della strada, senza paura dei chilometri
da smaltire. E’ nobile, coraggioso, solidale, il cuore teso verso
gli altri.
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Controcopertina libro Spessotto
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Gli alpini sono una famiglia, ha ripetuto una delle voci
al microfono che regalava anche brevissimi cenni di storia delle
tante sezioni, che scorrevano come un fiume placido. Essere
alpino è orgoglio, onore, una medaglia sul petto. Il raduno una
grande occasione d’incontro, un appuntamento importante. Restare a
casa, mai! Come dimostrava a metà maggio la trasmissione di
“Antennatrè”, mentre qualcuno non si limitava a seguirla, ma
pensava anche agli scrittori con la penna nera, tra cui Giulio
Bedeschi e Mario Rigoni Stern, il primo, autore de “Il segreto
degli Alpini”, “Il Natale degli Alpini”, “Centomila gavette
di ghiaccio”, “Il peso dello zaino”; il secondo de “Il
segreto degli Alpini”, “Il sergente nella neve. Nuto Revelli,
ufficiale degli alpini in Russia, padre de “Il Mondo dei vinti”,
testimonianza di vita contadina, in un altro suo libro, “Mai tardi.
Diario di un alpino in Russia”, ha raccontato l’amara esperienza
degli alpini della Tridentina in quella parte del mondo. La storia e
le storie degli alpini sono affascinanti e coinvolgenti. Spicca anche
la figura di Leonardo Caprioli, presidente bergamasco
dell’Associazione nazionale Alpini dal ’69 all’84.
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Folcia all'opera
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Un
alpino di 80 anni, di nome Folcia, che abitava nelle case di piazza
Belloveso, a Niguarda (Miano), tutte le mattine alle 8 andava in
bicicletta al Parco Nord e trasformava in sculture i tronchi degli
alberi morti. Una di queste raffigurava realisticamente un busto di
alpino. E realizzandola con scalpello e martello chissà se mormorava
una delle famose canzoni: ”Di qua, di là del Piave/ ci sta
un’osteria/ Là c’è da bere e da mangiare/ e un buon letto da
riposar”; o l’altra: “Sul cappello, sul cappello che noi
portiamo/ C’è una lunga penna nera/ che a noi, a noi serve da
bandiera/ Su per monti, su per monti e guerreggiar/ Oilalà”. I
monti dipinti dal pittore Giovanni Segantini in tutta la loro
bellezza e anche nella loro pericolosità. Insomma
gli alpini hanno ispirato pagine e pagine e anche tavolozze di
pittori consacrati: gli alpini sono nel cuore di tutti, esempio di
fratellanza, coesione, amore per il prossimo. A volte hanno la faccia
scura, come tutti, ma il loro cuore palpita per la piacevolezza dello
stare insieme. E nella mattinata di quel sabato piovoso quel nastro
multicolore lungo quanto un’autostrada toccava anche gli
spettatori. Vederli avanzare con passo ritmico senza parapioggia,
forti nell’anima e nel corpo, era entusiasmante, esaltante. Anche
lo “speaker” in alcuni momenti appariva intenerito, quando
sassofoni, trombe, tamburi, clarini, colonna sonora della giornata,
suonavano passando davanti al palco delle autorità. Un evento
memorabile, con uomini solidi, tenaci, fedeli al loro credo, animati
da ardore e volontà ferrea, slancio, sensibilità.
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Alpini nella neve
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Li
abbiamo visti con le gambe affondate nella neve, con i fucili in
spalla sempre fiduciosi, all’insegna dell’amicizia, sempre l’uno
per l’altro, lieti nello scambio di generosità, dotati di
grandezza d’animo. Ho conosciuto alcuni di questi uomini ammirevoli
a Milano anche al “Fogolar Furlan”, allegri, discreti, schivi,
senza orpelli, senza retorica, senza spreco di parole: la parola per
loro non è una scatola vuota: va meditata, pesata, contenuta. Gli
“speaker” di quella mattina acquosa (erano cinque ad
avvicendarsi) ricordavano le vicende delle varie sezioni, facevano il
ritratto dell’alpino, esponevano le sue imprese edificanti, il suo
amore per il Paese in cui è nato, e non solo. Alpino
per sempre. Peter Disertori nel suo libro “Naja-l’ultima vacanza”
scrive: “Fare l’ufficiale degli alpini era stato sempre il mio
sogno nel cassetto e non mi sembrava vero, quel novembre 1974,
entrare in Val Pusterla fresco di nomina, con destinazione Brunico,
6° Reggimento Alpini…”. Commovente
la preghiera dell’alpino: “Su le nude rocce, sui perenni
ghiacciai, su ogni balzo delle Alpi ove la Provvidenza ci ha posto a
baluardo fedele delle nostre contrade, noi purificati dal dovere,
pericolosamente compiuto, eleviamo l’anima a Te, o Signore…”.
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Agenda Alpini
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La
vita quotidiana degli alpini non è fatta soltanto di marce. Fanno
escursioni in montagna di circa 10 ore, tra andata e ritorno, per
mantenere il fisico in forma e allenarlo per gli sforzi più duri. Pesco
tra i ricordi degli allievi della Scuola militare alpina del 40esimo
corso, nel ’65, ad Aosta: “La maggioranza delle marce si svolse,
armi e zaino in spalla, nella Valle del Gran San Bernardo verso le
Punte Chalinge e sul versante destro della Dora, verso Pila e il Lago
di Chamolè.
Precedentemente le vette toccate erano state più
impegnative”. Ma l’alpino non tradisce la fatica. Va avanti e
basta. Il libro descrive l’impegno di questi giovani gagliardi, tra
cui le prime arrampicate a corda doppia in sicurezza. La roccia è la
palestra dell’alpino. In queste pagine li vedi sorridenti, lontani
dalla paura di una scivolata. Partono in vagoni anteguerra sulle
rotaie e proseguono a piedi verso la mèta. Ancora un canto: “Cadorna
manda a dire/ che si trova là sul confine/ ha bisogno degli alpini/
per potersi avanzar…”. Tre
alpini tornavano dalla guerra, il più bello aveva un mazzo di rose
in mano, la figlia del re quei fiori li volle per sé: è l’inizio
di un altro canto. Gli alpini marciano tra canti e sudate. Allenati
per non cedere alla neve, al vento, alle insidie delle rocce e a
trascorrere “notti insonni “en plen air” per vegliare. Peter
Diserori, “Naja”: “Non userò il grado, ma te la farò pagare,
figliaccio”. “Comandi, mi ritengo bottigliato…”. “E gli
offrii una bottiglia di spumante…Bicego divenne, di lì a poco, un
degno compare di bisboccia…”.
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Il secondo a sinistra è Claudio Cimolino |
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Claudio Cimolino
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Ed
eccolo di fronte a me un alpino dal cuore d’oro, dalle frasi brevi
ed eloquenti: Claudio Cimolino, che ha superato da tempo gli anni
verdi. Onnipresente nei raduni (è stato anche a Napoli per quello
fatto per l’anniversario della nascita del Corpo, avvenuta il 10
ottobre nel 1872, fondatore Giuseppe Perrucchetti). Motto: “Di qui
non si passa”. Da buon friulano, Cimolino va subito all’essenziale.
“Essere alpino è un modo di vivere. L’alpino vive dei valori che
gli sono stati inculcati. Quei valori restano dentro”. “Quali
sono questi valori?”. “Il rispetto per il prossimo, la prontezza
nel dare aiuto agli altri… Abbiamo conosciuto gli Alpini negli
ultimi 30 anni attraverso la Protezione Civile, fondata dagli alpini,
dal ministro Zamberletti dopo il terremoto in Friuli del 1976. Una
devastazione, i vigili del Fuoco erano pochi, allora, per i soccorsi
si riunirono tutti gli abitanti. Il mio paese, Carpacco, a 15
chilometri da Gemona, fu coinvolto nel disastro, come Venzone,
rimasti come simbolo e modello di ricrescita.
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Il cappello alpino
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La notte i miei
compaesani ricevettero una telefonata, in cui si chiedeva aiuto,
salirono su un camion, lo riempirono di attrezzature e via a dare una
mano ai loro fratelli: ‘fradis’ in friulano”. Ancora:
“Il generale Francesco Paolo Figliuolo la sera di sabato era con
noi all’incontro fra le autorità e l’Associazione Nazionale
Alpini; e ha ricordato di essere il più anziano in servizio”.
Parla piano, sottovoce, Claudio. ”Era una tua vocazione varcare
quella soglia?”. “No. Nel ’64 fui chiamato per la leva; e
siccome la cartolina l’aveva ricevuta anche mio fratello, mia madre
mi pregò di fare qualcosa perché a partire non fossimo entrambi
contemporaneamente; al Distretto mi suggerirono di presentare la
domanda di ufficiale di complemento e il 15 luglio del ’65 entrai
nella Scuola Militare Alpini ad Aosta. Scuola vera e propria, dove
insegnavano le tecniche militari, ma impartivano anche lezioni di
vita”. Per lui fare l’alpino era quasi naturale, visto che i suoi
parenti erano o erano stati tutti alpini. In Friuli la tradizione è
ai massimi livelli”. E mi mostra il suo cappello da alpino, lo
indossa e io gli scatto una foto. “Per un alpino il cappello è
tutto. L’ho indossato anche alla Stramilano”.

N.d.D. : Al 92° Raduno degli Alpini che si è svolto a Milano nel 2019, ebbi modo di assistere con mia moglie Silvia alla sfilata lungo i corsi principali della città meneghina. Una invasione di Penne Nere, provenienti da tutta Italia. Una festa a cui la gente assisteva festosa sventolando bandierine e cantando cori tradizionali. Per noi è stata la prima volta che assistavamo ad un Raduno degli Alpini; tante le emozioni provate nel vedere la partecipazione di tanti "eroi", insieme a giovani e meno giovani, di anziani fisicamente provati, ma con il viso, sotto un cappello prestigioso, gioviale e patriottico. m.a.
Nella foto Bruno Basso del Gruppo Alpini di Cittiglio (Varese) - papà di Giacinto, anche lui Alpino e di Donato, collaboratore di "Minerva News" - nato il 10 gennaio 1938, deceduto a 81 anni, il 29 giugno 2021.
La Preghiera dell'Alpino
Su
le nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni balza delle Alpi ove la
provvidenza ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade, noi,
purificati dal dovere pericolosamente compiuto, eleviamo l'animo a Te, o
Signore, che proteggi le nostre mamme, le nostre spose, i nostri figli e
fratelli lontani, e ci aiuti ad essere degni delle glorie dei nostri
avi. Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi, salva noi, armati
come siamo di fede e di amore. Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici
della tormenta, dall'impeto della valanga, fa che il nostro piede posi
sicuro sulle creste vertiginose, su le diritte pareti, oltre i crepacci
insidiosi, rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra
Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana. E
Tu, Madre di Dio, candida più della neve, Tu che hai conosciuto e
raccolto ogni sofferenza e ogni sacrificio di tutti gli Alpini caduti,
tu che conosci e raccogli ogni anelito e ogni speranza di tutti gli
Alpini vivi ed in armi. Tu benedici e sorridi ai nostri Battaglioni e ai
nostri Gruppi. Così sia.