Non potrò più chiamare al telefono Michele Annese, come facevo per annunciargli l’argomento dell’articolo che mi accingevo a scrivere. Non posso più dirgli “sto per arrivare a Martina, aspettami a Crispiano”; e lui non potrà più sottoporsi alle mie tiritere sul lavoro di notte al giornale o sulle arditezze con l’aerostato, anche se era anche lui giornalista, corrispondente de “La Gazzetta del Mezzogiorno” e scrittore e appassionato delle masserie della sua terra e anima dell’Università del Tempo libero e del sapere, da lui fondata dopo essere uscito dalla Biblioteca e lasciato, per andare in pensione, la Comunità montana, di cui era Segretario Generale. Michele, fondatore e direttore di “Minerva news”, organizzatore di mille iniziative per la valorizzazione del territorio, sostenitore di tante altre che non lo avevano come autore, è stato chiamato per espletare altri compiti in un mondo di cui non si conosce niente. Lì, in alto, oltre la rotta di navigazione delle nuvole, laddove non partono messaggi, non si danno permessi per tornare sulla terra neppure momentaneamente, le porte sono sbarrate.
Silvia ha trovato la forza per telefonarmi e darmi la terribile notizia. E’ stata qualche secondo in silenzio, ma lo stesso squillo mi aveva gettato nell’angoscia, anche se da tempo ero in trepidazione. E si è aperto il canale che non so da dove porta le lacrime agli occhi. Ne ho versate tante. Ne sto versando mentre scrivo. Come dimenticare Michele? Come non volergli bene?
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Silvia e Michele
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La nostra amicizia nacque il giorno dei funerali a Noci di un altro grande amico, il questore Vito Plantone. Era il ‘92. “Vienimi a trovare a Crispano”, mi disse. “Voglio mostrarti la Biblioteca e farti conoscere le persone che lavorano con me”. Ci andai dopo un paio di mesi. E rimasi ammirato del lavoro che aveva fatto per renderla così ricca di volumi interessanti, così frequentata anche dagli adulti, anche da lavoratori. Della “C. Natale” aveva fatto una fucina, con corsi di ogni tipo. Vi invitava anche autori famosi, come Alberto Bevilacqua, e li faceva parlare davanti a centinaia di crispianesi, e non solo. Mi telefonava a Martina Franca: “Stasera che fai?”. “Mi gratto la testa”. “Te la gratti domani, stasera vieni da noi: abbiamo una sorpresa”. “Dimmela subito, se no mi viene l’ansia”. “Beh, c’è la sagra del peperoncino piccante, so che t’interessa”. “E come no. A stasera”. E insieme visitavamo gli “stand”, dialogavamo con il cestaio Antimo di Oria, che esponeva le sue opere, con Vito Santoro, grande fisarmonicista amico di entrambi e suo ammiratore, passeggiavamo, facevamo la mietitura di notizie, come i cibi sui quali i “fans” della spezie spargevano l’Habanero o chi lo aveva sostituiito nel… Guiness dei primati, applaudivamo Rocco Di Chiesa, medico erborista con negozio a Martina e presentatore per hobby… Tutti salutavano Michele: chi aveva un progetto da esporre, chi prometteva di andarlo a trovare, chi chiedeva un consiglio… Era un uomo popolare, non soltanto a Crispiano, anche a Martina, Mottola, a Gioia del Colle, dove aveva l’ufficio, e altrove.
Amava Crispiano, amava la sua gente, amava il suo lavoro. Quando uscì il suo voluminoso libro sulla Biblioteca, così ricco di notizie, di immagini, di ritagli di giornale, raccolti meticolosamente, per raccontare una storia, lo presentò nel suo paese, dove furono presenti tanti personaggi: l’onorevole Luciano Violante, Franco Punzi, presidente del Festival della Valle d’Itria, l’ex sindaco Scialpi (non so più chi altro, perché sto scrivendo veloce) e a Martina, dove in un’accogliente sala del municipio accorsero molte persone, interessate ed entusiaste. Le manifestazioni di Michele non andavano mai deserte. Se si svolgevano all’aperto si affollava tutto il corso che si avvia dalla chiesa della Madonna della Neve per arrivare fino alla vecchia Biblioteca, dove inizia la via per Martina. Una sera mi invitò alla masseria “Le Monache”, dove si festeggiava il gemellaggio con la Grecia. Mi sedetti ad un tavolo di fronte alla porta di ingresso di un enorme salone, forse già stalla, assieme all’ex segretario comunale Donato Plantone, fratello di Vito, Il titolare, un medico dell’ospedale Nord, mi fece visitare i vari locali della struttura, dettagliando il valore intrinseco di letti, comò e armadi e rimasi fermo a contemplare il grande camino, dove veniva cotta la carte da offrire agli ospiti.
Ricordo “le limme” (contenitori di terracotta decoranti all’interno, dove le donne una volta lavavano i panni) colmi di ciliege ferrovia e altri di mozzarelle; ricordo , il discorso di Michele, pacato, breve, efficace, e la gioia di tutti. Non se ne stava mai con le mani in mano. Sempre presente alle dotte conferenze di Silvia e di altri esperti all’Università del Sapere e del Tempo libero. Da Milano, attraverso il video, lo vedevo fare la spola fra il tavolo e l’ultima fila, mentre il figlio Gabriele, consigliere comunale, governava l’apparato elettronico. Ricordando e scrivendo mi si appanna la vista e lo immagino al di là della scrivania mentre mi regala una battuta di spirito.
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Michele Annese tiene una conferenza
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Michele ha seminato la cultura ovunque ce ne fosse bisogno. All’epoca della “sua” Biblioteca moltiplicava le iniziative: i libri nei condomini, i libri nelle vetrine dei negozi... Usciva un libro nuovo e la sua Biblioteca ce l’aveva già. Era il principe del libro. “Michele?” - mi disse un giorno un tale mentre a passo svelto andavo verso via Roma – se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Sai quanto ha fatto per Crispiano?, Ti voglio raccontare una storia. Tanti anni fa Michele aveva deciso di abbandonare Crispiano per andarsene al Nord, dove sicuramente avrebbe fatto una bella carriera in un giornale, in una casa editrice, dovunque. Un gruppo di concittadini si precipitò in stazione e lo tirò giù dal predellino. “Dove vai? Tu hai la Biblioteca da creare, se te ne vai ci lasci in braghe di tela. Chiedi, chiedi in giro, vedrai quante storie su Michele ti racconteranno”. Non avevo bisogno di girovagare per Crispiano, lo conoscevo bene, per me era un gigante. Non l’ho mai sentito vantarsi, nelle masserie entrava in punta di piedi, spesso lasciava parlare gli altri, la sua mano nelle manifestazioni altrui era evidente, ma lui sempre dietro il fondale del palcoscenico.
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Annese, De Lucretiis, Santoro
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L’amore per Silvia si intuiva da come ne pronunciava il nome; quello per i figli lo esprimeva con poche parole sulla loro attività: “Gianpaolo viene mandato dal “Resto del Carlino” per il quale lavora nella redazione di Modena, ogni anno, a New York in occasione della mostra sulla ceramica…” “Marzia fa l’architetto a Milano e Antonella la psicologa…”. E così per gli altri due. Camminava piano, parlava a voce bassa, mai una frecciata contro questi o contro quello, il pettegolezzo non era cosa sua. Per gli altri soltanto elogi.
Mi accompagnò alla visita al presepe vivente nelle grotte basiliane; al presepe confezionato con i biscotti scaduti dagli “Amici da sempre”, mi portò a vedere il primo vivaio di lumache di Liuzzi, m’invitò al convegno organizzato dallo stesso Liuzzi sulle monacelle. Grazie a lui mi sono arricchito di esperienze. Una sera, durante la passeggiata alla sagra d’u diavulìcchie asquande” una signora accennò a un libro scritto dal parroco della Chiesa di San Gabriele, mi vide interessato e senza dirmi niente mandò un collaboratore a procurarlo. Il libro parlava della Crispiano com’era, quindi di alberi della cuccagna, di tradizioni, di giochi… Pane per i miei denti.
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Michele e io
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Adesso? Un po’ di tempo fa ha affidato la rivista al genero Donato e ha chiesto a me di non abbandonarla. Piuttosto mi faccio segare le gambe, già malandate. Tu per me sei un mito, Michele. Uno di quegli uomini che lasciano tracce indelebili, che restano impressi nella memoria collettiva. Chissà se a Crispiano ti dedicheranno una strada o qualcuno scriverà delle pagine su di te, sulla tua storia, sulle tue imprese realizzate per tenere alta la cultura nel tuo paese, e non solo. Mi hai dato tante notizie, compresa quella di Alda Merini e Michele Pierri in una villa a Crispiano. Un giorno mi raccontasti dei tarantini che a Crispiano venivano a villeggiare o vi si rifugiavano durante la guerra per le bombe che cadevano sulla Bimare, del treno di Martina che si fermava a Nasisi. E adesso, dove si ferma il tuo treno, amico mio?
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