CON LA CHIUSURA DEL SACRARIO DI PARTIPILO C’E’, IN MOLTI, AMAREZZA
Esterno della Libreria Partipilo |
Da quando si è abbassata la saracinesca, chi passa per viale Tunisia al civico 4, dov’era la nota libreria, si ferma ricordando. La conoscevano tutti, non solo a Milano, quindi sono davvero tanti quelli che rimpiangono quel luogo, che vide affacciarsi Gianni Brera, Enzo Biagi, Carlo Castellaneta, l’architetto Empio Malara, Enzo Biagi, i grandi fotografi Fulvio Roiter e Mario De Biasi, oltre alla gente comune.
FRANCO PRESICCI
Mi capita ancora di prendere a Niguarda il tram numero 5 che va a Lambrate; e arrivando alla fermata di viale Tunisia-angolo corso Buenos Ayres non posso non puntare lo sguardo a quello che fu l’ingresso della Libreria Internazionale di Nicola Partipilo.
E quando il mezzo riprende la corsa non cala la malinconia che mi afferra ricordando la vita che si svolgeva in quel sacrario, l’atmosfera, la gente, le personalità, il lavoro febbrile per soddisfare le richieste; e le promesse di tempestività nel procurare un libro che mancava. Su due scaffali erano allineati i volumi su Milano realizzati dallo stesso libraio, che aveva voluto accostare all’attività del negozio quella di una casa editrice, la Celip. Gli argomenti, che Nicola sceglieva personalmente, riguardavano sempre il capoluogo e la Lombardia: le cascine, i cortili, le chiese, i monasteri, i castelli…, autori famosi: un orgoglio per l’editore, che aveva cominciato ad occuparsi di libri poco dopo essere arrivato da Bari a Milano.
Nicola Partipilo |
E quando il mezzo riprende la corsa non cala la malinconia che mi afferra ricordando la vita che si svolgeva in quel sacrario, l’atmosfera, la gente, le personalità, il lavoro febbrile per soddisfare le richieste; e le promesse di tempestività nel procurare un libro che mancava. Su due scaffali erano allineati i volumi su Milano realizzati dallo stesso libraio, che aveva voluto accostare all’attività del negozio quella di una casa editrice, la Celip. Gli argomenti, che Nicola sceglieva personalmente, riguardavano sempre il capoluogo e la Lombardia: le cascine, i cortili, le chiese, i monasteri, i castelli…, autori famosi: un orgoglio per l’editore, che aveva cominciato ad occuparsi di libri poco dopo essere arrivato da Bari a Milano.
Allora non sgambava tra un reparto e l’altro, ma percorreva la metropoli per consegnare i volumi a domicilio. Quando attraversava una via particolare, una piazza con una targa rilevante, uno slargo con un monumento, s’informava ed era felice se incontrava qualcuno disposto a soddisfare la sua curiosità. Così conosceva Milano e le sue strade, le sue preziosità.
Con il passare del tempo nacque in Nicola l’idea di pubblicare una serie di titoli, che ogni anno suscitavano l’interesse dei lettori e anche dei mezzi d’informazione. Quelle pagine venivano poi presentate in sedi prestigiose: alla Società del Giardino, in Sant’Ambrogio, a Palazzo Te a Mantova, a Palazzo Clerici... da relatori eccellenti, come Ferruccio De Bortoli, Empio Malara, Guido Lopez...
Era una fucina di idee, infaticabile. E amava il suo lavoro. In libreria avrebbe anche messo una branda da usare di notte. Io ci andavo volentieri, sapendo che vi potevo incontrare Enzo Biagi, Gianni Brera, Carlo Castellaneta, Alberto Lorenzi, che per lui ha scritto libri interessanti sui teatri, sulla vita milanese, sul Varietà”, Annibale Del Mare, corrispondente de “La Gazzetta del Mezzogiorno”; grandi fotografi, fra cui Fulvio Roiter e Mario De Biasi, che per “Epoca” aveva girato il mondo; Piero Orlandi, che coglieva la città dall’alto. Empio Malara, architetto con lunga militanza nella difesa dei navigli e anche lui autore di tante pagine per Partipilo, rilasciava interviste sui gioielli usciti da viale Tunisia. IL Comune ne acquistava un po’ di copie da donare ai visitatori di riguardo.
Interno della libreria |
Una sera rimanemmo soli, io e Nicola, seduti uno di fronte all’altro. E mi parlò della sua paura di dover chiudere la libreria. La concorrenza delle vendite on-line, i clienti che diminuivano, i costi che lievitavano. Non me la sentivo di dire una parola di consolazione, sapendo che non sarebbe servita a niente. Si era intristito, eppure mi propose un libro sui campanili. Ma non se ne fece niente. Mi ha però ispirato l’amore per quelle architetture allungate verso il cielo. E quando da Laino sento il palpito delle campane di Ramponio, il paese di fronte che si va svuotando, penso che quel libro avrei potuto scriverlo. Mi esalta la voce delle campane che arriva da quelle “torri”. Andando da Milano a Laino, ne incontro, di campanili; e li immortalerei attraverso il finestrino, se il clacson delle auto che mi seguono non ruggisse con rabbia.
Tramontata quella proposta, mi suggerì un altro tema: “I castelli”. “Guarda – gli risposi – Andrea Bosco è stato sempre disponibile, non ha mai evitato di riceverci nel suo studio di Ra3, è bravissimo, accetterebbe volentieri l’incarico, approfitta”. “Sei diventato pigro”. “No, mi piacerebbe impegnarmi in questo argomento; avrei tante cose da dire: lusso, balli, vendette, amori, tradimenti, duelli all’ultimo sangue, cerimonie solenni… aprire il computer per ricostruire quell’ambiente, per descrivere saloni, scale imperiali, merlature, torrioni, palizzate, ponti levatoi, dame, cavalieri, palafrenieri, mi piacerebbe, ma io ho già scritto i testi di due tuoi libri” e capitoli in altri. “D’accordo, telefona tu a Bosco”.
Chiamai Andrea il giorno dopo e accettò. E accettò Gian Carlo Botti, ottimo collega de “Il Giorno”, di entrare in Abbazie e Monasteri, per raccontare la vita dei monaci fra compiete e cori, nel silenzio e nel candore dei chiostri. Gian Carlo si soffermò anche sulla ricchezza delle opere d’arte di questi luoghi di preghiera e meditazione, che, sorti in secoli lontani, conservano “una continuità consacrata a Dio”. Oggi la gente imbocca strade a volte impervie che portano a un monastero, condividendo per qualche giorno la vita dei frati. Gian Carlo era – purtroppo non c’è più – un esperto di quei luoghi di raccoglimento e di rinascita.
Partipilo di fronte a Gianni Brera, a destra |
Chiamai Andrea il giorno dopo e accettò. E accettò Gian Carlo Botti, ottimo collega de “Il Giorno”, di entrare in Abbazie e Monasteri, per raccontare la vita dei monaci fra compiete e cori, nel silenzio e nel candore dei chiostri. Gian Carlo si soffermò anche sulla ricchezza delle opere d’arte di questi luoghi di preghiera e meditazione, che, sorti in secoli lontani, conservano “una continuità consacrata a Dio”. Oggi la gente imbocca strade a volte impervie che portano a un monastero, condividendo per qualche giorno la vita dei frati. Gian Carlo era – purtroppo non c’è più – un esperto di quei luoghi di raccoglimento e di rinascita.
Leggendo questi volumi, ho appreso tante cose di queste oasi di pace, di serenità. Nicola forse non riposava di notte per scegliere questi e tanti altri temi, per i quali selezionava personalmente le immagini, stabilendo le loro collocazioni nelle pagine.
Il mio rapporto con Nicola, tra l’altro un uomo buono e generoso, concreto, tenace, a volte moderatamente spiritoso, amante della buona cucina e tifoso del Bari, è stato sempre lineare, affettuoso, e continua ancora così. Quando mi chiama, lo sento giù di morale: la “botta” della chiusura della libreria non si è attenuata. Non gli dico che passando dal civico 4 di viale Tunisia (qualche numero più avanti nel dopoguerra aveva l’ufficio l’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini), spesso sento i commenti delle persone: “Qui c’era la libreria di Nicola Partipilo, persona saggia, libraio nato”. “Lo ricordo, basso, pelato, accento meridionale,…”. “Quasi non lo si vedeva tra le pile di libri”. Se cercavi un testo da lui lo trovavi; e, se non c’era, lo procurava in due giorni.
Partipilo e Enzo Biagi |
Si dice Milano con il cuore in mano. E’ vero. Milano accoglie e valorizza tutti quelli che hanno capacità e voglia di fare. Me lo disse Domenico Porzio quando andai a intervistarlo nella sede della Mondadori (non ancora a Segrate), dove svolgeva il compito di capo ufficio stampa e assistente del suo presidente, Arnoldo. Mi parlò a lungo di Mario Soldati, che gli telefonava anche da New York per raccontargli nei dettagli le novità. E poi anni dopo Porzio e Partipilo si incontrarono la sera in cui venne presentato uno dei primi libri della Celip, “Una Milano mai vista” e poi un altro, presente il grande attore Piero Mazzarella, la “star” del Teatro Gerolamo, oggi diretto da Piero Colaprico e ieri da Carletto Colombo. Alla serata parteciparono anche Giulio Nascimbeni, tra l’altro biografo di Montale e giornalista del “Corriere della Sera”, e Luciano Visintin, giornalista dello stesso quotidiano e autore di molti libri (uno sul Duomo) anche di poesie. Ricordo i cronisti e le telecamere che piombavano nella libreria di viale Tunisia tutte le volte che usciva un libro. Assiduo e diligente Paolo Nizzola, di Telereporter, che oggi si occupa delle storie e della storia di Bollate (se, per esempio, si ha bisogno di sapere un brano della vita dei banditi Giacomo Legorino e Giovanni Sgorlino, che tantissimi anni fa terrorizzarono il bosco della Merlata, lui è disponibile a dare ogni dettaglio).
Quanto successo raccolsero i grossi volumi “Natività e presepi”, “I Navigli”, “Milano, il volto della città perduta”, “Le terre delle cascine in Lombardia”, “Il Castello”, “I Navigli”, ”Milano, passeggiate nella città di Leonardo”, esposti tutti sugli scaffali e in vetrina.
Serata per Partipilo |
Da tempo Nicola rifletteva sul rischio della chiusura. Lo capivo quando mi accennava a una libreria che aveva abbassato la saracinesca. A me veniva l’ansia, anche perché un centro di cultura che cessa l’attività si porta con sé un pezzo di democrazia. I libri dovrebbero vivere in eterno, trasmessi da padre in figlio. La cultura è un bene, un patrimonio. La cultura ci aiuta a crescere, a consentire allo spirito di accumulare ricchezza. Darsi le arie per la cultura che si ha vuol dire aver nutrito la mente, ma non l’anima. Ancora oggi Nicola Partipilo mi manda come regalo qualche libro. Lo prende da quelli che gli sono rimasti in casa; o dall’altra libreria Partipilo in via Soderini, molto frequentata e condotta con solerzia dal figlio Andrea. L’altro figlio, Marco, ha scattato le fotografie, e che fotografie!, per uno dei libri più recenti della Celip.. Un sollievo per Nicola, che non ama trascorrere il tempo seduto su una panchina dei giardini a leggere il giornale. Non passa giorno che non pensi al civico 4 di viale Tunisina, dove ha lasciato il cuore.