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mercoledì 19 giugno 2024

Ricordo di un martinese combattivo

 GUIDO LE NOCI, UN GRANDE NELL’ARTE CONTEMPORANEA





Tenace e geniale, nel libretto rosso per il padre del nouveau realisme scrisse questa dedica: “I nemici di Restany sono i miei nemici”.

















FRANCO PRESICCI




Lo conobbi per caso, passando un giorno di maggio del ‘60 davanti a una saletta semiaperta di via Brera. Incuriosito da un oggetto impacchettato, (una branda) quasi accostato all’ingresso, mi fermai un po’ di più ad osservarlo. Venne verso di me un signore, mi sorrise e mi invitò ad entrare. “Guido Le Noci. E’ un’opera del bulgaro Christo Javaceff.
Le Noci e Christo Javaceff

Venga con me, le mostrerò l’attività di altri artisti”. Il nome dell’interlocutore improvvisato non mi era nuovo: me ne aveva parlato un collega che lo aveva incontrato ad una mostra. Ero da poco arrivato a Milano ed esploravo la città con interesse. Ero già stato in vicolo dei Lavandai e avevo conversato con i pittori Guido Bertuzzi, Sarik, Formenti, Cottino, la signora Radice, che aveva venduto per anni la lisciva alle donne inginocchiate sotto la tettoia a sciacquare i panni; il Carletto che per scherzo era stato nominato sindaco di quel budello che si raggiunge svicolando dall’alzaia Naviglio Grande.
Il giorno dell’incontro con Le Noci avevo deciso di andare a Brera, che era ancora il luogo in cui convergevano artisti “in fieri” o già consacrati, tra cui Giulio Confalonieri, critico e storico della musica fra i più autorevoli (e amico dei barboni. Si sedevano ai tavoli del Bar “Jamaica” e discutevano bevendo una bibita. Per un periodo ci andò anche Benito Mussolini, che allora dirigeva “Il Popolo d’Italia”.
Dunque Le Noci. Mi fece accomodare nella sua Galleria, l’“Apollinaire”, delineando un po’ la storia degli autori di una ventina di quadri appesi alle pareti. Parlammo di Martina, della splendida Valle d’Itria e di altro, quindi mi avviai verso via Fiori Chiari, dove scoprii lo studio del baritono Giuseppe Zecchillo.
Pierre Restany e il pittore Elio Santarella

Tornai altre volte a Brera e sempre andai a cercare il gallerista più famoso e apprezzato non soltanto nel capoluogo lombardo. Mietendo brani della sua gloriosa biografia. “Aprii a Como una Galleria, la “Borromini”, dove esposi nomi eccellenti”. Fu chiusa dal fascismo, a quanto pare, per antipatia verso l’arte contemporanea. Diventammo amici e mi presentò a Dino Buzzati, di cui avevo appena finito di leggere “Un amore”; e m’invitò con mia moglie a cena a casa sua.
Cominciai a scrivere di Guido sui giornali baresi “Settegiorni” di Papandrea, e “Bari Sport” di Gianni Nuzzo; e su “La Tribuna del Salento”, che usciva in via Ammirati a Lecce, sotto l’egida di Ennio Bonea. Un giorno Guido mi promise di presentarmi a Raffaele Carrieri, il poeta e critico d’arte tarantino che scriveva su “Il Corriere della Sera “ e su “Epoca”, e mi regalò i libri che aveva pubblicato fino a quel momento, compreso “Martina Franca” di Cesare Brandi. Qualche mese dopo mi affidarono una rubrica su “La Gazzetta di Mantova” e gli dedicai uno dei miei “Schizzi a macchina”. Ovunque mi offrissero spazio (“La Gazzetta di Reggio”), impegnavo la mia penna per Guido.
Quando organizzai una serata pugliese al Cida (Centro informazioni d’arte), di Nencini, titolare anche della Galleria Boccioni, chiesi a Guido di parteciparvi con qualche quadro da esporre e portò anche un documentario sulle tarantolate di Galatina, dello scultore Paradiso (se non ricordo male). Presenti alla manifestazione, anche Domenico Porzio, che parlò di una sua recente visita a Taranto; e Vincenzo Buonassisi. notevole critico gastronomico, Chechele Jacubino, titolare del ristorante “La porta Rossa “ di via Vittor Pisani, in vacanza nella sua Apricena, avuto notizia della “festa”, prese subito il treno per Milano e venne ad offrire a circa 400 invitati specialità pugliesi. E lì nacque l’idea del Premio Milano di Giornalismo, sovvenzionato dallo stesso stesso Chechele, che lo ospitava con abbondanza di orecchiette e altre delizie di casa nostra, presidente il pittore albanese Ibrahim Kodra, definito il re di Brera.
Le Noci e Fontana

Non mancavo mai alle inaugurazioni delle mostre di questo martinese geniale, famoso e stimato in tutta l’Europa. Dopo qualche tempo dalla sua morte, il salone Montanelli del Circolo della Stampa accolse una cerimonia in suo onore, oratori un altro martinese illustre, Francesco Lenoci, docente all’Università Cattolica di Milano; Elio Santarella, pittore tarantino che allestiva tutte le esposizioni per il Comune alla Rotonda della Besana e in corso Vittorio Emanuele, e il sottoscritto. C’erano anche la moglie e la figlia, Marina, di professione psichiatra, che in seguito mi confidò che Guido voleva affidare la continuità dell’”Apollinaire” proprio a lei, che invece aveva in mente di seguire un’altra strada. Lenoci, il conferenziere itinerante, di Martina Franca, fece una sintesi efficace del percorso di Guido, che “fu un protagonista eccellente della vita culturale milanese, tanto da essere considerato tra quelli che hanno contribuito a fare grande la metropoli lombarda, ricevendo fra l’altro l’Ambrogino d’oro”. Francesco aggiunse dettagli sull’inaugurazione della galleria”, avvenuta il 17 dicembre del ‘54, e sulla mostra di Fautrier allestita nel suo spazio: la prima in Italia.
Le Noci dunque fu una stella nel firmamento dell’arte contemporanea. Quando l’”Apollinaire” spense definitivamente le luci, Dino Buzzati pubblicò un necrologio su “Il Corriere d’Informazione”, che usciva il pomeriggio in via Solferino. Questo a dimostrazione dell’importanza del sacrario e della stima che Le Noci, uomo tenace, schietto, volitivo, generoso, battagliero, grande mercante d’arte, raccoglieva non soltanto a Milano e in Lombardia. “Papà era tenace, intelligente, combattivo, disponibile e generoso, ma anche complesso e conflittuale”…
Elio Greco e Guido Le Noci

”Quando andò a Parigi incontrò il critico Pierre Restany, padre e sostenitore dell’Art Nouveau, e ne divenne amico; nel ‘69 gli dedicò ”Le livre rouge de la Revolution picturale par Pierre Restany“. La Galleria propose i pittori più famosi, da Russolo a Sassu, da Modigliani a Savinio, da De Chirico a Soldati. Le Noci e Restany seguivano con molta attenzione i movimenti e gli artisti internazionali più significativi ed affermati, come Fontana, Yves Klein… e il pubblico, oltre ai critici, affollavano le sue esposizioni. Promotore di molti progetti, nel ‘70 mise in cantiere le celebrazioni del decimo anniversario della fondazione del Nouveau Realisme, iniziate con un’esposizione storica alla Rotonda della Besana, l’accensione della scultura di fuoco di Klein, seguita da “performance” in vari punti della città. Christo Javaceff, che tra l’altro aveva imballato la fontana di piazza del Mercato a Spoleto, un pezzo della valle delle Montagne Rocciose in California… impaccò la statua di Leonardo in piazza della Scala e quella del “re galantuomo” in piazza Duomo”; e mentre si preparava a mettere la camicia alla Cattedrale, fu bersagliato dalle polemiche e costretto a rinunciare.
Grande successo riportava l’attività del grande martinese, che, figlio di un valentissimo scalpellino della Valle d’Itria, fu uno dei nomi più rispettati e rilevanti nel settore dell’arte del dopoguerra. Accolse, sostenne e diffuse in Italia e in Europa le correnti d’avanguardia anche le più estreme, allestì mostre memorabili, come quella di Dorazio, Peter Bruning, Hans Hartung, Fontana, Licini, Mimmo Rotella e quella del ‘66 dello scultore Jean Fautrier. Fu scopritore di talenti, favorì la risurrezione di artisti dimenticati. E oggi chi passa davanti a quel civico 4 diretto all’Accademia di Brera, non può non ricordare la Galleria “Apollinaire” e magari fare un cenno di saluto, perché quel luogo, anche se ha mutato faccia, è sacro. Così mi disse un giorno Ibrahim Kodra, che conosceva bene Milano e i suoi luoghi passati alla storia. Quanti sono invece quelli che nel serbatoio della memoria custodiscono la figura di Guido Le Noci, che, nato nel 1904, ben presto avvertì l’inclinazione e la convinzione di poterla realizzare prendendo il treno per Milano, che allora era molto diversa da quella di adesso. Uscito dalla Galleria delle Carrozze, si trovò forse un po’ spaesato sull’ampio piazzale su cui dominano l’Hotel Gallia e il Grattacielo Pirelli. Sapeva che doveva tirarsi su le maniche. E lo fece fino ad assumere la segreteria generale del Premio Lissone, aspirazione di molti artisti di tutto il mondo.
Abbascià e Nico Blasi

Le Noci conosceva l’arte di avvicinarsi alle persone e non trovò difficoltà a stabilire rapporto con Guido Tallone, il pittore che aveva stretto amicizia con Ernest Hemingway ed Ezra Pound; Oronzo Celiberti, appassionato di filosofia che gli presentò i comaschi Terragni, Figini, Pollini e altri. Conobbe De Chirico, De Pisis, Savinio, presentatogli dall’amico Raffaele Carrieri. E’ lungo l’elenco delle personalità inserite nella cerchia delle sue amicizie, compresa quella con Paolo Grassi, il mito.
Il 2 luglio dell’83 questo grande mercante d’arte, raffinato editore, fucina di idee, si spense. E fu grande il cordoglio di chi l’aveva conosciuto e frequentato. Grande Guido. Non fece in tempo a concretizzare l’idea di creare un premio “Apollinaire sud”, riservato alla Puglia. Ne aveva parlato anche con Elio Greco, presidente della Fondazione “Nuove Proposte” di Martina Franca, terra benedetta, adorata, desiderata per le sue bellezze. Ad agosto parlai di lui a Martina con Nico Blasi, che conosce molto bene la storia di Guido Le Noci, anche i particolari meno conosciuti.

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