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mercoledì 16 ottobre 2024

Una bella iniziativa alla questura di Lodi


DA ALCUNE LASTRE TRASFORMATE IN FOTO SCENE DELLA CRIMINALITA’ DI UNA VOLTA




La questura di Lodi

In una mostra allestita in un salone anche la strage di largo Tel Aviv nel settembre del ‘67 a Milano. Il questore Pio Russo ha illustrato la rassegna e il lavoro della polizia scientifica dalla sua nascita ad oggi. Intervento di Annamaria Di Giulio, dirigente del Gabinetto regionale polizia scientifica. Dialogo con il capo della Mobile Alessandro Battista.




FRANCO PRESICCI





”A Milano siamo arrivati alla guerra delle “gang”, alle annaffiate di piombo, agli assassini che colpiscono a pagamento. L’inchiesta sulla feroce sparatoria di largo Tel Aviv, dove... un parrucchiere è rimasto ucciso e tre suoi amici feriti, ha già accertato il movente. Tre gangster, nel senso più vero della parola, tre pedine della malavita organizzata, che si arricchiscono esercitando un controllo illegale su attività altrettanto illecite, sono stati mandati a uccidere un avversario che aveva tentato di inserirsi di prepotenza nel lucroso ‘giro’ delle bische clandestine”. Così scriveva Patrizio Fusar sul quotidiano “Il Giorno” il 13 settembre del ‘67, qualche giorno dopo la sparatoria, inizialmente prevista in via Pattari. Un episodio eclatante che suscitò sdegno nei cittadini del capoluogo lombardo, preoccupati per quella scena da Chicago anni Venti.
Il questore di Lodi Pio Russo

L’occasione per rispolverare quel fatto è data da un’interessantissima mostra fotografica allestita in un salone dell’Istituto Bassi, di fianco alla questura di Lodi, dove sulle pareti sono allineate immagini sugli avvenimenti che a Milano hanno suscitato spesso scalpore e paura. Non soltanto per i conflitti a fuoco a causa delle bische clandestine che con il tempo in città andarono aumentando al chiuso e all’aperto, difese armi alla mano, come accadde nel ‘71 alla “belanda” in corso Sempione, ma anche per regolamenti di conti nelle vie e nelle piazze, nei locali pubblici e in altre bische.
La rassegna di Lodi (prima foto appumto su largo Tel Aviv), è stata inaugurata sabato 5 ottobre alle 11 con la proiezione di un filmato sulla scoperta di alcune lastre utilizzate dalla polizia scientifica negli anni ‘70 nella Milano della malavita e su un tratto di storia della stessa sezione sin dai tempi della sua nascita. Quindi ha preso la parola il questore Pio Russo, che tra l’altro ha messo in evidenza il lavoro eseguito dalla stessa polizia scientifica nel trasformare le lastre in foto con tecniche moderne. Dopo un intervento breve e significativo di Annamaria Di Giulio, dirigente regionale della polizia scientifica, Alberto Prina, ideatore e responsabile del Festival della fotografia etica, nel quale l’iniziativa della questura è inserita, ha illustrato in pochi tratti la sua creatura.
Il salone della cerimonia

Osservando ogni immagine, compresa quella della strage di piazza Fontana nel dicembre del ‘69, si ha l’impressione di rivivere quei momenti tragici, che con tutti quei morti provocati da una bomba collocata nella Banca Nazionale dell’Agricoltura sparsero terrore e indignazione. Quelle foto non si fermano dunque a largo Tel Aviv, iscritto negli annali degli scossoni che hanno lasciato sbigottita Milano: evocano altri fatti, altre scene, come la morte di uno sconosciuto, su cui si dovette indagare a lungo, e l’assassinio di una prostituta, che non è stato il solo: ad essere uccisa,, nel gennaio del ‘53, fu anche Mary Pirimpo, una bella ragazza del Sud venuta a Milano con la famiglia per trovare un posto di lavoro. Dopo di lei altre donne vennero massacrate sui marciapiedi lottizzati dagli sfruttatori.
Dopo l’intervento del questore, breve, efficace, sostanzioso, è stata data la parola ad un cronista, che ne ha approfittato per aprire diverse pagine della malandra nella terra di Carlo Porta: la rapina di via Osoppo, il 27 febbraio 1958, quando le tute blu assaltarono un furgone portavalori; la banda Cavallero, che dopo aver rapinato alle 15.15 l’agenzia del Banco di Napoli di largo Zandonai e rastrellato 12 milioni, fuggì a bordo di una 1100 blu. Arrivarono molte auto della polizia; il mresciallo Ferdinando Oscuri, volò anche lui sul posto, mentre i banditi cercavano una via di fuga, sparando all’impazzata con i mitra. “Spara, spara” urlava Cavallero al più giovane della banda, 17 anni e mezzo. Cavallero era deciso a trovare un varco e lo cercava a colpi di mitra. La polizia afferrò un complice, poi un altro.
Presicci, il questore Russo e la dottoressa Di Giulio


Una giornata da mezzogiorno di fuoco. Il capobanda riuscì ad eclissarsi, ma venne scoperto in uno scalo ferroviario deserto e arrestato. All’ergastolo trovò la fede, ne scriveva nel giornale confezionato con altri detenuti.
La mattinata di Lodi si è svolta alla presenza di tanti poliziotti non solo della città, agenti e dirigenti; e con l’uniforme anche Annamaria Di Giulio e il vicecommissario Attilio D’Agostino.
Quindici le foto. Il vicequestore Alessandro Battista, capo della Squadra Mobile di Lodi, ha informato il cronista su ogni particolare. “Le lastre sono state scoperte nell’archivio della polizia scientifica e trattate da specialisti molto esperti”. Battista è persona squisita, disponibile. Lui e il questore, a sua volta gentile e ospitale, hanno accompagnato il giornalista nella visita. Fuori c’era il sole, l’ambiente silenzioso. Battista ha risposto a tante domande, soddisfacendo ogni curiosità sulla rassegna, voluta e incoraggiata dal questore.
Il questore Russo e il commissario D'Agostino

L’esposizione finisce qui o avrà un seguito l’anno venturo, coinvolgendo magari anche il pubblico? Le forze dell’ordine sono una fortezza contro il crimine organizzato e sarebbe bello andare verso la gente, ricordando la brutalità di tanti criminali, dimostrata per esempio con l’uccisione dii tre malavitosi in un campo di granturco di via Selvanesco nell’aprile dell’80 e l’eliminazione di una coppia nei pressi dell’Innocenti, nello stesso anno. Episodi che Alessandro Battista conosce, come è informato sulle tante fughe dal carcere di quella specie di Vidoq di casa nostra, che per anni ha fatto parlare di sé, ispirando anche un film.
Il questore Russo e la dottoressa Annamaria di Giulio

Da molti anni l’ex “cane da tartufo” non entrava in una questura. A Milano la frequentò per anni. Lì aveva lavorato Mario Nardone, “il mito”, il gatto”, tale per il suo fiuto quasi infallibile; e lavoravano il maresciallo Ferdinando Oscuri, che risolse un delitto in tre ore anche trattando paternamente l’assassino, un giovane di sedici anni; Vito Plantone, “il re delle notti milanesi” e grande investigatore; Mario Jovine, che investigò sul colpo dei marsigliesi all’oreficeria Colombo in via Montenapoleone il 15 aprile ‘64, bottino 350 milioni; Antonio Pagnozzi, che consigliava alle famiglie dei rapiti di fingere scioperi nelle fabbriche per accorciare l’ammontare del riscatto; Enzo Caracciolo, che andò in pensione con lo scrupolo di non aver risolto il delitto di Simonetta Ferrero all’Università Cattolica, avvenuto il 24 luglio ‘71; il maresciallo Nino Giannattasio, che interrogò più volte Joe Adonis senza riuscire a fargli aprire bocca... Questi poliziotti furono pilastri di via Fatebenefratelli. Oggi non ci sono più, ma è rimasto il loro ricordo. Almeno nei colleghi anziani. Un cenno era dovuto a Paolo Scrofani, che, intervenuto per placare un folle mentre era fuori servizio, ci rimise la vita. Il cronista a Lodi, ha rivisto dopo una vita, con gioia, volti noti.
Presicci e la moglie con il capo della Mobile Battista
Al termine, sosta prolungata di fronte alla questura e ancora ricordi. Le parole a volte sono come le ciliege: ne cogli una e ne cade un’altra; se sono in coppia le appendi alle orecchie. Se l’argomento attira l’attenzione il discorso diventa un fiume in piena. Parlando con il vicecommissario Attilio D’Agostino, ho espresso il desiderio che la manifestazione del 5 ottobre abbia lunga vita. I protagonisti sono persone entusiaste e preparate e sono convinto che scopriranno altri “flash” sulla criminalità di un tempo, diversa da quella di oggi. La differenza me la illustrò a Catanzaro il questore Vito Plantone in un’intervista. Una sera con alcuni colleghi e rispettive mogli andarono in un ristorante del centro di Milano, dove a un tavolo erano seduti quattro o cinque capibanda. Alla vista dei poliziotti, passati cinque o sei minuti, si alzarono e uscirono. Poco dopo un giovane si presentò ai poliziotti con un grosso mazzo di rose rosse per le signore. “Noi restituimmo al mittente. Dunque ieri la malandra aveva rispetto per le forze dell’ordine, oggi spara anche contro di loro”.

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