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mercoledì 29 ottobre 2025

Il professor Francesco Lenoci

CONFERENZIERE ITINERANTE NATO IN UNA CITTA’ LUMINOSA

 

 



Francesco Lenoci
Economia, moda, ceramica, figure di grandissimo livello... sono i suoi temi parlando in ogni angolo del Paese. E’ nato a Martina Franca, dove ritorna sempre con amore.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FRANCO PRESICCI

 

Francesco Lenoci, docente di economia all’Università Cattolica del “Sacro Cuore” di Milano, Lenoci è il presidente del Premio Donato Menichella dalla Fondazione “Nuove Proposte” di Martina Franca, istituita dall’avvocato Elio Greco. Uno dei tanti incarichi prestigiosi che negli anni sono stati assegnati a questo grande messaggero di cultura.

Lenoci e Piero Colaprico
 Non si contano i chilometri che ha fatto, andando da una parte all’altra dell’Italia, questo martinese colto e dinamico, autore di testi di economia prestigiosi scritti anche a quattro mani, tutti interessantissimi. Li ha presentati a Taranto, a Milano, in Valle d’Itria e altrove. In Abruzzo è stato decine di volte anche per incontrate il giornalista e scrittore Goffreddo Palmerini, che a sua volta continua a fare il giro del mondo per raccogliere e raccontare nei suoi libri le storie degli abruzzesi emigrati.
A Milano, dove vive e lavora, Lenoci ha parlato in istituti di credito, associazioni e in altre sedi, su temi rilevanti di moda, ceramica, mentre ad Altamura e a Laterza di pane: Ha presentato libri di vari autori nel mercato di Porta Romana, caro a Giorgio Gaber, editi da un giovane editore di Locorotondo, che svolge tante attività, compresa quella del barbiere e del libraio. Al Rotary Club di Merate, al termine di un suo discorso alla presenza di intellettuali e imprenditori, ebbe commenti entusiastici da parte di tutti i presenti: “Questo docente affascina ed informa con chiarezza”.
Non gli ho mai chiesto dove attinga tutta questa energia, che impiega con gioia, come lui stesso dice. E’ certo che ormai lo conoscono dappertutto. Durante le scorse vacanze, al Frantoio Ipogeo Rosso, bellissimo locale fornito di neviera, nella città dei trulli e del bel canto, ha illustrato uno splendido libro di immagini, “Puglia nel cuore”, di Enzo Rocca, già vice-direttore generale di una banca e fotografo itinerante, che ha ripreso con maestria paesaggi, persone, botteghe, carretti, folle al mare…. Sfogliandolo, si ammirano angoli meravigliosi della Puglia, da Putignano, il paese del carnevale, a Polignano a mare, la culla di Domenico Modugno, a cui hanno eretto un monumento che lo raffigura con le braccia aperte come se cantasse “Nel blu dipinto di blu”.
Lenoci e il notaio Alfredo Aquaro
Rocca ha puntato il suo magico obiettivo anche sul Mar Piccolo di Taranto, con i tramonti e le lampare, le trecce di cozze ammonticchiate sulle barche e pronte per il mercato e i pescatori che Saverio Nasole in una delle sue belle canzoni si chiedeva se fossero “cuzzarùle” o “sciardenìere”, perché da un “giardino” (“ind’o mare peccerìdde”) provengono queste delizie. Parlando di queste pagine patinate, Lenoci si è soffermato su quasi tutte le foto, citando diversi poeti proprio perché molte di queste immagini hanno il sapore della poesia.
Le ho guardate più volte, soprattutto quelle sulla città del ponte girevole, del monumento ai Caduti di Francesco Paolo Como e del Castello Aragonse.
Lenoci ha toni passionali, soprattutto quando parla di alcuni argomenti. Quando al mercato di Porta Romana ha presentato un’autrice di vent’anni ha pensato a Gaber e ha avuto un tremolio nella voce: ascolta spesso le sue canzoni. E ascolta quelle di Modugno.
Ha studiato a Siena e coltivato una materia per me e per molti altri impenetrabile; si è nutrito dei palpiti di Petrarca, Ungaretti, Quasimodo e Carrieri. I suoi discorsi incantano, tengono viva l’attenzione, coinvolgono il pubblico. Nel Castello Aragonese affrontò il tema della ceramica, accennando ai fischietti in terracotta, al gallo in particolare, scolpito da esimi artisti, come Moccia di Rutigliano, Vestita di Grottaglie… Si è nutrito degli insegnamenti di don Tonino Bello e non perde occasione per parlarne.
Dino Abbascià con un bimbo nero
Sbircia e approfondisce, legge e studia, verifica ogni pregio, ogni attività, s’introduce nei laboratori, osserva il lavoro e tesse le sue conferenze. Ero in mezzo a un pubblico folto su un terrazzino di Grottaglie con un suo estimatore, il dottor Gerardo Giacobelli, quando raccontò la storia di una famiglia di ceramisti famosi, soffermandosi sulla prodigiosa figura del capostipite. Riscosse una valanga di applausi. In prima fila, la mamma aveva le mani sulla borsetta, ma la sua commozione, l’amore per quel figlio erano in un sorriso tenue e negli occhi umidi.
Francesco è stato vice-presidente dell’Associazione regionale pugliesi, a Milano, quando a guidarlo c’era Dino Abbascià, che da garzone di fruttivendolo creò un impero della frutta in Lombardia. Dino aveva molta stima di Lenoci e Lenoci ricambiava la stima e l’affetto. Abbascià veniva da Bisceglie, approdò a Milano quando aveva 13 anni, ricco di volontà di lavoro e di intelligenza. Di fronte all’ospedale Fatebenefratelli apri il salotto della frutta dopo altri punti vendita; in Kenia fabbricò una scuola. Nella sua città di origine gli hanno dedicato una scuola e l’ortomercato. Era un uomo dal cuore grande. Dell’Airp ha fatto un grattacielo, nonostante la piccola sede, allora in via Pietro Calvi.
Lenoci ha un ricordo inestinguibile di questo imprenditore illuminato, di questo uomo disposto a dare senza ricevere, fedele al motto “dona con tacer pudico che accetto il don ti fa”.
Lenoci in un tipico ristorante di Martina

Una sera Abbascià in vacanza a Bisceglie venne a Martina per visitare la basilica; un’altra volta per partecipare a una festa nella campagna di uno chef multistellato. Antonio Marangi, che cucinò per Kissinger e per altre personalità di fama mondiale.
Questi martinesi si distinguono ovunque. A Milano hanno posizioni prestigiose, chi in banca, chi nel giornalismo, chi nell’arte, chi nell’imprenditoria. Anche in passato. Un nome? Guido Le Noci, gallerista a livello europeo, amico di Fontana, Buzzati, Pierre Restany, Raffaele Carrieri, Paolo Grassi, che amava Martina e ci veniva. Francesco Lenoci è orgoglioso di essere martinese. Non ci mette molto a mettersi in viaggio per planare nella sua città. Se lo invitano a impugnare il microfono non si nega e miete consensi. Il microfono è il suo scettro. Obbedisce sempre al richiamo della sua terra, ricca di gemme: viti, ulivi, querce disseminati sulla terra rossa che attirava la tavolozza di Filippo Alto, barese a Milano, in via Calamatta, in una casa di Guglielmo Miani, il grande sarto che ospitò in casa sua Filippo di Edimburgo e fu insignito del riconoscimento più alto nel Regno Unito. Miani era pugliese anche lui: dalla sua sartoria uscivano abiti di grande classe per personaggi di altissimo livello. Onorò la Puglia e contribuì a fare grande Milano, che nell’albo d’oro custodisce nomi di pugliesi laboriosi e geniali. Tra questi, Domenico Cantatore, che era di Ruvo di Puglia e nel ‘70 fu il protagonista di un documentario a colori della televisione nazionale, curato da Giuseppe Giacovazzo. Alla presentazione c’era anche Filippo Alto. Oltre a Francesco Lenoci.
Lenoci a Locorotondo
Ho conosciuto altri pugliesi di stoffa rara, come Egidio Stagno - tra i fondatori del “Corriere del Giorno - che al “Corriere del Giorno” arrivò alla poltrona di direttore generale del “Corriere della Sera”. Insomma, c’è chi è nato in Puglia e chi ama la Puglia, pur avendo avuto i natali altrove. Piero Mandrillo, uomo dalla memoria inossidabile e dalla cultura sconfinata, mi farebbe l’elenco preciso dei grandi pugliesi in Lombardia; ma lui non c’è più da tempo. La sua Pulsano gli ha intestato la biblioteca. Nel ‘70 venne nella terra del Porta con la “troupe” di Tv Taranto per fare la cronaca di una serata pugliese in via Brera e intervistò Domenico Porzio, che era di Taranto o ogni tanto ci tornava per rivisitare i luoghi del cuore.
Come si fa a non amare la Puglia? Spesso, durante i suoi discorsi, Lenoci coglie il momento per descrivere la bellezza della nostra regione, anche se sta descrivendo tutt’altra materia. Perchè la Puglia è magia, incanto, luce, melodia. La Puglia affascina, seduce, coinvolge. Gallipoli la bellezza ce l’ha già nel nome; Taranto non solo nel suo mare, decantato da scrittori e poeti, da Alfredo Lucifero Petrosillo a Diego Marturano a Diego Fedele… Se facciamo un giro della Puglia, torneremo a casa edificati, inebriati.
Francesco Lenoci nei suoi viaggi ha esaltato la Puglia, ma anche parlato delle Marche, dell’Abruzzo… L’Italia è uno scrigno di bellezza. Lenoci andando da un capo all’altro ha riempito il suo bagaglio culturale. Gli chiedi del ristorante “Le Tre Marie” dell’Aquila e lui te ne fa la storia; del Savini di Milano ti fa un racconto lungo costellato di notizie e particolari.
Lenoci in un tratturo
Ha conosciuto il mondo anche attraverso il finestrino del treno, percorrendo poi strade e stradine, vicoli e vicoletti nei centri storici di questo e di quel paese. Specialmente il borgo antico di Martina, che con le sue facciate sembra un teatro con quinte e fondali, ribalte e lanterne, donne che sferruzzano sulla soglia e passanti “lento pede”.
Lo amo anch’io questo borgo, riposante e tranquillo, silenzioso e delizioso con le sue fontanelle, i suoi sassi, le sue chiesette, i pavimenti lisci e inclinati, dove la pioggia scorre veloce come su un tavolo da biliardo. Martina è bella anche quando indossa l’abito da sposa per la neve. Qui Francesco Lenoci ha emesso i sui strilli di bambino, qui ha frequentato la scuola, qui ha visto il padre, Martino, che confezionando i vestiti applicava i bottoni strappati alle sue giacche se non aveva tempo di andare in merceria.

 

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