Giuseppe Bellucci |
DELLE CAMPANE E DEGLI OROLOGI
Le
sue opere si trovano, oltre che in
Italia, in Spagna, Argentina, Polonia,
Albania, Israele... Stimato ovunque,
ha ricevuto tanti riconoscimenti ed
elogi. Tra l’altro, è cavaliere di gran
croce dell’Ordine equestre del Santo
Sepolcro di Gerusalemme.
Franco Presicci
Giuseppe Bellucci nel suo studio |
Il suono della campana oltre a chiamare i fedeli in chiesa per le funzioni religiose, trasmette gioia, crea un’aria di festa, in molti un invito al raccoglimento. I suoi sono rintocchi suggestivi, magici.
Anche quando con ritmo cadenzato si sostituiscono all’orologio, ricordando, per esempio, che è mezzogiorno, e quindi l’ora del pranzo. Incontrare un artista che costruisce campane e rimette in sesto orologi antichi è davvero un’occasione d’oro. E io ho incontrato Giuseppe Bellucci, 59 anni, gentile, premuroso, preciso, puntuale, generoso, nel suo laboratorio di via Pisacane, a Martina Franca, in cui tiene esposti come in un museo esemplari che hanno ciascuno una storia. Giuseppe è persona aperta al dialogo e senza assumere atteggiamenti enfatici li descrive senza entrare nei particolari.
Presicci intervista Bellucci |
Gli ho domandato come volesse essere definito, maestro o artista; e mi ha risposto di sentirsi artigiano, soltanto artigiano. Allora gli ho riferito che Franco Cologni, già presidente mondiale di Cartier e oggi padre a Milano della Fondazione mestieri d’arte, ha inserito l’orologiaio nel suo elenco. E se non ricordo male anche in una collana di libri, scritti da veri specialisti e pubblicati in una veste elegante. Comunque Giuseppe proviene da una dinastia di artigiani e lo afferma con orgoglio. Un suo antenato produceva chiodi. Ma, chiodi a parte, anche la lavorazione del ferro in alcuni casi è un’arte. La mia conversazione con Giuseppe, nato nello splendore della Valle d’Itria, è stata piacevole e per me anche istruttiva: è proprio vero che c’è sempre da imparare. Ho ascoltato con molta attenzione e interesse le parole semplici ed essenziali di questo lavoratore infaticabile ed entusiasta, che dopo un ottimo rodaggio da elettricista installatore ha proseguito facendo illuminazioni artistiche nelle chiese di tutto il mondo.
Altra campana, opera di Bellucci |
Bellucci, a sinistra, con padre Piccirillo |
Durante un pellegrinaggio in Terra Santa ha conosciuto l’archeologo padre Michele Piccirillo, dal quale ha avuto l’incarico di architettare le luci e confezionare le campane. Giuseppe Bellucci dunque è un personaggio importante; ciononostante non si dà arie. Parla del suo lavoro con semplicità e l’interlocutore non perde una parola di quello che dice. Parla con chiarezza degli elementi che occorrono per realizzare una campana, partendo dall’argilla e dalla cera persa per arrivare al bronzo. Se avesse tempo, racconterebbe la storia della campana, le cui origini sono lontanissime e incerte. A proposito, secondo alcuni, sarebbe stato san Pio di Nola, protettore dei campanari, a stimolare nel V secolo l’introduzione della campana con il batacchio interno.
Una campana |
Bellucci vicino a un orologio |
Parla veloce, accenna ai sacrifici necessari per soddisfare i committenti. E’ attirato dal suono, batte con delicatezza un oggetto piccolo e sottile sul bordo di più campane, che nel laboratorio sono ovunque, e simula un concerto, che suscita emozioni. Muove il batacchio, di ferro, di una campana sistemata su una mensola e sorride. “Noi (include anche i suoi collaboratori: n.d.a.) le facciamo e ci occupiamo dell’installazione e dell’automazione”. E gli orologi? “Eseguiamo il restauro conservativo. Ho sistemato l’orologio a torre di Galatina; ad Avetrana restaurato la vecchia macchina e collocata nel museo a scopo didattico; a Martina sulla società artigiana restaurato orologio da torre e campane; a Serracapriola, nel Foggiano, l’orologio da torre”. Ha prestato la sua opera in tantissime altre città e comuni, ma la pagina non è di gomma.
Bellucci con Papa Woitjla presentato dal card. de Giorgi |
Ha infatti messo a disposizione la sua alta professionalità per dare ampio rilievo alle preziosità architettoniche. E accenna alla Basilica del Monte Tabor, di Nazareth; alla Basilica del Santo Sepolcro, di Gerusalemme; alla chiesa della Consolata di Nairobi…, dove ha ottenuto, come sempre, risultati eccellenti.
Alcuni riconoscimenti |
Bellucci e Presicci |
Michele Annese e Presicci fra orologi e campane |
E ha aggiunto… “Hai reso così luminosa e splendida la cappella francescana del Calvario proprio in occasione della Festa della Esaltazione della Santa Croce…”. Guardo alcune fotografie in cui Giuseppe Bellucci dialoga con l’arcivescovo Benigno Luigi Papa, con il cardinale Bagnasco, con l’arcivescovo d’Albania mons. Angelo Massafra, con monsignori, parroci, che attestano la sua maestria e l’efficienza degli interventi in cui si è impegnato. Giuseppe è un uomo di fede profonda; frequenta a Martina la Chiesa del Carmine, dove il professor Francesco Lenoci, suo amico, docente all’Università Cattolica di Milano, è confratello onorario dell’Arciconfraternita.
E’ stato proprio Lenoci a presentarmi questo imprenditore geniale, che è anche socio di “Umanesimo della Pietra”, la prestigiosa rivista diretta da Nico Blasi, intellettuale autentico e severo. Martina e i martinesi si distinguono sempre, in ogni campo: nell’arte, nell’imprenditoria, nell’artigianato, nelle professioni, nelle forze armate. Era martinese Guido Le Noci, titolare della famosa Galleria d’arte “Apollinaire” di Via Brera, nel capoluogo lombardo, che dette spazio a tanti artisti d’avanguardia, facendoli conoscere all’Europa; e di Martina sono parecchi giornalisti di valore. Non mi ero mai imbattuto in Giuseppe Bellucci, e neppure Michele Annese, direttore del periodico, che mi ha accompagnato in questa scoperta: calici capovolti che dondolando a volte formano un’orchestra; orologi dall’anima complicata, e l’uomo che mi è stato di fronte per oltre un’ora, sintetizzando al massimo la sua biografia illuminante. Paziente, sorridente, ospitale, che usa spesso e con convinzione la parola rispetto.
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