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mercoledì 7 agosto 2024

Redattore conduttore di Padre Pio Tv

TONI AUGELLO RACCONTA LA STORIA DELLE NEVIERE





Un angolo della Masseria Pavone
Il libro è stato presentato domenica 4 agosto nella bellissima masseria di Paolo Pavone,
a Martina Franca, tra ulivi e luminarie, aiuole e capasoni trulli e piscina. Pubblico numeroso e attento, tra cui Giovanni Potenza, il famoso scalatore dei grattacieli di New York.



FRANCO PRESICCI










Una masseria suggestiva, quella del professor Paolo Pavone, dotata di una neviera così profonda, che per raggiungere il fondo occorre affrontare molti scalini (ma è possibile vederla anche dall’alto, attraverso lastre di vetro antiproiettile). Sotto un gazebo elegante e spazioso, con decine e decine di comode sedie, il docente della Cattolica di Milano, Francesco Lenoci, domenica 4 agosto ha presentato il libro “La porta della neve” di Toni Augello.
Prof. Paolo Pavone
Non me la sento di salire in cattedra per parlare di una neviera, che è, come tanti sanno, il luogo in cui veniva conservata la neve, che trasformata in ghiaccio era venduta ai negozi in estate: dai vecchi e dai competenti più di vent’anni fa appresi sommarie notizie della struttura e proprio nella masseria di Pavone, la cui aia a suo tempo è stata modificata in un ampio cortile all’ombra di ulivi frondosi. Alla bellezza del luogo si aggiunge il pregio di poter vedere in lontananza la Basilica di San Martino, la torre dell’orologio e le case che fanno loro da corona.
Stando in macchina con Leo Pizzigallo non avevo capito che la destinazione era raggiungibile voltando a destra alla rotonda sulla via per Locorotondo, e lo stesso Leo, martinese doc e conoscitore di questa autentica perla, che è la Valle d’Itria, era un po’ disorientato, pur avendo le mappe nel cuore. Quindi, qualche momentanea indecisione e infine la targa: “Masseria Pavone”. Subito dopo l’ingresso, stupore, piacere, sorpresa, incanto, ammirazione per i valori aggiunti nel tempo. Per un tratto mi ha fatto da guida lo stesso titolare, che poi , richiamato dagli impegni, mi ha affidato alla figlia Costanza, una bellissima ragazza che per sua natura conosce bene l’arte dell’ospitalità.
Verso le 19, il pubblico sparso ad osservare i trulli, il corpo di fabbrica, la chiesetta… è stato invitato a sedersi davanti al tavolo già occupato da Augello, simpaticamente spiritoso e contento di poter raccontare il libro e la propria storia; e Francesco Lenoci, abile esploratore dell’animo umano e diffusore della bellezza della Puglia, di Martina Franca e della Valle d’Itria in particolare in ogni parte d’Italia.
Toni Augello

Valle d’Itria, paradiso in terra. Chi è l’autore di questo gioiello? Bernini, Michelangelo, Brunelleschi? Chi? Chiedono in tanti. “E’ stato un contadino, un umile figlio della terra”, ha risposto un poeta domenica, Sante Ancona, con la voce di Lenoci, nato da un sarto di grande talento, Martino. E queste case incappucciate? “Un muratore. L’uno e l’altro analfabeti, ma nel cuore l’Arte e l’Amore”. Sei grande, contadino!”. E’ lui che ha messo in piedi questo scenario maestoso, questo paesaggio, a cui si ispirano ancora artisti del pennello e poeti. Il bracciante usò le pietre sparse nel suo stesso pezzo di terra. Pietra su pietra. Sante Ancona, martinese trapiantato a Firenze, sogna Martina, la celebra con passione, la esalta: “Tu costellasti questa cittadina/ di fazzoletti d’oro e di smeraldi…”, viti nane (rubo l’immagine a Raffaele Carrieri), terra rossa accarezzata dal sole, “casedde” biancolatte, ulivi, muri a secco antropomorfi, pietre che parlano, testimoni del tempo.
Parte del pubblico

Lenoci, che vanta molti titoli, tra cui quello di ambasciatore della cultura sammarchese nel mondo, e ieri vicepresidente dell’Associazione regionale pugliese ai tempi dell’indimenticabile Dino Abbascià, ha bersagliato di domande l’autore di “La porta della neve”, scandagliandone il pensiero, la cultura, le conoscenze, strappandogli anche brani di storia antica. “Prima di giungere in Puglia un superiore mi ha raccontato che persino una parte dell’esercito di Spartaco si rifugiò sulla montagna del Gargano per sfuggire alle truppe imperiali, durante la Terza Guerra Servile”, dice nel libro un comprimario…
Augello non ha perso un colpo, ha dominato la scena soprattutto quando la domanda è caduta sulla propria esperienza nell’ambito enogastronomico, spaziando fra gelati e loro provenienza. E Lenoci approfondiva, incalzando. “Nel ‘700 i martinesi conservavano la neve nelle neviere. E quando non nevicava i proprietari e gli appaltatori la facevano arrivare dalla Basilicata, dalla Calabria e persino dalla Grecia”...
Un duello dialettico interessante. Come interessante è il libro, scritto con stile vibrante, limpido come l’acqua d’un ruscello. Un libro avvincente, in cui l’autore parla anche dei briganti, il cui capo era braccato con tutti i suoi uomini; le autorità si erano riunite presso il Palazzo di Città per stabilire strategie efficaci a metterlo in trappola, ma lui e il suo esercito erano imprendibili.
Un Capasone

L’autore è appassionato di storia, anche di quella che non si studia nelle scuole. E descrive momenti salienti con scioltezza e prontezza. “Ci sono cinque bande che operano tra San Marco in Lamis, Apricena, San Severo e Torremaggiore, e due a Monte Sant’Angelo, una a Mattinata, una a San Nicandro e una a Cagnano. Una brutta gatta da pelare per chi ha il compito di stendere una rete per afferrare “‘U Zambr”, sammarchese al secolo Angelomario Del Sambro, che seminava terrore nelle campagne fino a San Severo. Per neutralizzarlo si decise anche di trasformare alcune masserie in presidi difensivi.
Il dialogo tra Lenoci e Augello, redattore conduttore di Padre Pio Tv, attira, cattura, seduce. Il docente insiste sulla trama del libro: “Michele, Giovanni e Giuseppe presero a rimuovere le assi di legno, i rami e le frasche che fungevano da copertura a quello che era un vero e proprio serbatoio di ghiaccio ricavato nella nuda terra... Questa era la funzione di una neviera: conservare intatta per tutta la durata della stagione estiva la neve caduta l’inverno precedente”. Augello è preciso, amante dei dettagli, descrive anche il ruolo della paglia tra uno strato di circa un paio di palmi di neve e l’altro. Al momento opportuno, cioè quando si rimuove la paglia, ecco comparire la neve”.
Tanti fatti, tante discussioni tra i personaggi di questa egregia opera che Augello ha già presentato in diverse sedi. “San Giovanni Rotondo prima dell’arrivo del frate diventato santo era un borgo con pochissime anime. Conquistò la fama nel mondo con le opere di quel frate giunto da Pietrelcina (la Casa Sollievo della Sofferenza, nel ‘51, tra queste). E con la fama le offerte per la costruzione dell’ospedale e altro.
La piscina

Lenoci ha ricordato che dalla neve diventata ghiaccio nelle neviere martinesi ricavavano e vendevano, in estate, “i famosi e voluttuosi sorbetti al limone, al rosolio, alla menta, al vincotto...”, fornendo l’occasione ad Augello di ripescare la storia di questa delizia, che ristora le nostre giornate estive. Subito dopo ha ripetuto gli altri titoli di questa trilogia della neve “dedicata all’affascinante figura del nevialo”: “Il mercante del freddo”, nel 2011, “La neve cade ancora, nel 2021 e nel 2023 “la porta della neve”, che narra le vicende di Nannì, che conserva la neve d’inverno sul promontorio per rivenderla d’estate presso “la porta della neve”. La copertina del romanzo, come quella dei libri precedenti, è opera dell’illustratore e graphic designer Donato Turano.
Il pubblico ha seguito la presentazione in un silenzio totale e con grande attenzione e interesse. Qualcuno avrebbe voluto fare domande, ma si faceva tardi e calava il buio. In prima fila Benvenuto Messia (fotografo di altissimo livello di Martina Franca, attore, poeta in vernacolo, il Bartali della città del Festival della Valle d’Itria); Giovanni Potenza, il famoso scalatore dei grattacieli di New York; il professor Pavone; l’editore Silvio Laddomada con la moglie Alba… Sarebbe stato bello anche visitare la neviera, di cui è dotata la masseria (la visita era infatti in programma), ma è saltata per l’ora inoltrata. Ma sicuramente è stata solo rimandata.
La masseria

Nella masseria si svolgono iniziative soprattutto culturali che non lasciano indifferenti. Testimoni, luminarie e luci solari che illuminano soprattutto i tronchi degli ulivi e le cuspidi dei trulli. Il luogo è riposante, tranquillo, silenzioso. Non vi si sente neppure lo sferragliare della Littorina che da Martina corre a Lecce.
La ricordo fin dagli anni ‘50, quando dopo mezzanotte la prendevo per andare a Brindisi, per confezionare, con il giornalista Livio De Luca, abruzzese-milanese- tarantino, il settimanale “Il Meridionale” dell’avvocato Alberto Margherita. Da Taranto a Martina viaggiava invece la locomotiva a vapore, che sbuffava, ansimava, fischiava, avvolta dal fumo emesso dalla ciminiera che aveva sulla fronte. Erano i tempi della piattafoma girevole che le consentiva di mutare direzione. Per la cronaca quell’aggeggio c’è ancora, ma è arrugginito e mezzo sepolto.

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