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mercoledì 22 gennaio 2025

Accolse D’Annunzio e Ungaretti

LA LIBRERIA MANDESE A TARANTO HA SPENTO PER SEMPRE LE LUCI



La "Casa del libro"

Era anche casa editrice: i suoi volumi hanno la firma di autori di rilievo: Giacinto Peluso, Giuseppe
Francobandiera e tanti altri. Molti usano “Il dizionario della parlata tarantina” di Gigante, pubblicato dalla Casa del Libro. Un’epoca si chiude.









FRANCO PRESICCI




Sino a qualche mese fa in via D’Aquino, a Taranto, c’era “La Casa del Libro”. E’ rimasta soltanto l’insegna. I libri dentro occupano ancora gli scaffali, ma presto saranno trasferiti altrove. Quel tempio era di Nicola Mandese, che l’aveva ereditata dal padre Antonio, uomo buono, gentile, occhiali spessi, bassino, solerte, sempre in giacca e cravatta.
Cav. Antonio Mandese

Era anche editore, soprattutto di volumi che riguardavano la città e poesie di grandi nomi, tra cui Claudio De Cuia (viene in mente “Arie de Paschje”), “Zazzareddire” di Alfredo Nunziato Majorano, il “Dizionario della parlata tarantina”, di Nicola Gigante , “La città al Borgo – Taranto fra ‘800 e ‘900” con interventi di firme nobili, come quelle di P. Massafra, R. Nistri, P. Mandrillo. G. Francobandiera…).
Prima si essere alloggiata nella via dello struscio, la storica libreria, stava in via De Cesare, di fronte a una latteria. E lì collaborava anche un fratello del cavalier Antonio, che poi apri un ufficio in via Di Palma. Da Mandese entravano anche allora personalità famose e il cavaliere era sempre premuroso, sorridente, ossequioso. Io allora avevo 14 anni e in estate, non amando andare al mare o giocare al pallone in strada con la palla di pezza e le porte fatte con le pietre, andavo in libreria a fare il garzone. In cambio a volte ricevevo un libro che divoravo subito. Ricordo “Il cavalier de Lagardère” e “I tre moschettieri”. La lettura mi ha sempre assorbito, tanto che quando in libreria non c’erano clienti mi tuffavo in qualche testo di Salgari. Il cavaliere aveva verso di me un atteggiamento paterno. E quando andavo a fargli visita nelle mie rimpatriate da Milano mi accoglieva come uno di famiglia. Seppi nel capoluogo lombardo che Antonio Mandese non c’era più e che la “Casa del Libro” continuava l’attività con il figlio Nicola, che ha ereditato dal padre la gentilezza e la disponibilità.
Nicola Mandese
Nicola mi raccontava la vita di Taranto, mi diceva che la stessa via D’Aquino era cambiata (e questo lo vedevo anch’io) e che se facevo un salto in viale Magna Grecia, mi sarei perso tra le nuove vie e viuzze, intorno alla piazzetta in cui si svolgeva il mercatino delle pulci, dove si potevano trovare perfino i cardellini in gabbia per 10 euro l’uno. Io per un euro comprai la storia della letteratura greca di Gennaro Perrotta e la Letteratura latina di Concetto Marchesi, che avevo usato al liceo. Questione di nostalgia. Nicola mi telefonava a Milano e in una di questi squilli mi comunicò che era morto Giacinto Peluso, un gentiluomo che conoscevo da quando avevo 17 anni. Chissà quante volte ho letto il suo “Taranto da un ponte all’altro”, con gioia, con piacere. Nicola si commosse quando gli dissi che un giorno su un pullman che andava a Solito mi sentii chiamare da una voce squillante: mi avvicinai a un signore basso, calvo, che mi sommerso di domande. Bastò una parola per capire che era lui, il professor Peluso. Mi commossi anch’io, quando mi ricordai che Giacinto un mese prima mi aveva mandato l’ultima sua opera restituendomi un’”ex libris” che gli avevo regalato 50 anni prima. In un biglietto era scritto: “A me non serve più”. Grande, caro Giacinto.
Giacinto Peluso e Nicola Mandese

Nella Casa del libro avvertivo sempre la sua presenza, come quella del cavalier Antonio. E, quando il tempio della cultura si svuotava o il flusso della clientela si alleggeriva mi si avvicinava Nicola e parlavamo di Giacinto, Mandrillo, Barbalucca, De Cuia, Marturano. Franconbandiera, Majorano, Diego Fedele... E poi Nicola mi raccontava di Raphael Alberti, Sandra Milo Riccardo Bacchelli, Vittorio Gorresio, che erano entati tutti nella sua libreria. Nicola organizzava anche iniziative interessanti.. Proprio davanti al suo ingresso allestì un tavolo, a cui si sedettero il professor Francesco Sabbatini, dell’Accademia dei Lincei, ed altri per parlare di letteratura; e poi una bella manifestazione in cui si avvicendarono i cittadini per leggere ciascuno una pagina di Kafka. Era una serata fredda eppure la gente uscì per prendere parte a quell’incontro.
La Casa del libro era già stata inserita nell’elenco delle librerie storiche. Nicola ne andava orgoglioso e mi telefonò ringraziandomi per aver pubblicato un trafiletto sul “Giorno”, come avevo fatto in occasione dell’uscita di una sua creatura, grazie a Giancarlo Vigorelli, grande critico letterario che curava le pagine culturali del quotidiano. Pubblicai tanti articoli sulla libreria tarantina. Una volta un nipote di Nicola riuscì a vincere la ritrosia di Claudio De Cuia, invitandolo a parlare delle sue poesie. E questo voleva fare Nicola quando ha abbassato la saracinesca ed era indeciso su che cosa fare della sua attività. Trasformare il luogo in un’istituzione culturale con un programma denso di incontri con i cittadini (conferenze, dialoghi con i grandi scrittori, premi letterari…). Poi non se n’è fatto nulla e il sacrario ha spento le luci.
Riccardo Bacchelli  e Antonio Mandese

Quando una libreria chiude è un pezzo importante della città che se va. Infatti ai tarantini la Casa del Libro manca. Manca anche a me. Sono tornato e ho sentito l’impulso di fare un salto a Taranto, ma non ho trovato un passaggio e ho pensato che vedere quel luogo del cuore mi avrebbe procurato malinconia. E ho frenato i ricordi pensando ad altro. Ma mi era difficile chiudere momentaneamente la porta ai poeti, da Alfredo Lucifero Petrosillo, che tra l’altro per un periodo diresse con abilità e bravura “’U panarijdde” di Leggeri, a Diego Fedele, amico mio da quando ero ragazzo pieno di sogni, ad Alfredo Nunziato Majorano, che andava nella città vecchia per ascoltare il dialetto dalle labbra dei pescatori, per venerare Mar Piccolo, “’u màre peccerjidde”, di cui a me piace ascoltare la musica “ca fàce nazzecà’ le lambàre” e il profumo che spande tutt’intorno. “Tàrde vècchie mije” ha scritto Majorano. “Cande ‘stu Tarde vecchie“ Diego Fedele. “Tàrde vècchie mjie”, recito io, pur non essendo un poeta e non avendo grande dimestichezza con il dialetto, che adoro.
Nicola Mandese, il padre Antonio, Bacchelli
Martedì 5 marzo “Il Corriere di Taranto” titolava: “La Casa del Libro” di Nicola Mandese saluta definitivamente”. “Le saracinesche sono state abbassate per l’ultima volta dalla dipendente Vita Tortorella, dopo 30 anni di servizio…La città perde un punto di riferimento”. “La Repubblica” ricorda che tra quegli scaffali s’intrattennero Gabriele d’Annunzio e Giuseppe Ungatetti. Peccato! Dolore per chi è affezionato a Taranto e alla sua storia e alla sua vita culturale. Una libreria storica attiva dal 1920 non c’è più. Immagino la nostalgia di chi passa da quel tratto di via D’Aquino, di fronte al bar che colloca i suoi tavoli in mezzo alla strada, chiusa al traffico.
“La Casa del libro” era nota a tutti, non soltanto in Puglia, ma anche ai tanti turisti che sciamano nella città, magari per andare a fare il bagno a Canneto Beach o su spiagge libere e dorate sulla Litoranea.
Antonio Mandese e Sandra Milo

“La Casa del libro” poteva diventare un centro di aggregazione, un’istituzione culturale, come hanno ribadito gli stessi giornali e tanti altri che hanno fatto il panegirico della libreria, che accolse anche Sandra Milo, ai tempi in cui il “dominus” era il cavaliere Antonio. Nicola continua a sperare che la sua libreria possa essere, per esempio, trasformata in un luogo in cui si svolgano dialoghi tra i lettori e gli autori, tra gli arredi e gli scaffali ancora pieni di libri. Per questo ha avuto contatti con il Comune, che non ha risposto come molti si aspettavano. Il sindaco avrà avuto le sue ragioni, Nicola pure, con gli acciacchi che da un po’ di tempo gli rendono la vita difficile, ma una soluzione onorevole per la “Casa del Libro” bisognerebbe trovarla. Era un vanto per la Bimare. Il riconoscimento di libreria storica gli venne anni fa da Milano e fu una giornata luminosa. Purtroppo le librerie chiudono anche a Milano, dov’è scomparsa la libreria di Nicola Partipilo. Storica anche quella. Vide entrare grandi personalità, tra cui Enzo Biagi e Gianni Brera.

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