UNA DELIZIA, LA CASCINA LINTERNO IN CUI SOGGIORNO’ IL PETRARCA
Angelo e Gianni Bianchi |
FRANCO PRESICCI
Sono passati anni da quando entrai per la prima volta nella cascina Linterno, in via Fratelli Zoia, a Milano. Invitato dai fratelli Angelo e Gianni Bianchi, che impiegano tutte le loro forze per tenere vivo il nome della struttura, ammirai la squisitezza dell’ospitalità e la bellezza, il fascino del luogo. Mi trovai tra centinaia di persone che di solito partecipano alle iniziative che vengono organizzate per far conoscere le attività in esso svolte oggi e nei secoli e la sua storia, che comprende il soggiorno per nove anni di Francesco Petrarca, da sempre alla ricerca della pace, della solitudine, del silenzio, infastidito dagli orpelli e dalle cerimonie dell’ambiente di corte. In quel luogo sacro il Poeta aretino si dedicò , fra l’altro alla cura dell’orto e alla correzione di alcuni suoi scritti.
Cascina Linterno |
Con fantasia e volontà incrollabile, competenza e passione, i Bianchi hanno ricreato la vita in quel gioiello, mobilitando tutto il quartiere, legato al verde e alle vicende della terra del Porta. Tengono conferenze (sul granturco, sui fontanili, sull’aratro...), hanno scritto libri densi di fatti, chicche, avvenimenti, sulla vita e il lavoro nella cascina di una volta, accolto personaggi di rilievo innamorati di Milano. Tullio Barbato, per esempio, già pilastro del quotidiano “La Notte”, scrittore (“Case e casini di Milano”, “Cucina e osterie della vecchia Milano”, “Per una storia di Meneghin e Cecca”…), fondatore e direttore di Radio Meneghina;, conoscitore profondo di Milano, fornitore di idee anche per il Carnevale.
Distribuzione piantine di riso (A. Bianchi) |
Raccolta del fieno (A. Bianchi) |
Di fianco alla Linterno c’è la villetta che fu abitata del “pret di Ratanà”, al quale Angelo riservò un pomeriggio raccontandone il carattere, le imprese, le doti, le curiosità, le leggende. Come quella del tram che si rifiutò di partire perché aspettava che don Giuseppe Gervasini, che avanzava a passi lenti, salisse e si mettesse comodo. Don Giuseppe, un uomo un po’ brusco, un po’ anarchico, riluttante ad accettare le convenzioni, le regole da lui ritenute inutili, schietto, generoso, che ancora oggi i fedeli vanno a visitare al Cimitero Monumentale (dove sono sepolti i grandi personaggi), portando fiori e recitando preghiere.
Mi soffermai a lungo in cascina in un angolo ricco di attrezzi agricoli, tra cui un carretto che aveva trasportato chissà quanta roba. Forse una sopravvivenza dei primi del ‘900. Alle pareti erano appesi manifesti con la descrizione dei singoli pezzi e l’uso a cui erano destinati.
Attrezzi |
Trebbiatura sull'aia (A. Bianchi) |
I fratelli Gianni e Angelo Bianchi hanno dato notevoli contributi alla conoscenza della Linterno (che per la verità ha qualche acciacco), con parecchi libri e in “Vita di Cascina”, realizzata a cura dell’Associazione Amici della Cascina Linterno, edita dal Comune . Un libro molto interessante anche per le molte fotografie che contiene sulle fatiche quotidiane dei braccianti. Vi emergono figure come il capostalla, che aveva competenza su tutti i bovini; i cavallanti che governavano i cavalli; il loro capo, che riceveva ordini soltanto dal padrone, al quale doveva rispondere in caso di errori e di emergenze; i ragazzi della cascina, che imparavano a familiarizzare con i cavalli e ad amarli”; gli addetti alla stalla, chiamati “famei” o “bergamin”... Questi lavoranti facevano tutto a mano, dalla mungitura alla consegna del latte, al rifornimento delle mangiatoie con erba e fieno.
I fratelli Bianchi descrivono le cascine, in ogni aspetto. Le immagini fanno il resto. Colgono per esempio un lavorante alla guida di uno dei primi trattori. I personaggi di una volta e quelli di oggi. “Vita di cascina” mi ha fornito una sorpresa: l’arte di Angelo, “elemento della natura” - come lo definì un amico intellettuale - uomo di grande talento, dal sapere enciclopedico, profondo, di origini contadine e operaie, ma geniale. Umile. Ed è questa sua ammirevole umiltà che gli impedisce di esporre le sue opere di pittore e disegnatore; opere di ambiente agreste che rivelano la sua alta capacità di far rivivere momenti della fatica contadina con pennellate rimiche, con tratti veloci. Incantano le sue teste di cavallo, di mucca; e altre figure, di operai che attraversano infagottati sentieri innevati, mungono, curano l’orto.... Angelo Bianchi è artista che seduce, affascina anche con la sua tavolozza delicata. Peccato che si rifiuti di allestire una mostra, magari nel cortile della cascina. Bellissimo quel contadino con la pala in spalla, mantello e cappello, (el campèe, addetto all’irrigazione dei campi) che torna a casa al tramonto; e bellissimo il disegno sull’insaccamento del granturco sull’aia dopo l’essiccazione.
Cappella della cascina |
La prima volta ci andai per assistere a una manifestazione organizzata dai fratelli Bianchi nella chiesetta interna. Al termine il pubblico, sempre numeroso, si sparse sull’aia anche a consultare i volumi di Angelo e Gianni Bianchi, scambiarsi opinioni sulle linee architettoniche del fabbricato.
Insomma la Cascina Linterno palpita. Per chi ama Milano è un piacere che questo manufatto storico susciti l’interesse di tanti cittadini. E’ come tante “dame d’antan” che nella gloria dell’età conservano ostinatamente il fascino del tempo che fu. E’ testimone del rapporto dell’uomo con la terra, irrorata dal sudore del contadino.
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