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mercoledì 17 luglio 2024

Rileggendo su un periodico scomparso

GLI ARTICOLI DI ENZO CATANIA SUL “SURF” IN POLINESIA



Articolo di Enzo Catania su "Tempo Illustrato"
Con “Tempo Illustrato” ritrovo i ricordi del collega che diresse la cronaca del
quotidiano “Il Giorno” negli anni 70 e 80, fra quelli più felici del giornale di Enrico Mattei.












Franco Presicci





“Siete in vacanza nell’Oceano Pacifico e volete conquistare le grazie d’una polinesiana? I bicipiti non contano, la taglia atletica neanche, i soldi ancora meno. Dovete solo navigare in groppa a un’onda. Vi giudicano come lo fate. E c’è un perché: i polinesiani stanno sulle onde meglio che in poltrona a casa loro. Per secoli e secoli si sono divertiti a rincorrere i cavalloni...”. Sfogliando le pagine del ‘68 di “Tempo Illustrato”, con mio grande piacere mi sono imbattuto in questo bellissimo articolo del compianto Enzo Catania, che s’intrattiene sulla pratica del surf, il cui legno all’epoca poteva costare anche 60mila lire. “L’azione dell’atleta è scandita da un invisibile orologio. Egli attende l’onda, l’affronta di petto…”. La cavalca, si lascia travolgere, inghiottire, fa salti mortali, acrobazie spettacolari, vivendo l’ebrezza dell’impresa.
Catania, Ottavia Piccolo, Lotito

Che soddisfazione incontrare nelle pagine di questo prestigioso settimanale, che ebbe tra i suoi direttori Nicola Cattedra (lavorò al Giorno con Romeo Giovannini, fiorentino pepato e simpatico, traduttore dal latino dei testi classici) e come collaboratori, fra i tanti, Ermanno Rea, Morando Morandini, che poi passarono con altri al “Giorno”. (Morandini come critico cinematografico e Rea come redattore insigne, noto anche come prestigioso scrittore). Con loro trovo anche Sandro Paternostro con un articolo intitolato “La Cina verso l’età della ragione) e un pezzo di John Dyson: “Sognando conosceremo il futuro”. Andando avanti ripercorro anni all’indietro anche rileggendo Vittorio Gorresio: “La nostra avventura sulla Luna”, vista in diretta da milioni di persone.
Torno a Enzo Catania, e lo ricordo cronista, capocronista, vicedirettore, inviato e infine direttore del quotidiano dell’Eni, che ha avuto anni felicissimi con “segugi” entusiasti del loro mestiere, quasi sempre i primi ad arrivare sui fatti, veri cercatori di notizie, dotati di esperienza e intuito, come Tanino Gadda, Giancarlo Rizza, che lavorarono per la testata fin dai tempi della fondazione. Erano i giorni gloriosi del quotidiano, presente puntualmente nelle edicole di tutta Italia, della Tunisia, in Svizzera e altrove. Che soddisfazione un giorno del luglio1987, quando, seguendo fino a Tunisi il delitto del catamarano, lessi il mio articolo pubblicato in mezza pagina. Me lo portò all’ingresso dell’albergo Mustafà (che parlava un po’ calabrese per via di un cognato nato in quella terra), l’autista che mi aveva accompagnato alla spiaggia di Gaar el Mel e da allora compagno delle mie giornate per una settimana.
La cronaca

Enzo Catania aveva lasciato il volante della Cronaca e ripreso l’attività svolta al “Tempo”: l’inviato. Fu colpito da quel fattaccio (una skipper, Annarita Curina uccisa da un presunto ospite sulla sua imbarcazione, gettata in mare e scoperta dopo qualche giorno imbrigliata nella rete di alcuni pescatori) e scrisse subito un libro, uno dei tanti che la sua casa editrice aveva mandato in libreria. Era frenetico lo spirito che aveva creato in Cronaca: nessuno di noi guardava mai l’orologio. Alla notizia di un omicidio, di un incendio disastroso, di un sequestro di persona, di una rapina in banca correvamo con il fotografo anche se mancavano pochi minuti alla scadenza del nostro turno, che era su un foglio di carta compilato dal bravissimo collega Giorgio Guaiti e appeso accanto al calendario. Nessuno di noi si tirava mai indietro, trascorrevamo notti intere sulla strada, diventavamo levrieri alla telefonata di un brigatista che ci annunciava un volantino di rivendicazione in un cestino portarifiuti. A volte avvisavamo Enzo già quando eravamo a bordo dell’auto, guidati da veri esperti del volante (Ricciardi, Napolitano, Gusmaroli, Camarda…) e il fotografo (Mario Taito, D’Anna, Pizzamiglio, Dell’Abate, Moningelli, Zanni…), che avevano il laboratorio al decimo piano). Lo chiamavamo al telefono dalla macchina, e quando rientravamo al giornale lui aveva già scritto il titolo e predisposto lo spazio. Aveva un fiuto straordinario. Tutti i direttori che si avvicendarono, da Guglielmo Zucconi a Gaetano Afeltra, a Lino Rizzi lo stimavano; e lui aveva grande rispetto per i cronisti, li lasciava liberi di andare e venire, senza mai chiedere i motivi delle fughe, immaginando che fossero appostati da qualche parte con le orecchie tese. E quando uno di noi tornava con il “carnet” pieno, scattava urlando come un lupo nella foresta.
Catania e Kodra

Noi sapevamo che Enzo aveva un “curriculum” straordinario. Conservo una foto che lo coglie a cavallo su un monte della Sardegna alla ricerca di qualche latitante da intervistare, seguito dall’immancabile fotografo, forse Uliano Lukas, che era anche suo amico. Il giornale era per lui casa e bottega. A volte si presentava alle 6 del mattino e usciva a mezzanotte o a quell’ora tornava. Girava per i tavoli con il suo passo da bersagliere, scambiava una battuta spesso con Adelaide Murgia, che si occupava di cultura, e prendeva l’ascensore per andare dal direttore o in tipografia.
Non stava mai fermo, se non quando scriveva, a volte si rabbuiava di fronte a una contrarietà. Il mercoledì alle 16 andava ad Antennatrè Lombardia, per la quale confezionavamo il telegiornale e lui conduceva una trasmissione sui fatti del giorno. Era in buoni rapporti con pilastri della concorrenza, da Arnaldo Giuliani a Pasanisi. Passò la notte con il cronista in strada durante la rapina con ostaggi in un istituto di credito dalle parti di piazza degli Affari. Curioso, effervescente, volpino, generoso. La domenica raggiungeva il giornale in sella ad una moto fiammante; quando ripartiva ricordava di avere lasciato gli occhiali da sole al giornale e allora prendeva i miei, se lo accompagnava fino al cortile. Altre volte andavamo a bere uno “zibibbo”al bar dell’angolo o a mangiare i ”pescetti” da poco pescati (lo affermava l’oste) nel ristorante all’angolo con via Melchiorre Gioia.
Nino Gorio

Lotito, bravissimo cronista e scrittore (La sua opera più recente, “Di ghiaccio e di frecce”, uscita da Mondadori), Giorgio Guaiti, Giulio Giuzzi, Giovanni Basso erano la squadra affiata della “nera”... Con noi Enzo scherzava, ci affibbiava dei soprannomi con quel suo sorriso mimetizzato sotto il pelo che gli incorniciava il viso. Insomma era una bella cronaca che lasciava la preda soltanto quando l’aveva spolpata. E spesso il racconto dei fatti accaduti grondava di chicche costate ore e ore d’impegno, succhiando da amici disposti a darci una mano. Tutti apprezzavano lo zelo di questi cronisti infaticabili, cani da tartufi dal fiuto felino. La mattina dopo, sfogliando i giornali, il capo, come direbbe Saverio Sardone che navigava tra i vertici della testata, si mostrava soddisfatto per il lavoro compiuto; e non mancava di battere una mano sulla spalla di chi si era distinto.
Qualche collega voleva venire in cronaca e faceva di tutto per raggiungere l’obiettivo, ma il direttore d’orchestra, che sapeva scegliere, faceva finta di non sentire, per timore di arruolare una voce stonata. Tutti erano molto bravi a suonare il proprio strumento. E nessuno se ne vantava. Nino Gorio, solista al Palazzo di Giustizia, vinse anche il Premio Cronista dell’anno per uno scoop che molti avrebbero voluto mettere a segno. Quando volò a Senigaglia per riceverlo, con lui c’era anche Enzo Catania, fiero della conquista.
Tutti questi ricordi sono emersi da quell’articolo di Enzo Catania su “Tempo Illustrato”, uno dei periodici più letti e più seri. Già ben collaudato, in quel giornale spaziava tra “nera” e “bianca”, ed era già una firma. Lessi tutti i suoi libri: da “Sono Innocente” alla storia dell’Inter, alla storia della mafia in cinque volumi. Enzo Biagi lo indicò come vero esperto di Cosa nostra. Badalamenti, Liggio, Gaetano Fidanzati… erano per lui nomi e storie senza segreti. Non aveva invidia per nessuno, tanto che in queste pagine coinvolse anche un collega che si occupava di nera con autentica passione.
Al centro Giancarlo Rizza

Questa era la Cronaca del “Giorno”ai tempi di Enzo Catania e tale continuò ad essere con Guido Gerosa, che sostituì Enzo quando diventò inviato e piombò in diversi Stati esteri. La sala degli inviati era di fronte alla nostra e spesso ci veniva a far visita un altro grande, Mario Zoppelli, che era stato cronista con Giorgio Susini e poi corrispondente da Mosca. Una penna memorabile, come quella di Guido Nozzoli, che tra l’altro si occupò della clamorosa rapina della banda Cavallero all’agenzia del Banco di Napoli di largo Zandonai e delle sanguinose ore che la seguirono nelle strade terrorizzate di Milano. In quell’occasione il “Giorno” impegnò diversi cronisti. E lo fece anche per la strage di Moncucco, nel ristorante “La Strega”, il 2 novembre del ‘79, con 8 morti spietatamente assassinati.
Enzo Catania non c’è più da qualche mese, e io non smetto di ricordarlo con affetto. Chiudo la raccolta di “Tempo Illustrato”, dopo aver riletto a volo d’uccello i suoi pezzi e quello di Guido Vergani, scomparso anche lui (dopo aver diretto la redazione milanese di “Repubblica”), sui giovani, che impongono i loro gusti e sono la punta più avanzata di quella rivoluzione del costume, che è stata al centro di questa nostra inchiesta”.

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