Lombardi a sinistra, Presicci a destra |
CANI, PAPPAGALLI,
CORVI IMPERIALI A SPASSO PER LE
STRADE DI MILANO
I motivi
pubblicitari non si ponevano limiti.
Il regista voleva
riempire l’ottagono della Galleria con 80
palafreni, ma gli fu negata l’autorizzazione.
Correva il marzo del 1969.
Franco Presicci
A suo tempo a Milano hanno montato il tendone decine di circhi equestri, dai più importanti ai più modesti. Hanno dato spettacoli i Togni, gli Orfei, i Medrano, il circo americano… E anche quello del leggendario Buffalo Bill, alias William Cody, abile cacciatore di bisonti (un contratto con la ferrovia Kansas-Pacifico gli imponeva di uccidere dodici bisonti al giorno, impegno rischioso a causa degli indiani che battevano quelle zone), che si esibì con 1300 elementi, tra pellirosse e cow-boy, all’Arena nel 1894 e nel 1906, facendo rivivere anche la battaglia di Little Bill Horn in cui morì il generale Caster.
Dov'erano le ex Varesine |
Quindi la gente, quando nel marzo del ’69 vide avanzare in piazza San Babila, diretto verso corso Vittorio Emanuele e sostare in Galleria un podista con un corvo imperiale sul cappello, un grosso pappagallo su un braccio e un cane bianco al guinzaglio immaginò che una “troupe” fosse arrivata al Campo Giuriati o alle ex Varesine, dove ci andavano anche le giostre (oggi la fisionomia del quartiere è radicalmente cambiata per gli arditi grattacieli che vi hanno innalzato). Nessuno pensò alla trovata di un folle, visto che non ne mancano certo, tanto che un docente di liceo scrisse un libro intitolato “Sono fra noi”. Ma la follia era estranea alla vicenda. La scena si ripetè qualche giorno dopo, quando, messo in gabbia il volatile e nella cuccia il dalmata, il personaggio si ripresentò in sella a un destriero, con la naturale eleganza di Laurent Franconi, un grande del circo di qualche secolo fa (il padre Antonio, nato a Udine, vincitore in un duello da lui stesso provocato, dovette espatriare e trovare rifugio in Francia, scoprendo il fascino della pista).
Corso Venezia |
Chi aveva avuto l’occasione d’incontrare il personaggio all’apparenza stravagante e chi invece lo vedeva per la prima volta furono presi dalla curiosità e cominciarono a rivolgergli domande. Ed ecco la spiegazione: il cavallerizzo faceva pubblicità non a giocolieri, trapezisti, funamboli, clown’s, domatori di una compagine circense, ma a una trasmissione televisiva, “Gli amici dell’uomo”, che aveva come conduttore il cantautore Pascal Serra, proprio il signore che troneggiava sui lombi dell’equino. Per il quale il pubblico improvvisato, composto anche da trecento ragazzi delle scuole elementari, manifestò una certa contrarietà per la fatica che gli veniva imposta. “Ma no – li rassicuravano le insegnanti – fatica quella? I quadrupedi sono abituati a ben altro. Osservate invece la bellezza, l’imponenza di quell’animale, che al massimo si sentirà spaesato nel contesto urbano. Non sono più i tempi in cui i suoi antenati tiravano le carrozze per trasportare le persone da un punto all’altro di Milano, dalla mattina alla sera, e facevano pranzo e cena sula strada”. Le voci arrivarono all’orecchio di Serra, che a sua volta volle rincuorare gli alunni: “Ogni settimana va in onda un film girato tempo fa sulla strada per la Fiera e questo quadrupede ha trottato soltanto una volta”. Un giorno, forse per stimolare l’interesse per la trasmissione, forse perché stanco di svolgere un ruolo di secondo piano, il corvo cambiò il canovaccio: emettendo suoni metallici, durante le riprese promozionali, abbandonò la postazione sul borsalino del protagonista e dopo una serie di evoluzioni acrobatiche planò sull’edicola di piazza San Babila, affollatissima, mandando per aria quotidiani e riviste.
Galleria Vittorio Emanuele |
Tutti, spettatori e passanti, s’impegnarono nel tentativo di acciuffarlo, ma quello era deciso a portare a termine il suo “show”, sfiancando i cacciatori. Mentre un signore sembrava sul punto di fermarlo, il corvo riprendeva il volo, atterrava e subito decollavaa. Se una mano gli si avvicinava troppo puntava verso corso Europa e tornava indietro o verso via Cino del Duca e faceva il girotondo; sfiorava il pavimento puntando minacciosamente il becco, saltava, zampettava, riprendeva il volo, scendeva in picchiata. Uno spettacolo fuoriprogramma che divertiva soprattutto i bambini. Alla fine il volatile perdette la partita e rientrò nel ruolo, lasciando senza fiato chi aveva tentato di neutralizzarlo. “Se la trovata del passeriforme non fosse stata estemporanea e fosse stata invece programmata - disse qualcuno al regista Giuseppe Recchia -, non avrebbe avuto lo stesso effetto”. A proposito di Recchia, le aveva pensate tutte per fare “audience”.
Corso Vittorio Emanuele tra Duono e Galleria |
Per esempio gli era venuto in mente un ingresso fastoso nell’ottagono della Galleria Vittorio Emanuele con una quarantina di palafreni, ma dovette rinunciarvi per la mancata concessione delle autorizzazioni previste. Ma quella con il conduttore tv al volante di un’auto minuscola zeppa di animali accompagnata da una cinepresa in azione su un altro veicolo era un’ottima idea, molto applaudita dagli osservatori, che pensavano a un cast di Cinecittà; ma per l’autista un’impresa poco divertente, perché del carico faceva parte un mastino napoletano, che a tratti cercava di leccarlo. Pascal Serra comunque non si tirava mai indietro e trasportò anche due San Bernardo con regolare fiaschetta appesa al collo, belli nel loro pelo bianco e biondo-rame. Lui agli animali era davvero affezionato: aveva lavorato in pista sotto lo “chapiteau” fra saltimbanchi e ruggiti di leoni e aveva avuto anche un ghepardo. Quindi con quegli esemplari ci sapeva fare. Aveva dimestichezza anche con il merlo indiano, che come il primo aveva un carattere bizzarro: una sera stravolse la scaletta mettendosi improvvisamente a volicchiare sulle teste dei presenti, su alcuni cuccioli e su due levrieri, valore 8 milioni, di Caterina Caselli; e su un San Bernardo di Bobby Solo, entrambi ospiti d’onore.
Piazza Duomo |
La trasmissione piaceva. Molti facevano la fila per essere ammessi nello studio; la gente a casa aspettava con ansia l’orario segnalato da “Settimana Radio Tv” e rimaneva incollata al teleschermo, anche perchè le puntate, che tra l’altro avevano come consulente un veterinario, si avvalevano di un angolo riservato a un personaggio famosissimo a quei tempi: Angelo Lombardi, che dal ’56 al ’64 aveva condotto un suo programma di 78 puntate, tutte importantissime e seguitissime, “L’amico degli animali”, con scimmie, serpenti, leoni e altri abitanti della giungla. Lombardi era ritenuto l’antesignano della divulgazione scientifica. Era nato in una famiglia di origini rurali, si trasferì in Somalia e si appassionò al lavoro di cacciatore di belve. Nel dopoguerra ridette vita allo zoo di Napoli che le bombe avevano distrutto.
Il Duomo |
Il suo programma televisivo aveva scopi scientifici, perché di ogni esemplare raccontava le abitudini, gli “habitat”, il cibo di cui si nutrivano, la famiglia a cui appartenevano, il metodo di caccia, le caratteristiche (il giaguaro nuota bene, ma non ha la capacità di arrampicarsi del leopardo, che è all’erta di giorno e di notte e dopo aver ucciso la preda se la porta sugli alberi), ma anche educativi, perché invitava chi era al di là dello schermo ad avere rispetto per il mondo animale. Era uno dei maggiori fornitori dei parchi zoologici europei e fra i sostenitori dell’abolizione delle gabbie. Come Mike Bongiorno apriva le sue serate sul piccolo schermo inneggiando all’allegria, Lombardi diceva “Amici dei miei amici buonasera”. Il figlio, mi pare Angelo anche lui, seguì le sue orme. Negli anni 80 organizzò una grande mostra di rettili, “Serpentilia”, in un salone del Museo di Scienze Naturali in via Palestro, a Milano. Andai a visitarla – era una domenica, la cronaca languiva – e gli chiesi di mostrarmi le vipere, perché stando spesso in campagna a Martina Franca, me ne poteva capitare una tra i piedi. Dopo avermi accontentato, avendogli detto che quelle bestie mi facevano paura, fece tirar fuori dalla teca un serpente enorme, se non ricordo male un boa, esortandomi ad accarezzarlo. Mi feci coraggio ed eseguii. La trasmissione di Angelo Lombardi si svolgeva tutta nello studio, a differenza di quella di Serra, che prevedeva scene nelle strade e nelle piazze per motivi, come detto, pubblicitari. Con idee spesso originali. Come quella del conduttore in sella In Galleria, solenne come i circensi Charle W. Fish o James Robinson dopo il salto in avanti, il “casse-cou, che vuol dire rompicollo, o un volteggio alla cosacca o alla “circassa”. I milanesi non erano abituati a queste improvvisate, che non facevano neppure i grandi circhi, e nonostante il loro proverbiale andare sempre di corsa si fermavano ad ammirare l’auto piena di animali come uno zoo ambulante. Mancava l’elefante e magari l’urlo di Tarzan.
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