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mercoledì 8 agosto 2018

Da Parma a Milano con una dote di cultura


Leonida Villani
 


NEI LIBRI DI LEONIDA VILLANI

UNA MESSE DI STORIA MINORE


Di giorno l’autore faceva il capo ufficio

stampa del Comune di Milano, la sera

scriveva: I suoi testi furono pubblicati

dalla casa editrice di Nicola Partipilo,
 
specializzata in pubblicazioni su Milano.

Uno fu presentato da Piero Mazzarella





Franco Presicci
Nei libri di Leonida Villani si mietono notizie, aneddoti, curiosità, credenze popolari... Così in “Sapessi come strano conoscere Milano”, edito tanti anni fa dalla Celip, con un intervento di Enzo Jannacci. Era ormai sepolto in un archivio il gesto di un tale, Massazio da Vigolzone, vandalo o poco dotato mentalmente, che nel 1247 sfregiò con un coltello il volto della Madonna ritratto sulla facciata della chiesetta di San Satiro, adagiata dall’876 in via Torino, già allora molto frequentata. La Madonna sanguinò, e quando il fatto divenne di dominio pubblico fu grande l’indignazione dei fedeli e della cittadinanza milanese tutta, e non solo; e per quelle lacrime si gridò al miracolo.
Nel '60, Presicci, Villani, Galli, Bassetti
Villani, giornalista e scrittore egregio, che, trasferitosi a Milano da Parma, dove aveva lavorato nel quotidiano più antico condotto da Baldassarre Molossi, assunse negli anni ’60 l’incarico di capo ufficio stampa del Comune. Erano i tempi dell’assessore Piero Bassetti, con il quale collaborava anche Giancarlo Galli, poi direttore de “Il Lombardo”. Villani era uno studioso e amava spigolare nella storia e nelle storie della città. Cerca e ricerca, prendeva nota, faceva le ore piccole e riempiva cartelle che poi diventavano libri, oggi quasi introvabili. Qualcuno voleva sapere chi fosse “el Beltramm de la gippa”, la maschera meneghina più remota, che, nata alla fine del ‘500 a Gaggiano sul Naviglio, aveva come compagna Beltramina, fiorita nei pressi della darsena di Porta Ticinese, allora Laghetto di Sant’Eustorgio? Villani aveva dato la risposta, descrivendo efficacemente i personaggi. Mauto Bikincammer, apprezzato incisore di origine svizzera, avvezzo a randellare di notte gli austriacanti, e una volta, sostenuto dalla Compagnia della Teppa, con la quale aveva una certa familiarità, buttò nel naviglio di via Senato la garitta con la sentinella. Altra tessera del mosaico, i vespasiani, che a Milano si trovavano ovunque. Furono installati in seguito a una decisione della giunta comunale nell’agosto del 1862.
Piazza Duomo in un dipinto di Salvatore Corvaya
I cittadini accolsero con favore la novità, e il 24 gennaio di otto anni dopo la stessa giunta promosse un ente per l’utilizzo del prodotto di quei luoghi intitolati all’imperatore romano che nel 70 dopo Cristo li aveva tassati. Il proposito degli amministratori meneghini fu presto accantonato e quelle strutture, in ferro e a forma ovale, smantellate. Le pagine di Leonida Villani dunque arricchiscono chi è avido di notizie. I ciclisti, per esempio – riferisce l’autore - costituivano un problema per loro mania della velocità, tanto da essere soprannominati “arrotini impazziti”. Il termine non doveva far piacere agli interessati; di più il provvedimento adottato nel 1893, che vietava loro di circolare nella cerchia dei navigli e anni dopo di pedalare senza un attestato di idoneità alla guida e di superare la velocità delle carrozze, che era di 12 chilometri orari. E a proposito di carrozze era assolutamente vietato “somministrare il fieno ai cavalli sulla pubblica via, rimanendo tollerato soltanto il fornire loro la biada racchiusa in sacchetto che non appoggi a terra”. E vogliano parlare degli antesignani? Prontissimo, Villani. In ogni tempo Milano ne ha avuti tanti. Uno fu il fotografo Italo Pacchioni, accasato a Porta Genova, che nel 1896 sui bastioni piazzò un baraccone, in cui con pochi centesimi si poteva assistere alle prime immagini in movimento: il cinema! La milanese Rosina Ferrario fu la prima donna a prendere, nel giugno del 1913, il brevetto di pilota d’aerei. Un mese dopo la seguì la concittadina Gabriella Anderloni. In molte zone della città spandevano odori stuzzicanti le taverne. Attorno al Cordusio ce n’erano parecchie. Tra queste, l’Osteria della Luna”, che rifocillò Renzo Tramaglino; e poco distante il forno manzoniano.
Libro di Villani
Via Dante nacque su consiglio di Napoleone Bonaparte: doveva permettere la vista del Castello da piazza Cordusio, simboleggiando, il maniero, la grandezza di Milano, la Milano di Gaitan Crespi, “poetta, studiòs della lènga meneghina e ambrosianon de coeur e de caratter”, vissuto nell’odierna via Santa Maria Podone, nel cantone delle Cinque vie. Le opere di Leonida Villani sono una decina. “Le piazze di Milano”, “Milano e Milano” (con Luigi Turolla), “Vivere Milano”, “Alla ricerca di Milano”, “Leonardo a Milano”, “Una Milano mai vista (con Gino Bramieri)”… Questo volume venne presentato in un elegante ristorante meneghino dalle parti del Corvetto (da una vasca vigilavano due piccoli coccodrilli) dal grande attore di cinema e di teatro Piero Mazzarella, che ricordiamo anche nel ruolo di Peppon nel “Nost Milan”, il brumista che uccide l’amante della figlia nel testo di Bertolazzi. Mazzarella era una figura carissima ai meneghini, che non dimenticano la sua attività al Teatro Gerolamo, dove rispolverò e tenne viva la tradizione milanese. In quella serata Piero elogiò il lavoro di Leonida e si complimentò con lui per l’amore che nei suoi volumi rivelava per Milano, pur non essendovi nato (del resto anche lui era un immigrato, avendo avuto la culla a Vercelli nel 1928). “La tua – disse, tra l’altro, Piero rivolgendosi a Villani – è davvero una Milano mai vista e neppure immaginata, o una Milano che c’è ma che noi non vediamo, che sfugge alla nostra attenzione, anche perchè camminiamo correndo.
Mazzarella, Villani, Presicci
Una Milano meravigliosa, riservata, pudica, che non ama mostrare la sua bellezza”. Piaceva a Mazzarella come Villani presentava Milano, con racconti brevi ma avvincenti. Esempio, i comignoli a pagoda di uno palazzo in corso Venezia che nessuno osserva, perché occorre stare attenti al traffico, quindi alla propria incolumità. I comignoli, aggiunge, hanno un capo indiscusso, un re, che si trova sul tetto della prima casa a sinistra di via Laghetto. Purtroppo, a uno sprovveduto è venuto in mente di
Fontana di p.zza San Babila, a destra corso Venezia
umiliarlo, deturpandolo, mimetizzarlo rivestendolo di cemento, ignaro della sua struttura in cotto fatto. E’ solo l’ignoranza che suggerisce certi interventi o il demonio? No, risponde giustamente Villani. Fra il diavolo e il milanese non c’è molta simpatia. Loro non si sono mai affidati a lui o ai fantasmi. Eppure il Maligno si è sempre dato da fare per mettere in trappola soprattutto le personalità più notevoli, come Ambrogio, il quale, stufo di essere tampinato un giorno afferrò tra collo e coda il molestatore e lo scaraventò fuori della chiesa. Un affresco ricorda l’episodio. E si arriva alla contessa Giulia Samoyloff, nipote del conte Pahlen, nipote “degli strangolatori dello zar Paolo I e del conte Stravonshy, ultimo della famiglia da cui uscì Caterina I, consorte di Pietro il Grande. Giulia approdò a Milano, dove non fu accolta con simpatia. Era elegante, bellissima, sensuale, stravagante e faceva colpo su molti patrizi. Ma lei preferiva i suoi cagnolini, al punto che quando un Fido venne a mancare gli organizzò un solenne funerale seguito dal resto del…canile.
Piazzale Loreto alla fine dell'800
La nobildonna, che amava immergersi ogni mattina in una vasca piena di latte, organizzava continuamente ricevimenti, nel suo palazzo in via Borgonuovo. Mazzarella sfoderò anche un po’ della sua proverbiale ironia suscitando l’ilarità dei presenti; e quando gli fu fatto dono di un pacchettino contenente un orologio, rimproverò con bonomia gli organizzatori per l’oggetto dato per ringraziando del suo incomodo: troppo bello e costoso rispetto a quello modesto, di poche lire che lui avrebbe gradito per la sua collezione.
Alla manifestazione parteciparono autorità civili e militari e moltissimi giornalisti delle televisioni e della carta stampata, compreso Giulio Nascimbeni, biografo di Montale, e Luciano Visintin, già direttore de “Il Corriere dei Piccoli” e autore di vari libri su Milano e poeta (“Il breviario dei pensieri cattivi”, concepito in dialetto milanese). Di Visintin era l’introduzione di un altro volume di Leonida Villani, ”Le piazze di Milano”. “Che cos’è una piazza?”. Risposta: “Il più delle volte vuol dire una chiesa, un campanile”. Ma è anche un punto in cui convergono strade e in cui si raccolgono persone, che esprimono opinioni, polemizzano, urlano. La piazza – ogni paese ne ha una, è difficile trovare un paese senza la piazza – è anche il luogo dove il popolo fa la voce grossa, si ribella, protesta; dove si svolgono feste, si concludono cortei, processioni. A volte nella piazza si fa la storia, la politica, e anche teatro e musica. La piazza può cambiare faccia, farsi il belletto o lasciarsi andare, ingrandirsi o rimpicciolirsi. Leonida Villani è scomparso da parecchi anni. E sono scomparsi anche Visintin e il grande Nascimbeni, critico letterario del “Corriere della Sera”.

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