I
pugliesi che hanno fatto la storia di Milano
(Franco PRESICCI) Una volta si diceva che se a Milano ci fosse il mare, sarebbe una piccola Bari. Lo si diceva nel dialetto della città di San Nicola. Oggi l’adagio è quasi dimenticato. Ma è vero che i pugliesi nel capoluogo lombardo sono un paese. Siano tarantini o foggiani, leccesi o brindisini, hanno dato, e continuano a dare, il meglio di sé. Molti di loro sono anche diventati importanti, in qualunque settore: il giornalismo, l’imprenditoria, la libera professione, l’editoria... Qualche esempio? Guglielmo Miani. Venne a Milano nel 1922 da “Andria felix”, come la chiamava Federico II, che l’amava, iniziò confezionando abiti su misura, distinguendosi per l’eccellenza dei risultati, tanto che la sua clientela diventò sempre più illustre, annoverando Buster Keaton, Totò, Charlie Chaplin, Walter Chiari, Gino Bramieri... Inaugurò un nuovo filone, quello degli impermeabili, scelse come logo”Larus”, traduzione latina di gabbiano… E non si limitò a vestire tante personalità, aprì negozi nel centro di Milano, in via Montenapoleone; in via Manzoni…; avviò il commercio dei tessuti, facendo venire stoffe pregiate dall’Inghilterra; rilevò il Camparino in Galleria Vittorio Emanuele…Nel ’49 fu tra i fondatori del Salotto di Milano, l’associazione dei titolari delle aziende più prestigiose… Non c’era gente che potesse dire di non conoscere almeno di nome il commedator Miani, che tra l’altro organizzò una settimana inglese a Milano e per l’occasione fece installare davanti al suo negozio a un passo da piazza Cavour una cabina telefonica londinese. Ospitò a casa sua Filippo di Edimburgo, che per i suoi alti meriti lo premiò con l’Ordine della Giarrettiera; ed ebbe tante altre onorificenze, Nel ’70, quella di ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico. I giornalisti lo corteggiavano. Il “Giorno” affidò un lungo articolo su di lui a Nantas Salvalaggio. Geniale, intelligente, lungimirante, uomo di buon gusto, era anche un filantropo: vinse due volte il Premio della Bontà.
Dino Abbascià in una sosta durante la costruzione di una scuola in Kenia |
Altro esempio: Dino Abbascià. Lasciò Bisceglie quando aveva appena
13 anni. Sceso dal treno alla stazione Centrale, si sentì come
Pinocchio nel ventre della Balena che aveva già ingoiato Geppetto.
Nel Transatlantico rimase stupito davanti all’enorme sagoma della
“Michelangelo”, una delle regine del mare, poi smantellata come
un giocattolo. Fuori della Galleria delle Carrozze, determinato e
volitivo com’era, pensò che doveva darsi da fare subito. Come?
Veniva da un centro ortofrutticolo che inviava le sue prelibatezze in
tutt’Europa? Bene, quella era la via da imboccare. Si fece assumere
da un fruttivendolo e gradino dopo gradino arrivò in cima alla
scala, facendosi stimare da tutti. Fu lui a far conoscere agli
italiani i kiwi, i manghi, i meloni dei tropici. Era acuto,
lavoratore infaticabile, creò un’azienda, i cui furgoni
percorrevano Milano con il suo nome scritto in grande sulle
fiancate. Era presidente o vice di vari organismi nazionali o
regionali; un pilastro dell’Unione Commercianti. Sua la “Boutique
della frutta” di fronte all’ospedale Fatebenefratelli. Quando
parlava in pubblico e nei consigli di amministrazione lo ascoltavano
con piacere e interesse: sapeva accompagnare il concetto profondo con
la battuta di spirito. Se n’è andato, prematuramente, per un male
vigliacco, ed è stato commemorato in Comune, che gli ha conferito
l’Ambrogino d’oro alla memoria. Il ceramista grottagliese
Giuseppe Fasano gli ha fatto un ritratto. Anche Abbascià aveva un
cuore d’oro: tra l’altro costruì a proprie spese una scuola in
Kenia. Lo ha ricordato, fra i tanti, Dely Gatti, dell’Inner Weel
International di Merate.
Da sx: Nicola Vernola, Peppino Strippoli e Filippo Alto |
Peppino Strippoli, nato a Cerignola, ma barese d’azione, piantò le
tende a Milano, dove tra gli anni 50 e 80 creò ristoranti, cantine,
trattorie. Uno, “’Ndèrr’a la lànze”, in piazza Santo
Stefano, vicino all’Università Statale. Serviva orecchiette al
sugo o con le cime di rapa, patate e cozze, “fave e fògghie”…Tra
i suoi clienti, i pittori Filippo Alto e Francesco Speranza, i
giornalisti Salvatore Giannella e Vittorio Notarnicola, il
commendator Guglielmo Miani, il regista Gillo Pontecorvo….Luigi
Veronelli, enologo e scrittore coltissimo, (aveva anche una rubrica
sul vecchio “Giorno”) lo teneva in grande considerazione.
Strippoli, detto l’appulo-milanese, inaugurò poi il supermercato
del vino a Saronno, dove un pomeriggio fece installare un grande
contenitore, affidando a cinque o sei ragazze il compito di pigiarvi
l’uva con i piedi nudi, come facevano i contadini nel palmento al
tempo della vendemmia. L’appulo-milanese amava parlare dei colori
della sua terra, dei suoi vini, dei suoi cibi e degli ulivi dal
tronco robusto. E di Trani, che “ha la campagna più ricca di
grappoli”. Moni Ovada disse che aveva amato Bari prima di andare a
visitarla, grazie a Peppino, che non perdeva occasione per decantare
questa città, la Puglia e la sua gente.
A sx Elio Greco, a dx Guido Le Noci |
Un grandissimo personaggio, noto e apprezzato non soltanto a Milano,
ma in Europa, Guido Le Noci E’ stato anche un editore molto
importante. Nel ‘68 pubblicò il bellissimo volume “Martina
Franca” di Cesare Brandi, che ebbe un enorme successo. Poi altri:
su Apollinaire, Quasimodo, Montale. Era amico di Ungaretti, Pierre
Restany, padre dell’Art Nouveau”, Dino Buzzati, Raffaele
Carrieri, Paolo Grassi... Approdato a Milano nel ’25, fece ogni
mestiere; nel 27. acquistò i primi disegni; nel ’43 aprì la sua
prima galleria, la “Borromini, a Como, dove organizzò una mostra
che schierava Picasso, Modigliani... Il regime, che non amava l’arte
non tradizionale, la segò, facendo eliminare i nomi non graditi; ma
Le Noci non si perse d’animo e tutte le opere “colpite”
trovarono un compratore. Dopo il conflitto mondiale trasferì la
“Borromini a Milano, dove il 17 dicembre del ’54 a Brera accese
le luci dell’”Apollinaire”, in cui negli anni espose i maggiori
rappresentanti delle correnti contemporanee. Andava spesso a Parigi,
per incontrare artisti, critici, collezionisti, scopriva talenti…Fece
conoscere all’Europa Soldati e Meloni; sostenne Christo Javaceff,
che impacchettava i monumenti.
Foto storica: Guido Le Noci, a sinistra, con Christo Javaceff, in piazza Duomo. Alle loro spalle, a destra, il pittore tarantino Elio Santarella e, impacchettato, il monumento equestre |
Realizzò progetti che l’Italia
intera non potrà dimenticare, compresa una grandiosa manifestazione
di arte e spettacolo nel cuore della città, alla quale assistette
una folla inimmaginabile. Uomo pieno di idee, geniale, un prezioso
protagonista della cultura e dell’arte, fu il propulsore di quella
astratta, che grazie a lui s’irradiò a Rom e in altre città.
Aveva in mente di varare un Premio “Apollinaire Sud” dedicato
alla Regione Puglia, con segreteria a Milano “ed epicentro a
Martina”, dove era nato. Uomo tenace, determinato, mercante
eccezionale. Su Guido Le Noci e sulla sua attività si potrebbero
scrivere volumi. Se lo spazio fosse di gomma, qui potremmo riuscire a
sintetizzare ciò che ha fatto e ciò che ha rappresentato per il
capoluogo lombardo. E’ stato uno di quelli che hanno fatto grande
Milano .
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