L’INCONTRO CON LUCIA BOSE’
SUL “SET” DEL FILM “ARCANA”
Tina Aumont |
Il viaggio in taxi con Tina Aumont,
la simpatica attrice francese che
nel film viene violentata dal figlio
della chiromante.
Lucia Bosè |
Il privilegio di vedere recitare la Bosè,
nel ’47 Miss Italia, il concorso ideato da
Dino Villani, pittore, scrittore, pubblicitario
dalla fantasia inesauribile, critico d’arte,
trasferitosi a Milano da Suzzara.
Franco Presicci
Era il luglio del 1971. Avevo appuntamento con il produttore Palumbo, un tipo riservato, taciturno, ma gentile, sul “set” del film “Arcana”, in via Paolo Sarpi 21. Andai prima nell’albergo in cui alloggiava Tina Aumont, che mi aspettava nella “hall”, e insieme salimmo sul taxi.
Lucia Bosè in Capri |
Una traversata divertente, con l’attrice estroversa, scoppiettante, ironica. Intelligente, bella, anzi bellissima, grandi occhi vivaci, alta, magra, giovanissima, che andava a girare la scena in cui, nei panni di Marisa, bussa alla porta della maga Maria delle Rose Tarantino (Lucia Bosè), perché, prossima alle nozze, desidera farsi predire il futuro; e invece viene violentata sul pavimento da un apprendista stregone, figlio della padrona di casa, interpretato da Maurizio degli Esposti. Durante il tragitto la Aumont mi parlò di sé, dei suoi genitori, lui francese, lei dominicana; del suo matrimonio con Christian Marquand; accennò ai suoi film (“La calda preda” di Roger Vadim; “Scusi, lei è favorevole o contrario?” con Alberto Sordi…); e poi alla parte che si accingeva ad affrontare. “Adesso basta, ti ho già detto tanto. Se ti racconto la trama non avrai più voglia di venire a vedermi al cinema”. Ma eravamo arrivati. Tina, una silfide, sbucò dall’abitacolo mentre pagavo la corsa, e mi urlò un ciao prolungato. Quando entrai nell’appartamento si stava già preparando per trasformarsi in Marisa. Lucia Bosè nell’ufficio dell’addetto-stampa era impegnata in una telefonata non ricordo se con Dominguin, il marito, il torero più famoso del mondo, o con il figlio Miguel. Era irritata, a tratti alzava la voce, dandomi le spalle. Quando mise giù la cornetta, si accorse della mia presenza, mi regalò un sorriso, si accese una sigaretta e il fumo dette al suo viso un alone di mistero. “Eccoci qua”. Alta, solenne, splendida, regale, mi invitò a sedermi; si accomodò a sua volta, offrendosi alle mie domande. Ne aveva fatta di strada la commessa della celebre pasticceria Galli, in corso di Porta Romana 2, vicino a piazza Missori, a Milano, dove nel ’47 Luchino Visconti, amante dei “marrons glacès” del locale, avvicinatosi un giorno al bancone con Giorgio De Lullo, la notò, rimase colpito dal suo volto cinematografico e la esortò a intraprendere la carriera di attrice, passando per Miss Italia, che lo aveva come giurato con Orio Vergani, Vittorio De Sica, Isa Miranda, Cesare Zavattini, Totò…. Lo stesso anno la Bosè conquistava il titolo del famoso concorso, “l’invenzione di Dino Villani che - parola di Gaetano Afeltra - ha più inciso nella storia del nostro costume”. Poi si presentò al provino per “Riso amaro”, lo superò, ma rinunciò al film per volere dei genitori. Andò meglio per “Non c’è pace tra gli ulivi”, nel ’50, di Giuseppe De Sanctis; e per “Cronaca di un amore” di Antonioni. Film dopo film diventò una diva. Sorrideva amabilmente, Lucia Bosè, mentre si raccontava. Ma s’intuiva che non aveva un carattere facile. E non sembrava entusiasta di evocare il percorso già fatto. Almeno questa fu la mia impressione, vedendola scivolare sul film e su Giulio Questi, appassionato di George Bataille, del quale aveva letto proprio tutto, a cominciare da “l’Erotisme”.
“Il mio ruolo nel film – chiosò - che s’intitolerà ‘Arcana’, è un po’ complicato, ma mi piace proprio per questo. Forse fra i tanti che ho interpretato è quello che mi prende di più”. Poi di Questi: “E’ un regista meraviglioso. Solo qualche volta non sono d’accordo con lui, perché un’espressione, una battuta io la sento a modo mio…”. E quando le chiesi se avesse centrato il personaggio, rispose che non poteva parlare dei risultati del suo lavoro. “Posso dire che ci metto molto impegno”. Quando finisce un film, va a vederlo? “Sì, ma quasi sempre non mi piace; mi meraviglio che io possa aver fatto cose così diverse da me. Durante la lavorazione poi non voglio guardare il materiale già girato, per non rimanere influenzata”. Dopo una mezz’oretta il regista interruppe la conversazione. “Tocca a te, Lucia”. E lei si calò nel ruolo. Non aveva avuto bisogno di consultare chiromanti, una delle quali dispensava pronostici stando seduta in un confessionale, e un’altra sentenziava come l’oracolo di Apollo. Aveva solo ascoltato un “veggente” che non esercitava il mestiere. Ebbi così il privilegio di vederla all’opera. Ogni tanto Questi le dava un suggerimento, e lei eseguiva senza discutere. “Oltre che bella è anche spiritosa e alla mano”, commentava Palumbo. E in una pausa il regista: “E’ anche molto brava. E’ stata per me una sorpresa. L’ho scelta non solo per l’esperienza che ha; ma perché ha vissuto: è donna, madre. E’ piena d’istinti e sta dando un’enorme verità a questo personaggio che in principio mi sembrava difficile e teorico. Lei gli dà concretezza, lo rende reale, mostra una notevole capacità di muovere la recitazione sui tasti più diversi”.
Gaetano Afeltra |
Una sintesi di “Arcana? “Narra il rapporto tra una madre e il figlio, rapporto vissuto in modo istintuale. La forza di questo istinto dà a entrambi poteri ‘magici’. La madre, chirologa e cartomante lucana trasferitasi da tempo a Milano, li usa soltanto per sbarcare il lunario, mentre il figlio vorrebbe che se ne servisse per cambiare il mondo. Un mondo, che, pur caratterizzato da coraggiose conquiste scientifiche, non riesce a soddisfare le aspirazioni, i bisogni della gente”, che perciò chiede aiuto alle carte, alle sfere di vetro, ai fondi di caffè...Finita la scena, la Bosè si rivolse nuovamente a me: aveva ancora una ventina di minuti da dedicarmi. E io: “Tornerebbe a vivere nella sua Milano, dove ha i genitori?”. Disse che, pur risiedendo a Roma, era ormai abituata alla Spagna.
Walter Chiari e Patrizia Caselli |
“Tra l’altro lì c’è molto spazio; a Milano si vive appiccicati gli uni agli altri”. Le capitava certo di pensare a Milano, alla cascina di via Ripamonti, in zona Vigentina, dov’era nata; alla vita felice che vi aveva condotto; alla pasticceria Galli, uno dei locali più frequentati e rinomati della città; all’incontro con Luchino Visconti, che la segnalò a Michelangelo Antonioni e a Giuseppe De Santis e fu poi il padrino di battesimo di Miguel… Si era fatto tardi e non c’era più tempo per chiederle del suo giovanile rapporto sentimentale con Walter Chiari; della sua amicizia con Pablo Picasso; di Gianna Maria Canale, Gina Lollobrigida, Silvana Mangano, Eleonora Rossi Drago, che avevano partecipato con lei alla stessa edizione di Miss Italia, a Stresa; e dell’atmosfera in cui si animava la competizione, delle tensioni, dei sogni… Lei mi salutò cordialmente, mentre si spegnevano le luci. “E dire che tutto per Lucia è cominciato con Miss Italia”, commentò il produttore.
Dino Villani in un disegno di Mario Vellani Marchi |
“Ma chi era Dino Villani?”. “Pittore, critico d’arte, incisore, al quale Gaetano Afeltra, fulcro de ‘Il Corriere della Sera’, direttore de ‘Il Corriere d’Informazione’ e poi de ‘Il Giorno’, conoscitore profondo del capoluogo lombardo, delle sue figure più eminenti, della sua storia, dei locali storici, dei salotti, dei giornali, dei navigli…, ha dedicato un capitolo in ‘Milano amore mio’”. Figlio del capostazione di Suzzara, Villani, uomo sereno, generoso, di buone maniere, approdò a Milano nel ’34, si dedicò alla cartellonistica, frequentando Gino Boccasile, Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich. Ideò il premio “Notte di Natale”, la “Festa della mamma”, il “Premio Suzzara”, l’Accademia della cucina... Nel ’39 in coppia con Cesare Zavattini lanciò “Cinquemila lire per un sorriso”, che, sorto per lanciare un dentifricio, nel ’46 partorì Miss Italia. Scoprì le donne più belle d’Italia. Fra queste appunto Lucia Bosè, che in “Arcana”, proiettata nelle sale nel ’72, fu un’interprete memorabile, giudizio di un critico autorevole: Morando Morandini. L’ho poi rivista nel 2000 sul piccolo schermo nello sceneggiato “Capri” (prodotto da Rai Fiction), cosparso di amori, tradimenti, delusioni, misteri, galanterie. Era l’amabile e saggia donna Isabella Galiano, adorata da Reginella (Isa Danieli). Nonostante gli anni dipanati, l’ex ragazza che elargiva i suoi sorrisi alla “marrons glacès” nella pasticceria di Giovanni Galli conservava la sua bellezza.
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