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mercoledì 2 maggio 2018

Momenti insoliti sui mezzi pubblici


Il 2
LAMPI DI TEATRO DELL’ASSURDO

SUI TRAM E SUI TAXI DI MILANO


La presunta contessa che si fa
portare a Firenze e non paga;

il falso colonnello della Nato
ospite dell’ospedale psichiatrico
di Mombello;

il gatto che miagola sul metrò, ma è un giocattolo che fa impennare una passeggera.

Il violino che non fa fare cassa e
l’”artista” s’impenna.







Franco Presicci


Sui mezzi pubblici a Milano ogni tanto balenano lampi di teatro: l’anzianotto con in capelli lunghi raccolti a coda di cavallo sulla nuca, che dopo aver suonato in qualche maniera un paio di canzoni ed essere passato con un bicchiere rimasto vuoto improvvisa un sermone infiorettato di imprecazioni; la signora che sente miagolare un gatto, scruta sotto i sedili e sospettando che sia nascosto in una borsa dà in escandescenze e non si placa neppure quando si scopre che a gnaulare è un giocattolo sollecitato dal movimento del metrò.
Tram in via Montesanto diretto alla Centrale FS
“Una marea di alieni sono già arrivati sulla terra- avverte una seconda -, si sono impossessati dei nostri corpi e nessuno si accorge di essersi trasformato in un altro. Anche io sono posseduta da un essere che mi si era rivelato promettendomi un viaggio sulla luna”. La donna, sui cinquanta, bassina, bruna, tunica bianca, si era appostata alle spalle del conducente del tram e sproloquiava, mentre il tranviere, pur attento alle manovre di comando, ascoltava impassibile questo lungo racconto surreale che durò una decina di fermate. Alcuni stavano a sentire guardando con espressione ironica i vicini allibiti; altri commentavano riducendo la voce a un mormorìo; un signore sghignazzò; “E’ davvero un mondo da pazzi”, e fu ricambiato con uno sguardo compassionevole. Io, che andavo e tornavo in tram dal lavoro, accendevo il registratore, che catturava le sparate per la mia rubrica “Microfono segreto”.
Tram in via Albricci
Quando scoppiò lo scandalo del vino al metanolo, che costò la vita a una persona che abitava in viale Sarca, sul “2”, che allora aveva il capolinea in viale Lunigiana, una mattina i viaggiatori intavolarono una discussione accanita che dopo un po’ venne interrotta da un urlo da coyote di un tale dall’apparenza campagnola: “E’ tutta colpa della bomba tonica!”, facendo roteare un bastone con il pomo a becco d’aquila. E calò il silenzio. Un’altra mattina un altro personaggio, calvo, sottile, occhiali scuri, mentre il tram procedeva a singhiozzi verso piazza Cavour, esortava il manovratore a partecipare a un comitato che aveva lo scopo di abbattere le carceri, che “sono inutili, hanno un aspetto triste e offendono il paesaggio”. “Signori, biglietto!”. La voce proveniva dalla piattaforma, i passeggeri si affrettarono a tirar fuori delle tasche i documenti di viaggio, mentre l’agitatore cercava di sfuggire al controllore, ma si trovò di fronte a un gigante falla faccia severa, che non gradì la puzza di alcol che quello emanava farfugliando: “Non sapevo che a Milano per spostarsi bisognasse pagare”.
Tram in via Montesanto
Su un autobus pieno come una scatola di sardine una passeggera piuttosto anziana, un po’ sdogata, occhi stralunati, una siepe di capelli policromi pettinati alla Pippi Calzelunghe, vestita di nero come le donne in lutto nel Sud, un cappellino con la penna da alpino, si rivolse ad un’altra più giovane con residui di una bellezza seducente, e con tono imperioso: “Ehi, straniera, lo hai pagato il biglietto?”. L’interpellata senza fare una piega si alzo, le cedette il posto e le mostrò di essere perfettamente in regola. Sul filobus 90, che percorre come il confratello 91 in senso inverso la circonvallazione, sempre affollato di extracomunitari, un quasi sosia del sacrestano di don Matteo nell’omonimo sceneggiato televisivo, camicia hawaiana e giacca sulle spalle, tuonò: “Dicono che le pensioni le pagate voi, allora fatemi sapere perché a me non date mai una lira”. I presenti lo ignorarono e l’atmosfera non si arroventò, nonostante quello continuasse a blaterare.
Scene frequenti anche sui taxi. Anni fa Luigi Carcano, poeta e paroliere nato a Porta Cicca, descrisse una delle sue: “Un mezzogiorno sale sul mio taxi un tale che autorevolmente mi dice: ‘Sono un colonello della Nato, devo fare alcuni rilievi in Brianza per operazioni militari previste per la settimana prossima”. Luigi, autore di libri divertenti pubblicati dalla casa editrice Meravigli, parte, e appena fuori città viene invitato a fermarsi. Il sedicente ufficiale scende, fa cenno al tassista di seguirlo, gli fa reggere la borsa, ne estrae delle carte e studia il paesaggio, borbottando: “A destra, su quello spazio erboso, sistemiamo l’artiglieria; lì i bersaglieri, no, forse un po’ più avanti, oltre quell’albero è meglio; a sinistra, sul fianco di quella casamatta, i motociclisti…”. Parla e annota, poi si proclama soddisfatto e ordina: ’Possiamo andare, punti verso la provinciale’”. Luigi obbedisce all’ordine di imboccare un vialetto e di fermarsi davanti a una villa, “dove si trova il generale al quale devo riferire i risultati dell’esplorazione. Ritorno al massimo fra mezz’ora”. E va con passo marziale. “Aspetto con pazienza, passa la mezz’ora, ne passa un’altra, quindi vado dal custode per sapere quando potrà concludersi la riunione. Alla risposta Luigi resta senza parole: “Quale riunione? Questo è l’ospedale psichiatrico di Mombello”.
Pietro Carrideo
Al mio amico Pietro Carrideo, oggi sessantacinquenne, sposato con Lidia, tre figli, originario di Torremaggiore, qualche chilometro da San Severo, in Puglia, tassista per una vita a Milano, oggi in pensione, si presentò come contessa una donna di notevoli dimensioni: “Mi porti a Firenze”. Pietro mise in moto e, giunto a destinazione, fatti un bel po’ di giri, dovette proseguire, su indicazione della nobildonna, verso Prato. Dopo aver preso a bordo un’altra donna, indicata come dottoressa. Altri giri e ritorno a Firenze, quindi a Milano. Nessuna delle due aprì la borsetta, ma dettero appuntamento a Pietro il giorno dopo per altre ore di corse. Stesso atteggiamento quel giorno e l’altro ancora. “Poi penai parecchio per avere il mio denaro, che mi venne consegnato dalla dottoressa, che era stata a sua volta raggirata”. Altre vicende mi furono raccontate durante la pausa di un incontro di tassisti organizzato nel ‘90 in un locale dell’Idroscalo da Farina, capo dell’ufficio distribuzione del “Giorno”. In quella serata, Carlo, ex attore di teatro, appreso che ero alla ricerca di storie insolite, aprì il suo album: “Una sera mi chiamano da un ristorante di lusso, vado, ospito un signore distinto, gli chiedo dove devo portarlo, e quello mi fa: ‘Dove vuoi tu, cretino’. Sorpreso, rimbecco: ‘Guardi che la butto giù dal taxi’. Impassibile, lui mi porge 30 mila lire e ripete che sono libero di scegliere il tragitto. Poi i chilometri superano la cifra pagata e lui mi allunga altri 20 bigliettoni. Alla fine si decide a indicare l’indirizzo di un prestigioso palazzo del centro.
Tram che corre verso piazza della Repubblica
Quando ci arriviamo, abbandona l’abitacolo e impone a Carlo di aspettare. Trascorre mezz’ora e più, un colpo di claxon, fa capolino un uomo in divisa da maggiordomo, alto, in carne, con l’aria da generale dell’esercito. ”Desidera?”. “Sto aspettando il signore che è entrato lì dentro”. “Ma il signor conte è già a letto”. Enzo: “Un giovane su una Volvo mi dice di non riuscire a raggiungere l’autostrada per Genova, e mi chiede di fargli da guida’. Accetto, ma appena il furbastro riesce ad orientarsi accelera e sparisce”. Rividi Lugi nello studio-galleria del pittore Aldo Cortina, in vicolo dei Lavandai, Poco prima era andato via Bettino Craxi, di cui Aldo, di Belluno, già allievo di De Pisis, titolare della Libreria Universitaria di fronte alla Statale, presidente del gruppo pittori di via Bagutta, era amico. Si inaugurava una delle sue mostre, ispirata al Naviglio Grande e alla vecchia Milano. Luigi mi fece una strizzatina d’occhi, mi avvicinai e mi offrì un tulipano a stelo lungo con due dita di bianco secco. “Quando possiamo parlare tranquillamente?”. “Molto presto”. Mi sorrise, sorseggiando da intenditore. Era un milanesone del ’20, cresciuto nel quartiere più popolare della città. Autore di tanti brani, come “La metamorfosi di un terrone”, finalista nell’83 al Festival della canzone meneghina. Le sue storie in dialetto sono raccontate con Luigi Carcano da Giovanni Luzzi nei Libri “Parla el Luisin tassista” e “Parla el tassista”, pubblicati dalla Meravigli. Avvocato penalista, studioso di psicologia giudiziaria, cultore del dialetto, autore del volume “Inscì parla la mala”, de “Il giallo della stretta Bagnera”, di commedie, poesie… Luzzi era nato nel 1901 da una famiglia milanese benestante di origine emiliana. Fu il più giovane laureato d’Italia.






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