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mercoledì 20 febbraio 2019

L’intervista, a Miami, al capo dei Miccosucke


“SE FOSSI STATO TORO SEDUTO O GERONIMO AVREI FATTO LE BATTAGLIE CON LA PENNA”



Conversai con Sonny Billie nel suo accampamento mentre il suo popolo lavorava sotto i “chichees”.

“Io sono per il dialogo, e il dialogo, se stabilito in buonafede, finisce col dare buoni frutti”.

Stimava Osceola, “che fu un sachem coraggioso, anche se impulsivo e vendicativo”.

Il “tribal chairman” era saggio e parlava con molta calma, misurando le parole.

Lo incontrai nel suo accampamento vicino all’Evergladees. Era il 1986.






Franco Presicci 

“Amo il dialogo. Il dialogo, se stabilito in buonafede, finisce con il dare buoni frutti”. Iniziò così il suo discorso Sonny Billie “tribal chairman”, presidente dei Miccosukee, indiani discendenti dal leggendario Osceola, sachem, capo elettivo dei Seminole. Una sera dell’ottobre dell’89 Lino Rizzi, direttore del “Giorno”, un gentiluomo di antico stampo, mi chiamò a casa per dirmi che dovevo andare a Miami per imbarcarmi sulla Costa Riviera in crociera nelle Isole Vergini. Al ritorno mi aspettava una pagina. “A Miami dovrai fermarti due o tre giorni, quindi potrai fare un salto ad Orlando”. Giunto a destinazione, una sera, visitando i negozi, le palestre, le piscine.. dell’albergo “Fontainebleau”, in cui alloggiavo, conobbi un tale che dopo aver fatto il trombettista sulle case galleggianti, si era stabilito in Florida, dove con un pullmino portava in giro i turisti. Avendo appreso che ero cronista di nera da Lorenzo Zucchi, dirigente della TWA, con il quale avevo volato dalla Malpensa sin lì, mi disse che mi avrebbe presentato appunto l’indiano eletto “tribal chairman” da una quindicina di giorni, se durante il tragitto, gli avessi parlato dei traffici di droga e dei trafficanti che attraversavano quella città.
Sonny Billie, Franco Presicci e altri
Accettai, ed eccomi davanti a Sonny Bill, che aveva la faccia di Nuvola rossa, capo dei Sioux, altissimo, massiccio, volto scolpito nella quercia, una moglie, quattro figli tutti sposati. Parlava con calma, voce bassa, parole calibrate e parecchie pause, poco di sé, ma molto della storia della sua gente, della vita quotidiana nell’accampamento (Indian village of Miccosukee tribe), che si stende a pochi passi dall’autostrada verso Miami, la Tamiami Trail, su un margine delle sconfinate paludi del Sud della Florida: le Evergladess, ricche di boschi di mangrovie, ciuffi d’erba tagliente come spade, di quattrodici tipi di orchidee e popolate da alligatori e da venticinque specie di serpenti, cinque o sei velenosi.
Bambola indiana degli Hopii

Billie precisò di essere uomo di pace, pur conservando uno spirito battagliero, che emerge quando si presenta la necessità di salvaguardare i diritti della comunità. Senza aspettare la domanda, chiarì che non avrebbe voluto essere nessuno dei grandi personaggi del passato: né Geronimo né Toro Seduto. Stimava Osceola, che fu un “sachem” coraggioso, anche se impulsivo, vendicativo, feroce (era chiamato anche Powell, nome dello scozzese che aveva sposato la madre), morto in prigione dopo aver condotto battaglie memorabili. Era stato tirato per i capelli: era la prima metà dell’800, lui viveva tranquillo sulla sua terra prima della notte in cui un gruppo di soldati di Forte King irrompesse nel villaggio, distruggendolo. Fra i prigionieri c’era anche la moglie di Osceola, “Rugiada del mattino”. Il giorno dopo il massacro il capo andò dal generale Tompson, ma l’ufficiale, anziché restituirgli la donna, lo fece frustare. Il pellerossa giurò di non starsene con le mani in mano: trasferì i Seminole nell’Evergladess, dove tese numerose imboscate al nemico. Tra i Seminole – che vuol dire “fuggiasco”, facendo torto a questo popolo che non si arrese mai, si erano intruppati per solidarietà disertori, evasi, schiavi scappati ai negrieri. Sonny Billie accennò soltanto alle pagine che delineano le stragi, i tradimenti, i voltafaccia dei generali. Per lui appartenevano al passato. “Non è nello spirito degli indiani uccidere. Gli indiani sono molto religiosi… Se fossi vissuto oltre un secolo fa, avrei invitato i generali a discutere sino alla stanchezza.
Ragazza vicino al totem
Non avrei combattuto con il fucile, ma con la penna”. Lasciammo lo slargo circondato da “chickees”, capanne tradizionali aperte ai lati con il tetto intessuto di rampi e foglie di palma e passeggiammo tra i banchi d’esposizione dei “souvenirs” (collane di corallo, bambole, gonne, camicette, giochi, insegne indiane…), tra le fonti di reddito della tribù. Gli chiesi: Che cosa prova quando vede, se li vede, i film sugli indiani. “Noi sappiamo che l’uomo bianco non ha mai onorato la parola data e ci ha sempre presentati come selvaggi. Ma è inutile che diventiamo matti: non dobbiamo litigare, bensì unirci e vivere da amici. Era restìo a manifestare i propri sentimenti. Passai ad altre domande: Quanti membri conta la sua tribù? “Esattamente 520. Ma qui intorno sono accampati altri mille indiani. Come vivete? “Con lo spettacolo degli alligatori e con l’artigianato”. Come considerate la donna nel villaggio? “Uno dei miei compiti è quello di garantire a tutti pari diritti e uguale dignità, indipendentemente dal sesso; di evitare le discriminazioni di qualsiasi natura.
Indiana cuce  e altri dialogano


Non c’è spazio quindi per quello che voi chiamate movimento femminista”. E azzardai la domanda impertinente: “Sonny Billie è un bell’uomo e un ‘chairman’: gli capita di essere corteggiato dal gentil sesso?”. Sorrise divertito. “Non abbiamo l’abitudine di avere due mogli. E se mi capitasse di essere corteggiato, pregherei la persona di desistere: per la mia posizione devo essere l’esempio, altrimenti la tribù mi toglierebbe la fiducia”. Piccola pausa, poi: “La donna per me è espressione di bellezza; è madre. Io non sono un ‘play-boy’”. Ha oppositori nella gestione del villaggio? “Quelli che hanno smanie di carriera si comportano come gli italiani”. Come trascorre le ore libere? “Leggo, guardo la televisione, vado in macchina, come tutti nella tribù; a parte quelli che stanno nel ‘chickees’.
Fachiro a Saint Croix
Alcune famiglie si sono costruite la villetta lungo la strada principale del villaggio, ma ci vanno soltanto per godersi il programma televisivo. In certi momenti si siedono vicino al fuoco sotto tre rami disposti a ics, le cui punte indicano l’Est, l’Ovest, il Nord e il Sud”. Avete tutte le comodità? “Abbiamo il frigorifero, le scuole, i pompieri, la lavanderia, la biblioteca…”. E tornò alla storia del suo popolo, “che era in Florida prima ancora che questa entrasse a far parte degli Stati Uniti. Durante le guerre del XIX secolo la maggioranza dei pellirosse fu deportata verso Ovest. Solo poche famiglie riuscirono a dileguarsi trovando rifugio nell’Evergladees. Un nucleo più consistente s’intanò nell’Hammock, un isolotto invaso dagli alberi”. Gli antenati del chairman si costruivano piroghe utilizzate per andare a caccia e vendere animali e altra merce.
Chickee
Un paio di queste imbarcazioni scavate in un solo tronco di cipresso sono esposte nel villaggio. “Occorrevano due anni per farne una”. Sonny Billie provava piacere nel raccontarsi: “Abbiamo sempre dato prova d’indipendenza e siamo rimasti ignoranti nell’Evergladees un centinaio d’anni. Abbiamo cominciato ad accettare il mondo moderno quando venne costruita l’autostrada Tamiami Trail. Nel 1962 il governo federale ci ha riconosciuti come tribù indiana separata dai Seminole. A lottare per il riconoscimento dei Miccosukee fu Buffalo Tiger, che aveva sposato una donna bianca e lavorava in uno studio d’avvocato. Poi Buffalo abbandonò la moglie e l’impiego e fece ritorno nella palude. Fece causa al governo, ma siccome i Miccosukee, che per anni erano stati ritenuti estinti, non erano stati registrati come tribù indiana, e l’azione se ne andò in gloria: Buffalo Tiger spedì un telegramma a Fidel Castro, che mandò la sua risposta: “I Miccosukee sono una storica nazione con diritto a un territorio”. Buffalo era instancabile. Basandosi su un documento del 1839, scomparso e riapparso nel 1962, che garantiva ai Seminole un ampio territorio nel Sud della Florida, a condizione che sotterrassero per sempre le armi, nel 1981 i Miccosukee ottennero una somma di denaro e 800 chilometri quadrati di terra. Buffalo radunò in una sola comunità i Miccosukee e li governò fino al 1985, quando venne sostituito dal sottoscritto”. Sonny aggiunse che ogni anno in primavera celebravano la “Danza del grano verde”, un rito sacro che per quattro giorni rende grazie al dono del mais: “dono che costituisce il segreto della forza della nostra tribù”. Ultima domanda: Che ne è della medicina indiana? “Resta radicata come pure il folclore, che è parte integrante dell’educazione dei nostri ragazzi”. Poi, indicandomi un fuoco: “Vede quei tronchetti di cipresso in mezzo alla brace? Simboleggiano il cerchio della vita: un pezzo è sempre rivolto verso Est”.


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