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mercoledì 28 febbraio 2024

Un faro di Taranto si spegne

 LA CASA DEL LIBRO DI MANDESE DESTINATA AL MONDO DEI RICORDI



Casa del Libro di Nicola Mandese - Foto Antonio De Florio


Un’altra ferita per la città. Una libreria storica smonta gli scaffali tra l’amarezza dei tanti
avventori, che adesso sperano di vederla trasformata in centro culturale. Un appello alle autorità comunali: “Salvatela!”.















Franco Presicci




Quando una libreria spegne definitamente le luci, un pezzo del cuore della città ne risente. Se poi quelle vetrine danno testimonianza di circa un secolo, il dolore è ancora più grande. La Casa del Libro di Nicola Mandese, a Taranto, era inserita nell’albo delle librerie storiche d’Italia.
Michele Pierri

L’hanno visitata personaggi illustri, da Vasco Pratolini ad Alda Merini, nei quattro anni che fu a Taranto con Michele Pierri, grande poeta e primario traumatologo dell’ospedale Santissima Annunziata; da Riccardo Bacchelli a Michele Prisco, da Fulvio Tomizza a Roberto Gervaso, a Vittorio Sgarbi, a Raphael Alberti, che a Nicola volle improvvisare il ritratto su un foglio qualunque.
Lunga e gloriosa vita, dunque, quella della famosa libreria della Bimare. Non c’è tarantino, giovane o anziano, che non abbia acquistato un libro da Nicola, persona garbatissima e libraio di antico stampo.
Nelle mie rimpatriate non potevo evitare di fare un salto in quel tempio, che stava a due passi dal bar dell’angolo (D’Aquino-Acclavio) e dal giornalaio Fucci, che dall’androne dello stabile debordava all’esterno, servendo anche da punto di raccolta di studenti universitari e intellettuali come Marcello Ruggieri, che poi si trasferì a Roma, diventando un attento e autorevole operatore culturale.
Quasi sempre dalla folla che fluttuava da piazza Maria Immacolata fino al cinema Vittoria, all’angolo con via Margherita, dove si sfrangiava e tornava indietro, emergeva la voce di Marche Polle. “A vuè mo? Nà, pìgghiet‘a schedìne; e se no ‘U panarijdde”. Era una leggenda per Taranto, quest’uomo basso e sottile, il volto scavato, berretto in testa, a cui hanno innalzato un monumento. Da Mandese gli appassionati discutevano dei versi di Claudio De Cuia, che qualche volta teneva una conferenza sulla poesia dialettale, e si scambiavano opinioni sull’ultima opera di Federico Moccia o della stessa Merini, che quasi ogni giorno si presentava per informarsi sulle novità.
Il ponte sul Naviglio Grande dedicato ad Alda Merini
La Casa del Libro si trasformava così in una specie di circolo culturale, dove gli intenditori del vernacolo spiegavano il significato delle parole e la loro etimologia, accennando ai poeti Diego Fedele, Domenico Cantore, Arturo Caforio, Nerio Tebano, Diego Marturano, Alfredo Lucifero Petrosillo, che fu anche direttore de “’U Panarjdde”... Tra i maestri della nostra parlata, c’era Giacinto Peluso, che ha raccontato Taranto in tutti i suoi aspetti, compresi i personaggi, alcuni stravaganti, pubblicando volumi proprio con la casa editrice Mandese, che dava spazio ad autori come Giuseppe Francobandiera, che fu direttore colto, ricco d’idee e di competenza, dinamico, del circolo culturale Italsider, sede la Masseria Vaccarella, dove Giuseppe portò personalità di spicco, come Gianni Brera, Morando Morandini, il maggiore critico cinematografico italiano (“Il Giorno”), una mostra del pittore barese Filippo Alto, il Teatro sull’erba, con Luca De Filippo, i concerti in chiesa... Queste erano alcune delle figure che ebbero contatti frequenti con la libreria di via D’Aquino, che qualche anno fa realizzò una iniziativa di grande prestigio: “Taranto legge Kafka”, in cui si alternarono al microfono collocato davanti alla libreria i cittadini più volenterosi, nonostante il freddo e le minacce di pioggia.
Nicola con Vittorio Gorresio

Cominciai a frequentare la libreria quando era in via De Cesare 28 ed era governata dal cavalier Antonio, papà di Nicola, un galantuomo come pochi, sempre sorridente, calmo, disponibile, cordiale. Mio padre voleva avviarmi al lavoro più che allo studio e già a tredici anni a sua insaputa spolveravo gli scaffali da Mandese in cambio di qualche volume: “I tre moschettieri” o “Il conte di Montecristo” di Alexandre Dumas; “Il corsaro nero” o “Le tigri di Mompracem” di Emilio Salgari.
Più di una volta, d’estate, ho portato il pranzo a Nicola e ai sui fratelli che con la mamma facevano i bagni a Praia a Mare, stabilimento balneare che allora, come Lido Bruno e altri, era di moda. Gli operai dell’arsenale andavano invece allo stabilimento Santa Lucia - verso i Salesiani - di cui mi è rimasta impressa la rotonda, perché, bamboccio irrequieto, dagli interstizi spiavo il mare limpido, cristallino, seducente, prima di assecondare l’onda che baciava la battigia e si ritraeva. Allora Nicola poteva avere quattro anni. Passò il tempo, il cavaliere Antonio, già in via D’Aquino, dove accolse Sandra Milo e altre figure famose, scomparve e le redini della libreria passarono a Nicola. Cominciarono a conoscerlo tutti. E a stimarlo. I miei amici parlavano molto bene di lui, e mi sollecitavano a ripetere i racconti dei miei anni di garzone.
Antonio Mandese con Sandra Milo

Adesso, “punctum dolens”, la Casa del libro si avvia alla fine del percorso. Tra un mese, forse, cesserà l’attività, nella via dello struscio. A quasi ottant’anni e qualche acciacco Nicola ha deciso di mollare. Ma sta facendo di tutto, anche con l’esortazione degli avventori più fedeli, per continuare a dare respiro alla Casa del libro, magari con l’etichetta di centro culturale che alimenti la lettura, solleciti gli autori a venire a dialogare con i lettori, a stabilire insomma tra scrittore e lettore un contatto diretto, come a suo tempo ha fatto lui, Nicola, invitando a una tavola rotonda all’aperto il professor Francesco Sabatini, linguista esimio, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, per un lungo periodo quasi venerato per le sue lezioni in televisione la domenica mattina.
Come è giunto alla decisione di abbandonare il campo, dopo tantissimi anni di attività, di soddisfazioni e di gloria? Nicola la prende alla larga, riservato com’è. E parla di età, di malanni e anche, forse, di disamore indotto. A ottant’anni può accadere. Ma a espugnare la sua resistenza è stata la crisi del libro, dovuta anche alle vendite on-line, che hanno indebolito il mercato.
Per Nicola Mandese è un momento triste, sia pure un tantino confortato per aver fatto onore alla promessa fatta suo tempo alla mamma, Olga: tirare avanti il più a lungo possibile. Lui è stato sempre all’altezza del compito a cui era stato chiamato, ha dimostrato di saper tenere il volante, di essere un ottimo pilota. E lascia con l’impegno di essere presente in altra veste, indomito nonostante le avversità. Non si sente come il timoniere di una barca naufragata davanti a una nave da combattimento. Un altro Nicola, a Milano, Partipilo, titolare anche lui di una libreria storica, ha dovuto chiudere dopo aver lottato con tutte le sue forze; e oggi il suo sacrario è un ricordo che addolora tutti i suoi ex avventori. Questi vanno per viale Tunisia e provano nostalgia davanti a quelle vetrine che erano sempre ricche di novità librarie.
Quando una libreria chiude, grande o piccola che sia, storica o no, in centro o in periferia, non lascia indifferente nessuno. I clienti della libreria Mandese – riferisce Nicola – chiedono se questa casa del libro in qualche modo si possa salvare. Io sono del parare che le autorità comunali dovrebbero mobilitarsi perché non si abbassi un’altra serranda nella via più elegante di Taranto, un salotto. Un salotto appunto era la Casa del Libro, che oggi potrebbe sopravvivere come centro di conferenze, incontri culturali, presentazioni di libri, serate sul vernacolo, con letture di pagine di Diego Fedele, Giacinto Peluso. Diego Marturano, Arturo Caforio.... Taranto non può e non deve perdere la Casa del Libro, il faro di via D’Aquino e della città; la libreria che negli anni ha visto il passeggio di migliaia di cittadini e ha contribuito alla crescita culturale della Bimare. Quanti nomi sono entrati nella Casa del Libro: oltre a quelli già citati, Michele Prisco, Carlo Cassola, Fulvio Tomizza, Massimo Grillandi, Roberto Gervaso, Luciano De Crescenzo, Tino Carraro, Vittorio Gassman, Eduardo De Filippo, quando venne a recitare al Teatro Orfeo, dove si esibirono Emma Gramatica ed Elsa Merlini (in “Venerdì Santo” di Cesare Giulio Viola), Paolo Carlini, Ernesto Calindri, Alighiero Noschese, Milva e ancora prima Wanda Osiris, che nella sua casa di via Sant’Andrea, a Milano, mi raccontò gli applausi raccolti a Taranto e il grido di Mussolini mentre correva in aua Rimini “Wandissima!!!”. E tale era la diva quando scendeva le famose scale.
Tornando alla Casa del Libro, l’augurio che continui a vivere, sia pure con l’insegna di circolo culturale.

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