LA NASCITA DEL BAMBINELLO SUL PAGLIAIO DELLA GROTTA
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| Particolare di un presepe |
FRANCO PRESICCI
A Milano si sono riaccese le luci di Natale: nelle vetrine dei negozi, all’ingresso degli esercizi specializzati, che sugli scaffali hanno allineato statuine del presepe di ogni dimensioni e grotte e luci inscatolate.
A Taranto gli allestimenti cominciano con Santa Cecilia, la protettrice dei musicisti. Dopo le bande che partono da ogni rione per riunirsi in un punto stabilito della città e attraversando vie e piazze suonano pastorali e altre note sacre, mentre la folla al loro passaggio si distribuisce sui marciapiedi. “Passa la banda, evviva”, urla qualcuno dai balconi e altri battono le mano. “Arriva Natale!”, gridano altri;mentre le nonne fanno cadere la pastella nell’olio bollente per fare le pettole. Natale è Natale e la festa porta gioia. La prima pettola il nonno sonnecchia sulla poltrona e la prima pettola è per lui. Dopo le pettole, le “sannachiùtere,”piccoli dolcetti spalmati di miele e sparsi di “asinine”. La padella sfrigola e il profumo si diffonde, esce dalle case e inonda la strada. Stanno per arrivare dai monti della Basilicata gli zampognari. Ai miei tempi li seguivano mentre soffiavano nella cornamusa. Le mamme lanciavano monetine dal balcone, non si sentono gli zampognari. E noi virgulti guizzavano come cerbiatti. Oggi sui “social” impazzano gli artefici del presepe; a Napoli i turisti affollano San Gregorio Armeno, si fermano davanti ai banchi che espongono architetture sacre meravigliose eseguite a regola d’arte. Del resto novembre è al tramonto e il tempo passa come il vento. Nei laboratori di ceramica plasmano le grotte, i guardastelle, le lavandaie, i fuocherelli, gli animali, il dormiente, il pizzaiolo, tutta la popolazione dei presepi sparsa nei pressi della grotta, magari da mettere sotto l’albero, perché molte famiglie, soprattutto al Nord, a Milano, non ci rinunciano.
Su facebook vedo presepi fatti con il polistirolo, con il sughero, con il gesso, il legno, la pietra, e illuminano i manufatti con luci che creano atmosfere suggestive. Il presepe è magia, favola, paesaggio con sentieri, corsi d’acqua, luoghi di mestieri antichi: il calzolaio con il deschetto, il fabbro, il falegname… Di fronte a un presente fatto bene l’appassionato s’immedesima, ha voglia di farne parte, magari nei panni del vecchietto che con la lanterna in mano a far visita al Bambine. Quando le giornate e soprattutto le notti sono gelide, una volta in alcune case riscaldate appena con il braciere o con un vecchio bacile dall’orlo sbreccato, il calore lo dava il presepe, fonte di amore e di serenità.
Lo allestiva il capofamiglia con la carta da pacchi immersa nella creta semisciolta nell’acqua. Prima l’artefice faceva lo scheletro di legno, poi lo rivestiva con quell’impacco, che qua e là ricopriva di erba vera e sassolini di sughero per farlo sembrare un passaggio. Due fronde di pino, spezzate dal vento, qualche lampadina qua e là ed ecco ricostruita alla bell’e meglio la nascita di Gesù in una grotta fredda e spoglia. Niente a che vedere con i capolavori che eseguono a Brescia o a Bergamo, nella stessa Milano e nel Sud, dove i personaggi sono di cartapesta o di terracotta e indossano abiti fatti a mano. Al Museo di Dalmine ci sono quasi mille esemplari provenienti da ogni parte del mondo ed naturalmente quello napoletano.
A Napoli sono artisti veri quelli che sagomano i personaggi di questa scenografia devozionale; la loro fama ha fatto il giro del mondo, anche grazie ai turisti che vanno e vengono e s’infilano in ogni angolo. Ma fuori dei vicoli di Peppino, Eduardo, Titina De Filippo, di Totò, Nino Taranto, Luciano De Crescenzo, Giuseppe Marotta c’è chi fa del presepe un’arte suprema.
Quando ero ragazzo l’8 dicembre i virtuosi del presepe avevano già la loro opera da mostrare orgogliosamente. E invitavano amici, parenti e conoscenti e i giovani per vederlo. Per la realizzazione spesso collaboravano anche i giovani. La mamma, anche se non esercitava il mestiere di sarta, cuciva gli abiti e qualcuna, che aveva dimestichezza con l’argilla, dava forma alla venditrice di frutta e alla contadina attorniata dalle bestie. Si prova gioia a sagomare l’argilla per formare i pastori. Tra i professionisti ci sono quelli di Cutrofiano e di altri paesi del Leccese. Una volta a Milano in via Mombello un negozio specialistico li raccoglieva quasi tutti. E sugli scaffali allineava statuine di ogni dimensione e di ogni materia. Anche quelli provenienti dal Salento con i vestiti eseguiti da persone che avevano dimestichezza con l’ago e il ditale. Anche a Grottaglie ci sono figuli di classe capaci di confezionare figure alte due centimetri e con espressioni realistiche.
Il presepe con questi personaggi è un viaggio affascinante, emozionante, tra sentieri, alture, spelonche. Il presepe lo si vive. Difficile pensare un Natale senza presepe. C’è già chi lo progetta, prepara l’occorrente (cespugli, terra di ogni colore sintetica, alberelli, che può farsi da sè, strappando rametti da un albero vero, e la neve, che non può mancare, spruzzata un po’ qua e un o’ là per incrementare il clima natalizio). C’è chi usa il gesso, la farina: tutto il presepe va spolverato di fiocchi; e se non è a portata di mano la neve sintetica, basta ricorrere alla farina, al detersivo o al gesso. Con i semi di zucca e il riso si costruisce il ficodindia, con le pale dipinte di verde e i frutti di bianco, rosso, giallo.
Ci sono mille soluzioni fai da te per creare un presepe. La fantasia aiuta. Qualcuno ambienta il presepe in una cascina; altri in una casa diroccata.
In latino il presepe vuol dire dire stalla. E anche bestiame raccolto in un recinto per proteggerlo dai predatori. Ecco perché quelli che fanno… nascere Gesù in un condominio o in un trullo sono fuori strada. Non solo perchè non rispettano la tradizione, ma anche perché quei manufatti sono freddi, non dicono niente.
Il presepe è atteso soprattutto dai bambini; è un evento straordinario. Ai bambini piacciono sì le pettole, le luminarie, gli zampognari che vengono sotto casa e suonano “Tu scendi dalle stelle”; ma li attira il presepe. Qualcuno lo fa ritagliando le figure che appaiono sui settimanali o in un vecchio libro. A Taranto il pittore Raffaele D’Addario, che le pensava tutte, le disegnava, le colorava e le sistemava in un ambiente anch’esso di carta. Faceva anche quelli di sughero in una comune scatola di cartone, poi rivestita di carta doppia. Se qualche collezionista lo avesse scoperto lo avrebbe assediato. Già, perché ci sono persone che collezionano presepi e ci sono quelle che cercano confratelli della Settimana Santa per impolpare le loro processioni in miniatura.
In piazza Duomo a Milano di solito va in scena il presepe mobile: figure che si muovono, acqua che scorre, il calzolaio che batte il martello sulla suola della scarpa… Un presepe enorme. La mia amica Anna Bruno mi parlava di un presepe lungo 60 metri non ricordo più in quale paese. Una fluidità compositiva che coinvolge. C’è inventiva, in quel presepe. C’è arte. Non tutti possono permettersi di dare movimento ai personaggi. Ma anche se statici sono da ammirare. Confesso: io ho più di mille statuine, grandi, piccole, di resina, di terracotta e ogni Natale, mentre mi appresto a creare il mio presepe di sughero, mi sento preso dalla gioia. E ho imparato a fare pastori alti un centimetro che sistemo in fondo per creare la prospettiva. Non tutti i tentativi riescono.
Anche mio padre faceva il presepe e mi chiedeva di dargli una mano. Preferiva la carta intrisa di creta. A sedici anni il presepe lo feci io nella chiesa di San Domenico a Taranto. Il parroco, don Stefano Ragusa, di Martina Franca e amico dello zio canonico, mi indicò il punto in cui voleva la scenografia presepiale e obbedii. Mancava poco tempo a Natale e io mi ingegnai subito, perché non volevo fare una brutta figura. I fedeli, soprattutto le vecchiette che al Vespro erano sempre in prima fila, pregavano invocando grazia a Gesù. Sono innamorato del presepe. A Taranto andavo in giro per le chiese che lo allestivano. Osservavo prima di tutto gli animali, dalle pecore ai conigli, e i personaggi che li portano sulle spalle, tra le braccia, al seguito. Mi dicevano che il presepe più bello lo facevano ella chiesa di San Pasquale, ma io non sono mai andato a vederlo e oggi mi sento in colpa. Ricordo il presepe che faceva in casa Rocchino, amico e collega di mio zio Dionigi. Era bello, luminoso e trasmetteva serenità.
Al presepe nonna Graziella, martinese purosangue, al presepe dedicava uno spazio non tanto piccolo nell’ingresso. Il Bambino lo teneva nascosto in un tiretto del comò e noi aspettavamo con ansia il momento in cui sarebbe arrivato tra Giuseppe, Maria, il bue e l’asinello. La nonna si avvicinava al presepe, con un cenno faceva spegnere le luci a mia zia, tirava fuori dalla tasca il Bambinello e lo metteva nella grotta. E tutti a cantare per festeggiare l’evento. Mi accorsi che mancava l’angelo e il giorno dopo lo trovai appeso sulla grotta: l’aveva fatto mia madre, che aveva le mani d’oro.
Il presepe è messaggero di gioia e di pace; è un simbolo. Tutto nel presepe lo è. Ripercorrere la storia del presepe sarebbe come ripercorrere secoli di poesia e di leggende. Secondo una di queste, il primo presepe sarebbe stato realizzato a Lecce da San Francesco al ritorno da un viaggio in Oriente, tempo prima del presepe vivente di Greccio.
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| Presepe |
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| Presepe |
Su facebook vedo presepi fatti con il polistirolo, con il sughero, con il gesso, il legno, la pietra, e illuminano i manufatti con luci che creano atmosfere suggestive. Il presepe è magia, favola, paesaggio con sentieri, corsi d’acqua, luoghi di mestieri antichi: il calzolaio con il deschetto, il fabbro, il falegname… Di fronte a un presente fatto bene l’appassionato s’immedesima, ha voglia di farne parte, magari nei panni del vecchietto che con la lanterna in mano a far visita al Bambine. Quando le giornate e soprattutto le notti sono gelide, una volta in alcune case riscaldate appena con il braciere o con un vecchio bacile dall’orlo sbreccato, il calore lo dava il presepe, fonte di amore e di serenità.
Lo allestiva il capofamiglia con la carta da pacchi immersa nella creta semisciolta nell’acqua. Prima l’artefice faceva lo scheletro di legno, poi lo rivestiva con quell’impacco, che qua e là ricopriva di erba vera e sassolini di sughero per farlo sembrare un passaggio. Due fronde di pino, spezzate dal vento, qualche lampadina qua e là ed ecco ricostruita alla bell’e meglio la nascita di Gesù in una grotta fredda e spoglia. Niente a che vedere con i capolavori che eseguono a Brescia o a Bergamo, nella stessa Milano e nel Sud, dove i personaggi sono di cartapesta o di terracotta e indossano abiti fatti a mano. Al Museo di Dalmine ci sono quasi mille esemplari provenienti da ogni parte del mondo ed naturalmente quello napoletano.
A Napoli sono artisti veri quelli che sagomano i personaggi di questa scenografia devozionale; la loro fama ha fatto il giro del mondo, anche grazie ai turisti che vanno e vengono e s’infilano in ogni angolo. Ma fuori dei vicoli di Peppino, Eduardo, Titina De Filippo, di Totò, Nino Taranto, Luciano De Crescenzo, Giuseppe Marotta c’è chi fa del presepe un’arte suprema.
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| Particolare di un presepe |
Il presepe con questi personaggi è un viaggio affascinante, emozionante, tra sentieri, alture, spelonche. Il presepe lo si vive. Difficile pensare un Natale senza presepe. C’è già chi lo progetta, prepara l’occorrente (cespugli, terra di ogni colore sintetica, alberelli, che può farsi da sè, strappando rametti da un albero vero, e la neve, che non può mancare, spruzzata un po’ qua e un o’ là per incrementare il clima natalizio). C’è chi usa il gesso, la farina: tutto il presepe va spolverato di fiocchi; e se non è a portata di mano la neve sintetica, basta ricorrere alla farina, al detersivo o al gesso. Con i semi di zucca e il riso si costruisce il ficodindia, con le pale dipinte di verde e i frutti di bianco, rosso, giallo.
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| Presepe in sughero |
In latino il presepe vuol dire dire stalla. E anche bestiame raccolto in un recinto per proteggerlo dai predatori. Ecco perché quelli che fanno… nascere Gesù in un condominio o in un trullo sono fuori strada. Non solo perchè non rispettano la tradizione, ma anche perché quei manufatti sono freddi, non dicono niente.
Il presepe è atteso soprattutto dai bambini; è un evento straordinario. Ai bambini piacciono sì le pettole, le luminarie, gli zampognari che vengono sotto casa e suonano “Tu scendi dalle stelle”; ma li attira il presepe. Qualcuno lo fa ritagliando le figure che appaiono sui settimanali o in un vecchio libro. A Taranto il pittore Raffaele D’Addario, che le pensava tutte, le disegnava, le colorava e le sistemava in un ambiente anch’esso di carta. Faceva anche quelli di sughero in una comune scatola di cartone, poi rivestita di carta doppia. Se qualche collezionista lo avesse scoperto lo avrebbe assediato. Già, perché ci sono persone che collezionano presepi e ci sono quelle che cercano confratelli della Settimana Santa per impolpare le loro processioni in miniatura.
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| Presepe in cartapesta |
Anche mio padre faceva il presepe e mi chiedeva di dargli una mano. Preferiva la carta intrisa di creta. A sedici anni il presepe lo feci io nella chiesa di San Domenico a Taranto. Il parroco, don Stefano Ragusa, di Martina Franca e amico dello zio canonico, mi indicò il punto in cui voleva la scenografia presepiale e obbedii. Mancava poco tempo a Natale e io mi ingegnai subito, perché non volevo fare una brutta figura. I fedeli, soprattutto le vecchiette che al Vespro erano sempre in prima fila, pregavano invocando grazia a Gesù. Sono innamorato del presepe. A Taranto andavo in giro per le chiese che lo allestivano. Osservavo prima di tutto gli animali, dalle pecore ai conigli, e i personaggi che li portano sulle spalle, tra le braccia, al seguito. Mi dicevano che il presepe più bello lo facevano ella chiesa di San Pasquale, ma io non sono mai andato a vederlo e oggi mi sento in colpa. Ricordo il presepe che faceva in casa Rocchino, amico e collega di mio zio Dionigi. Era bello, luminoso e trasmetteva serenità.
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| Presepe di sughero |
Il presepe è messaggero di gioia e di pace; è un simbolo. Tutto nel presepe lo è. Ripercorrere la storia del presepe sarebbe come ripercorrere secoli di poesia e di leggende. Secondo una di queste, il primo presepe sarebbe stato realizzato a Lecce da San Francesco al ritorno da un viaggio in Oriente, tempo prima del presepe vivente di Greccio.








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