Pagine

Print Friendly and PDF

mercoledì 13 luglio 2016

I viaggi sulla Michelangelo e sulla Raffaello



LA NAVE MICHELANGELO


Le giornate fra divertimenti e riposo. Le manifestazioni come “La dama dello zodiaco”. I pranzi, i balli, le cene i dolci fra sculture di ghiaccio. Gli spettacoli del grande Enrico Simonetti.
Una traversata con Raffaella Carrà e il Mago Waldner, titolare di una rubrica su “Grazia”.

I motori si spensero nel ’75 suscitando tanta malinconia.




Franco Presicci





Superba, signorile, imponente, magnifica, la Michelangelo, come la sua gemella Raffaello. avvolgeva subito i viaggiatori in un’atmosfera di serenità. Mi emozionavo ogni volta appena messo piede sul barcarizzo; e poi quando la banda intonava l’inno di Mameli per salutare la partenza.
Visita alla nave
Di solito si lasciava il porto di Genova al mattino, dopo aver passato la notte all’hotel Principe. E già lì incontravo gli amici che avrebbero condiviso l’avventura con me: Liliano Modena, addetto alla custodia e alla distribuzione dei “gadget”; il pittore Fed Ferrari, autore di un enorme ritratto della moglie del presidente della Repubblica, donna Vittoria Leone; il fotografo ufficiale di bordo Gianfranco Barabino; Adriano Bet, capufficio stampa della Società “Italia” di navigazione... L’incontro era una festa, a cui partecipavano l’avvocato Paolo Zucchi di Pavia, o il mago Waldner, che scriveva su “Grazia”. Conobbi le attrici Erica Blanc, Diana Torrieri, Solvi Stubing…; e poi Raffaella Carrà e Gianni Boncompagni; Alfredo Pigna, giornalista del “Corriere”, direttore della “Tribuna illustrata”, conduttore televisivo esperto di sci alpino, sceneggiatore (”Il fischio al naso”, nel ’67, di e con Ugo Tognazzi…), amico di Dino Buzzati.
Alfredo Pigna (al centro) e Presicci a sinistra ballano
Alto, simpatico, pronto alla battuta, Pigna fu protagonista di una scena imbarazzante che lui rese divertente: a una bellissima ragazza si slacciarono le bretelline del vestito e lui, con provvidenziale tempismo, le si parò di fronte, nascondendola agli sguardi, e rassicurò i presenti: “Ho evitato due gol”. Era con noi la moglie del vice di Bet, Bonfiglioli, una signora fine e deliziosa.
Ping-pong sulla Michelangelo







Le giornate sulla Michelangelo e sulla Raffaello trascorrevano in fretta con i tanti passatempi che gli animatori offrivano. E chi non voleva essere coinvolto, per esempio, dal tiro al piattello poteva scegliere fra i tuffi in piscina, le passeggiate sui ponti, le visite ai quadri disposti nel vestibolo, nei saloni delle feste, nella veranda-bar, nella sala da gioco e di lettura, nella sala da pranzo, nelle gallerie di collegamento: opere di Turcato, Santomaso, Dova, Fiume, Usellini, Omiccioli, Tosi…; e sculture di Calvelli, Alfieri…sulla Michelangelo; e, sull’altro transatlantico, un”Estate in Sicilia” di Sciltian, , un”Odalisca” di Cantatore, “Il paracadute” di Usellini…
Giochi sulla Michelangelo
In ogni traversata, una manifestazione, seguitissima: la “Signora del mare”, la “Dama dello zodiaco”… L’11 maggio del ’73 sulla Raffaello vinse il “collare di Nettuno” la bella e bionda tedesca Ute Marrè, innamorata del nostro Paese. A consegnarle il premio, mentre la nave andava beccheggiando verso Cannes, il comandante Narciso Fossati e la grande Diana Torrieri. Io rimasi un po’ deluso, essendomi battuto affinchè il riconoscimento andasse all’attrice teatrale, tanto che un membro della giurìa mi accusò, benevolmente, di averlo fatto per interesse in quanto addetto stampa dell’iniziativa. Comunque, l’attrice mi premiò facendomi leggere alcune sue poesie ancora in bozza.
Da sx: F. Presicci-A. Bet-i premiati Margaret Boeri e Enrico Simonetti

Il 2 ottobre dell’anno successivo venne eletta “dama dello zodiaco, sulla Michelangelo in rotta da Casablanca a Genova, Margaret Boeri, bulgara direttrice di una clinica. Lei si presentò con un bellissimo abito ispirato appunto all’astrologia, imponendosi per la figura avvenente. Dopo la cerimonia nel grande teatro si esibì il maestro Enrico Simonetti, che da un mese non toccava terra. In estate aveva mietuto un notevole successo in uno “show” televisivo, quindi era salito a bordo e invaghitosi della vita che vi si conduceva aveva deciso di navigare a lungo.
Non mi lasciai sfuggire l’occasione. Appena abbassarono il sipario, gli chiesi un appuntamento, e me lo concesse. Avevamo stabilito un buon rapporto da quando su un treno traballante eravamo andati insieme da Casablanca a Marrakesch, dove fummo assediati da una miriade di ambulanti di barracani e oggetti di artigianato locale.
Su un ponte della nave
Ci rivedemmo il giorno successivo alle dieci sotto il fumaiolo della nave. Cominciò parlando del suo maestro e delle sue raccomandazioni: “Il contadino che la domenica va in piazza ad ascoltare la banda deve capire ciò che cosa si suona; altrimenti a che serve allestire una cassa armonica? Sarebbe soltanto folklore e basta”. Lui non l’aveva mai dimenticato. E dopo i consensi ottenuti nei teatri, alla televisione e alla radio contava di ritirarsi nella sua Alassio e di aprire una scuola destinata ai giovani desiderosi di conoscere la musica in maniera corretta. “Ho detto informazione, non formazione musicale”, precisò. Il Comune gli aveva già messo a disposizione ciò che occorreva. Gli sollecitai un giudizio sui musicisti come Gaslini, che andavano a suonare nelle fabbriche; e mi rispose che li apprezzava molto. “Con loro la musica arriva direttamente al cuore della gente”. In altri Paesi, aggiunse, i giovani imparano sin da piccoli ad ascoltare la musica, quindi sanno a che serve uno strumento, la sua storia, com’è nato il suono. Parlava piano, con qualche cadenza romanesca, con un’affabilità sincera. Il suo era un discorso rettilineo, Raccontava senza costellazioni enfatiche il suo “Simonetti show” di 146 puntate con un successo strepitoso in Brasile, dove aveva soggiornato dal ’52 al ’61.
E.Simonetti e F.Presicci sulla nave
In Italia aveva trionfato con lo “show” “Excelsior”. In un western, del ’68, “Non cantare spara”, aveva lavorato con Mina. Il punto più alto lo raggiungerà nel ’75 con la musica composta per lo sceneggiato “Gamma”. Era uomo di ottime letture (Berto, Cassola, Ginzburg, Saviane, Pavese, libri scientifici, di fantascienza…). Schivava i dialoghi banali, i luoghi comuni, i giudizi superficiali, approssimativi; i discorsi che si diluiscono in mille rivoli senza conclusioni. “Mi viene la tentazione di creare un club dei matti, degli stralunati. Ne troverei dappertutto”. Si teneva lontano dagli ambienti degli artisti, non gli piaceva starsene seduto al caffè. Nella vita era come in tivù, senza storture divistiche. Aveva il gesto discreto, il sorriso cordiale. Una sua virtù? “Non esco mai dal mio orto”. In quei giorni gli era stato proposto un film con Edwige Fenech, ma il progetto non lo entusiasmava. “Se ho accettato di fare televisione l’ho fatto solo per rivalutare il pianoforte, per valorizzare la musica”. Doveva la sua amicizia con la tastiera alla nonna: lei cantava le romanze e lui l’accompagnava. Aveva sette o otto anni.
Erano quasi le 13, quando terminammo la conversazione. Ci aspettavano in sala da pranzo, che trovammo già al completo. La cena iniziava alle 21. E c’era quasi sempre chi compiva gli anni. Allora andava in scena un rito esaltante: si spegnevano le luci, dalla cucina sbucava un corteo di camerieri, ciascuno con una torta illuminata sul palmo della mano, mentre esplodeva un coro di auguri.
Ettore Colombin chef della Michelangelo
Lo “chef” Ettore Colombin si godeva la scena dalla soglia del suo regno. Dopo, chi a ballare sulla pista del salone delle feste (“Florence”, sulla Michelangelo; “Veneziana, progettata dagli architetti Attilio ed Emilio La Padula, sulla Raffaello); chi a una sfilata di moda; chi al bar a sorseggiare un drink. Il ganimede si pavoneggiava sulla scia di uno “Chanel numerò cinq” e smaltiva la sconfitta in un tango argentino. A mezzanotte ancora tavole imbandite: ricco “self-service” con ogni bendidio, compresi dolci monumentali fra architetture di ghiaccio.
Le ore erano dunque piene in questi sontuosi palazzi galleggianti. Trascorrevano veloci tra divertimenti e riposo, facendo bene allo spirito e alla salute. Io nella tipografia di bordo facevo anche un giornale, con la cronaca delle serate, le interviste ai passeggeri, alle personalità, al comandante, le curiosità, le foto che mi dava Barabino…. Peccato che nel ’75 questi gioielli del mare dovettero smettere il servizio. Dopo appena dieci anni di vita. Non le dimenticherò mai, soprattutto la Michelangelo, sulla quale viaggiai più spesso, ospite della Società di piazza De’ Ferrari, l’armatrice. La Michelangelo era lunga quasi 275 metri, larga 31; stazza lorda 45.911 tonnellate, 22 meno dell’altra, ricettività di 1775 passeggeri. Le dissi addio con tanta malinconia. Con la loro scomparsa finì un’epoca.






























1 commento: