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mercoledì 14 marzo 2018

Amalia Moretti Foglia


 
Amalia Moretti Foglia
PRIMA PEDIATRA DI MILANO


ASSISTEVA GRATIS I POVERI


Considerava il suo lavoro una missione.

Aveva due rubriche
 
sulla “Domenica del Corriere”:

di medicina e di cucina.        

Nata a Mantova, era una donna

forte, coraggiosa, femminista.

Morì a Milano nel 1947.

                                                




Franco Presicci


Donna coraggiosa, forte, colta, laica, femminista, Amalia Moretti Foglia fu la prima pediatra di Milano. Per lunghi anni esercitò anche nell’ambulatorio della Poliambulanza di corso Venezia, noto per la magnificenza dei suoi edifici: da Palazzo Serbelloni, ideato in stile neoclassico dall’architetto Simone Cantone, di Muggio di Mendrisio, per ordine di Gian Galeazzo Serbelloni, e dal 1796 dimora di Napoleone Bonaparte, a Palazzo Bovara, che aveva a due passi la dimora di Giovanni Verga, detto il “gentiluomo siciliano”, e il ricordo di Renzo Tramaglino.

Corso Venezia
Il presidio sanitario era stato fondato da lei stessa anche per curare, oltre ai bambini, le peripatetiche… e, gratuitamente, le famiglie in povertà. Considerava la medicina una missione. Amica di molte donne importanti, fra cui Matilde Serao (1856-1927), tra l’altro autrice de “Il paese di cuccagna” (1890), “Riccardo Joanna”, “Il ventre di Napoli” (1884), libro in cui racconta la sua città con tinte forti: i quartieri popolari in cui la gente vive “senz’aria, senza luce, senz’igiene, diguazzando nei ruscelli neri, scavalcando monti d’immondizie, respirando miasmi e bevendo un’acqua corrotta… non è collerica nella sventura…Vi è chi l’ha intesa esclamare: ‘O Gesù, vurrìa murì per sta ccà’”. Anche donna Matilde, come Amalia Moretti Foglia, è quasi caduta nell’oblìo. Se si chiedono a un giovanotto notizie di queste signore, ti risponde candidamente: “Mai sentite nominare. Chi erano?”. La Serao, giornalista e scrittrice copiosa (oltre 40 volumi), fu la prima donna a fondare un quotidiano: nel 1884, anno in cui sposò Edoardo Scarfoglio (la festa venne raccontata dalla penna di Gabriele d’Annunzio), “Il Corriere di Roma”; nell’82, con il marito, “Il Mattino” di Napoli; nel 1904 “Il Giorno” (ovviamente non quello di Enrico Mattei). Aveva cominciato la carriera collaborando nella capitale con “Il Capitan Fracassa”… Nel ’26 il regime fascista le impedì di ricevere il Premio Nobel. Di Amalia Moretti Foglia qualche anziano, stimolando la memoria, a fatica forse ritroverebbe qualche traccia.
Renzo Dall'Ara,giornalista e storico della Gazzetta di Mantova
Non l’ha dimenticata Renzo Dall’Ara, giornalista egregio, esperto di cucina, mantovano purosangue, che lavorò al “Giorno” dal ’65 all’81, in via Fava; e lo ha dimostrato dedicando ad Amalia il volume “Petronilla e le altre-Il mestolo dalla parte di lei”. Un indagatore meticoloso, appassionato come lui non poteva non occuparsi di questa sua illustre concittadina che meritò tanta stima non soltanto per le sue doti di medico. Amalia è riemersa anche in “Pane nero”, donne e vita quotidiana nella seconda guerra mondiale, di Miriam Mafai, che l’ha delineata con grande efficacia.
Massimo Albertini
Massimo Alberini, storico della gastronomia, del collezionismo e del circo, collaboratore de “Il Corriere della Sera” (lo incontrai al Festival del clown nel ’64), la definì “la vera amica di famiglia di centinaia di migliaia di casalinghe, una delle prime donne in Italia ad avere avuto il coraggio di laurearsi in medicina, divenendo assistente del temutissimo professor Murri…”. Nata nel 1872 da una famiglia di farmacisti, si laureò a Padova in Scienze Naturali, quindi, consigliata da un docente di anatomia, si iscrisse in medicina nella dotta, oltre che grassa, bellissima, seducente Bologna. Si laureò nel 1898 e venne assunta come pediatra nell’ospedale di Firenze. Conobbe Angelica Balabanoff, donna politica di origine russa che, arrivata in Italia nel 1897, fu attiva nelle fila del Partito socialista, svolgendo un ruolo rilevante nella scissione socialdemocratica del 1947. Amalia salì a Milano e strinse amicizia con Anna Michajlovna Kuliscioff, colei che, nata in Crimea, primeggiava nella lotta tesa a migliorare le condizioni della donna e con Filippo Turati, al quale era legata, dirigeva “Critica Sociale”.
Porta Venezia
Nel capoluogo lombardo Amalia iniziò a fare il medico alla Società Operaia Femminile oltre che nell’ambulatorio di Porta Venezia, dove tra l’altro faceva diagnosi, somministrava cure, e distribuiva consigli alle coppie traballanti, rivelando fra l’altro una notevole carica umana e una notevole capacità d’intuizioni psicologiche. Nel 1902 sposò il suo collega Domenico Della Rovere e aprì la porta di casa a personalità insigni, tra cui Eugenio Balzan (1874-1953), direttore amministrativo e comproprietario del “Corsera” (per celebrarlo la figlia ha istituito l’omonima Fondazione con lo scopo di stimolare iniziative umanitarie e culturali). Colpito dal carattere di Amalia e dal suo considerevole bagaglio cultuale, nel ’26 Balzan le fece affidare, con cadenza settimanale, sulla “Domenica del Corriere”, una rubrica di consigli medici firmata “dottor Amal” (doveva figurare maschio per il fatto che all’epoca una donna-medico non aveva molto credito). Adottava un linguaggio chiaro, scorrevole, alla portata di tutti, spiegando addirittura la complessità del corpo umano, il modo di leggere gli esami clinici, esortando a praticare l’attività fisica, perché una buona passeggiata fa tanto bene alla salute, contrariamente alle pantofole e ai divani.
Arcibaldo e Petronilla sul Corriere dei Piccoli
Quanti ricordano Petronilla, moglie di Arcibaldo, nel famoso fumetto che fin dal 1921 compariva sul “Corriere dei Piccoli”, conosciuto anche come “Corrierino”, che introdusse nel nostro Paese le “nuvole” americane e fino al ’95 pubblicò fra l’altro storie con firme autorevoli, da Buzzati a Rodari? Entrambi immigrati negli Stati Uniti dall’Irlanda, lavoravano lui in una fabbrica di mattoni, lei in una lavanderia; divennero ricchi grazie a una vincita; e reagirono con atteggiamenti diversi, preferendo, lei, ambiziosa e “snob” un po’ buffa, l’alta società; lui la frequentazione delle bettole, a cui era abituato. Bene, con lo pseudonimo di Petronilla, Amalia, sempre sulla “Domenica”, inaugurò la rubrica “Tra i fornelli”, molto letta da folle di massaie, che, adorandola, decretarono il suo successo. “Se seguite la mia ricetta – diceva Amalia – avrete di certo come l’ho avuto io uno di quei maritali ‘Grazie cara’ che scendono dritti dritti dentro il cuore’”. Petronilla instaurò con le lettrici un dialogo costante e costruttivo. Durante il secondo conflitto mondiale insegnò come mangiare sano spendendo poco; facendo anche a meno degli usuali ingredienti o diminuendone le loro, dato che allora erano reperibili quasi soltanto al mercato nero. Pochissimi dunque si potevano permettere cene come quelle di Trimalchione, uomo volgare e singolare, nel “Satyricum” di Petronio.
Cronisti del Giorno, dietro Presicci, Renzo Dall'Ara
Amalia pubblicò anche le “Perline”, una collana di libri. Era un punto di riferimento, l’antesignana delle rubriche oggi curate da gastronomi e “chef” spesso sussiegosi, che imperversano in televisioni pubbliche e private. Sostenitrice della dignità della donna tra i fornelli, giornalista in un’epoca molto avara con il sesso cosiddetto debole, soprattutto nell’ambito della carta stampata, era considerata l’Artusi in versione femminile. La passione per i sapori e i profumi della cucina non le fece però trascurare l’arte di Ippocrate, al quale è stato attribuito il “Peri diaites”, l’opera più pregevole giunta fino ai giorni nostri sull’alimentazione e la dietetica. Continuò ad esercitarla con nobiltà e slancio, abnegazione, saggezza. Per quanto riguarda le sue ammiratrici, furono da lei invitate a non ritenerla una cuoca vera e propria, capace di architetture culinarie eccezionali, ma una come loro che aveva appreso da ragazza a far da mangiare. Non era esattamente così, ma fu anche questa sua umiltà a farla crescere nell’affetto e nell’apprezzamento di chi non si lasciava scappare un numero della “Domenica”, di cui lei, Amalia Moretti Foglia, della terra di Sordello, era ormai un pilastro. Altruista, sempre pronta a far del bene, coerente con le sue idee, non badava alle ore che l’assorbivano.  Morì, nella sua casa di via Sandro Sandri al civico 2, a Milano, nel 1947, anno in cui si spegneva, a Livorno, Giuseppe Modigliani, che nel 1922 con Filippo Turati e Claudio Treves aveva dato vita al Partito socialista unitario; e nel capoluogo lombardo veniva inaugurato il Piccolo Teatro, protagonisti Paolo Grassi, critico e operatore teatrale e culturale (fu anche sovrintendente della Scala e presidente della Rai), e Giorgio Strehler, regista teatrale.










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