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mercoledì 13 giugno 2018

Ha onorato Milano e il suo paese


UN PUGLIESE CHE HA CREATO

LE GUIDE DI TUTTE LE CITTA’





Benito Di Lauro, di Spinazzola,
arrivò al Nord nel ’47 e dopo
aver fatto diversi mestieri creò
le Edizioni intestate al suo nome.
 
Diresse il Circolo ambrosiano
Meneghin e Cecca”; fu segretario
generale del Circolo della Stampa
ed ebbe altri incarichi prestigiosi.
 
Nel 2003 a Tenerife fu travolto
da un’auto impazzita.




Franco Presicci

Gli amici più cari gli avevano affibbiato, affettuosamente, l’etichetta di “Sveltino alka selzer”. E la definizione a tanti pareva azzeccata. Era effervescente, spumeggiante, simpaticissimo, dinamico. Benito Di Lauro, di Spinazzola, era anche acuto, spiritoso; ricco d’idee. Non faceva in tempo a metterne una in cantiere che già ne aveva pronta un’altra. Un giorno lo invitai a casa mia, venne puntuale, ma non volle mettersi seduto. “Sto meglio in piedi. Domanda che io rispondo”. Ed elargì quel sorriso che metteva l’interlocutore di buon’umore. Era stimatissimo da molti, anche da chi non lo aveva mai incontrato. Un fiume in piena, aveva il gusto della parola; e la spendeva con sapienza, senza mai annoiare. Da buon meridionale dava subito del tu, e trattava la gente con familiarità. Conosceva a menadito la città che lo ospitava. La sentiva sua, era felice di viverci. Parlava delle esperienze fatte e dei progetti che aveva in testa senza menar vanto. Quando lo avvicinai la prima volta era il giugno del 2003.
Aveva una settantina d’anni, e sembrava un giovanotto pimpante. Amava discutere di Milano, descriverne le caratteristiche, le bellezze quasi come Raffaele Bagnoli (autore di molti libri, compreso i quattro volumi de “Le strade di Milano”, da tempo esaurito e reperibile nella biblioteca della Famiglia Meneghina) o Gaetano Afeltra, anche lui venuto dal Sud: da Amalfi. Sapeva dov’erano i cortili più fioriti, le vie in cui avevano abitato i personaggi illustri (Eugenio Montale e la contessa Clara Maffei in via Bigli…). Lo affascinavano i giardini pensili, le facciate dei palazzi barocchi, i navigli, le piazze storiche, come la Belgioioso, dove echeggiano i passi di Stendhal e del Manzoni… E passava da un argomento all’altro con facilità e disinvoltura, imbrigliando l’attenzione di chi aveva di fronte. Con i suoi modi garbati e l’intelligenza conquistava le persone più importanti, come lo scrittore e regista Mario Soldati, che a sua volta conversava con piacere e si faceva ascoltare con interesse (quando lo sentii, presente tra gli altri Arnoldo Mondadori, al Circolo Turati, nel ’60, provai il desiderio che non finisse più; lo stesso quando lo intervistai nel suo studio il giorno dopo essersi aggiudicato il Premio Bagutta). Di cose da dire, Di Lauro ne aveva. Era arrivato a Milano nel ’47.
A quei tempi i nostri connazionali trepidavano per la Sisal, le scommesse sulle partite di calcio nate da un’idea del giornalista Massimo Della Pergola; gli abitanti del capoluogo lombardo erano un milione e settecentomila; i vigili urbani 1263; molti malanni si trattavano con l’olio di ricino; le dichiarazioni d’amore si copiavano  dal “Segretario galante”; il Comune ambrosiano cercava di risolvere il problemi dei reduci assegnando alloggi e pensava a curare le ferite della città distrutta dalle bombe; alcuni tram venivano usati per lo sgombero delle macerie; la “Società Umanitaria” di via Daverio, la “Famiglia Meneghina” e il Circolo Filologico riaprivano i battenti; sulle mense dei poveri dominava la polenta. Al Caffè Dalmasso, in via Montenapoleone, ciondolavano, ammirate, avvenenti ed eleganti signore con il vitino di vespa, abiti fino ai piedi e scollature allora giudicate audaci. Le massaie erano alle prese con i conti della spesa.
Di Lauro percorreva le strade in bicicletta, impegnato nella consegna dei plichi per la Rinaldi. Un giorno il “cumenda”, avendo notato che il ragazzo era volitivo e affidabile, lo convocò nel suo ufficio, lo inondò di elogi e gli dette la responsabilità della distribuzione. Lui non disattese le aspettative, rendendo più agile, semplice e funzionale il servizio. Poi lasciò la ditta per entrare in banca e il principale se ne rammaricò: perdeva un elemento prezioso, insostituibile. Il cavallo da corsa non poteva rimanere a lungo nella stessa scuderia. Aveva voglia di sperimentare nuovi percorsi. E incontrò un editore di carte geografiche, che gli offrì l’esclusiva delle vendite. Ancora una volta “Sveltino” conseguì ottimi risultati, ma non si cullò sugli allori. Conobbe Angelo Rizzoli e gli propose una guida di Milano.

Ma era normale che prima o poi si chiedesse se fosse giusto porre il proprio ingegno a disposizione degli altri, quando aveva la capacità di lavorare in proprio? E mise in piedi la sua baracca, che si consolidò, s’ingrandì e fece circolare su vasto raggio il suo nome. Le Edizioni Di Lauro cominciarono a stampare carte regionali, carte dei Paesi europei e del mondo, carte statistiche, guide turistiche di Milano e della Lombardia e di tutte le altre città italiane… La stima e la simpatia di cui godeva lievitarono; il suo nome divenne molto più prestigioso. Ma rimase un uomo semplice, alla mano, cordiale con tutti. In Puglia, a Spinazzola, il suo paese, erano orgogliosi di lui: oltre al papà, Carmine, che faceva il calzolaio, il migliore della zona, e la mamma, Lucia, insegnante di ricamo. Benito non l’aveva mai dimenticato, il suo paese, adagiato su una terrazza attorniato da scarpate, affacciato sulla valle del torrente Locone. I poveri di Spinazzola erano sempre nel cuore di questo pugliese dallo sguardo penetrante e dalla volontà inesauribile. Per ciascuno di loro mandava a don Carducci e ad Alba Varrese un buono per il ritiro di 12 chili di generi alimentari pagati personalmente da lui.
La beneficenza era una delle sue vocazioni. Collezionò tanti incarichi e benemerenze. Da 26 anni era presidente de “La Madonnina”. Collaborava a Radio Meneghina, creata e diretta da Tullio Barbato, già giornalista di punta de “La Notte”, quotidiano del pomeriggio da anni estinto, e scrittore (in un salone della sua sede in via Monte di Pietà per anni ospitò le riunioni delle “sabette” della Pucci, un’attrice di talento che animava con gioia il gruppo di signore brillanti). Era vicesegretario generale del Circolo della Stampa, quando questo era a Palazzo Serbelloni; commendatore del Santo Sepolcro, “Ambrogino d’oro” nel 73, presidente onorario dei festeggiamenti della sua città d’origine, nella quale aveva fatto erigere il monumento ai Caduti; medaglia d’oro nel ’96 del Circolo Volta di Milano (sorto nel novembre del 1882 nella trattoria del “Pontisell”, suscitando tanti apprezzamenti che tre anni dopo potè acquistare un terreno nell’omonimo quartiere, ampliandosi). Da anni era alla guida del Circolo Ambrosiano “Meneghin e Cecca”, “che ha lo scopo di mantenere vivo il dialetto e le tradizioni storiche delle Porte di Milano, e custodisce 63 costumi d’epoca che vengono indossati nelle occasioni più rilevanti e nelle sfilate di sabato grasso. C’è ancora chi ricorda Di Lauro in carrozza con le sue maschere diretto alla visita delle autorità. Meneghin, una maschera senza maschera sul volto, baldanzoso in apparenza, servizievole, un tantino sciocco, qualche volta furbo, e Cecca gli erano cari e li decantava: “Meneghino – secondo Emilio De Marchi, segretario del senato ambrosiano dopo il 1650, docente di latino e greco alle Scuole Palatine – significa servitore della domenica, buon conoscitore dei caratteri umani; simbolo popolaresco del gran Milan”. La fortuna della maschera ebbe inizio nel ‘600, sotto gli spagnoli, con “I consigli di Meneghino” del poeta Carlo Maria Maggi. Poi, non si sa quando, sposò Cecca di Berlinguitt. Nel 2002 vestì i panni di Meneghin il cantante (“Io sono il vento”…) Arturo Testa, seguito l’anno successivo dall’architetto Gianni Ferri. Cecca era la cabarettista Mirion Vaiani. Benito era grato a Milano. “Milano mi ha dato tutto, anche la moglie, Renata, una figlia, Laura, il lavoro, tantissime soddisfazioni”. Ma non diceva che anche lui aveva dato a Milano: il suo talento, la sua fantasia, la sua grande voglia di fare... Ha fatto onore a Milano e alla sua terra, che adorava: “Le radici non si scordano mai. Non si possono scordare. Non si devono scordare. Se qualcuno le rinnega, non sa che come quelle degli alberi si alimentano e si spandono dove nessuno le vede”. Un pugliese verace, entusiasta. Benito Di Lauro non c’è più. In vacanza a Tenerife, un giorno dell’estate 2003, mentre camminava per strada, fu travolto da un’auto impazzita. La notizia arrivò come un pugno nello stomaco. I giornalisti amici fecero trillare i telefoni per sapere particolari su questo destino atroce.

3 commenti:

  1. amico con tante iniziative filantropiche,senza il culto della personalità.

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  2. Un caro ricordo all amico Benito daAlberto

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  3. Un caro ricordo da Alberto

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