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mercoledì 18 luglio 2018

Ronchetti, calzolaio dantista


Anselmo Ronchetti
PRESE A MEMORIA LE MISURE
 

DEL PIEDE DEL BONAPARTE
 






Mentre il generale percorreva

corso Venezia, lui tra la folla

annotava. Poi confezionò un
 
paio di stivali “alla dragona”,
 
che gli valsero l’approvazione
 
e l’amicizia del condottiero.













Franco Presicci


Oggi gli affibbierebbero l’etichetta di re dei calzolai, includendolo nella lista del “Guinness dei primati”. Anselmo Ronchetti (di lui si parla) non aveva rivali. Perfetto nell’esecuzione dei manufatti, capace di realizzare qualunque tipo di scarpa, per le donne italiane, per quelle francesi, inglesi, cinesi, piccole perché in Cina il valore “del sesso debole” si misura dalle dimensioni delle sue estremità…; larghe di dentro e strette di fuori, ben calzanti per i piedi particolari; e, per gli uomini, che hanno i loro gusti e le loro preferenze, come i soci della Compagnia della Teppa (nata a Milano proprio in questo periodo), che le volevano miagolanti, oltre che brillanti. I più esigenti e raffinati uscivano dal suo laboratorio più che soddisfatti. Mai una lagnanza, mai un pignolo che cercasse il pelo nell’uovo. L’incisore Giuseppe Longhi celebrò l’arte di Anselmo con una dedica su una stampa: “Al genio della solida stivaleria italiana”.
Corso Venezia
L’impresa più singolare, più temeraria, più clamorosa Anselmo Ronchetti la mise a segno il 15 maggio 1796, quando Napoleone Bonaparte, passato il Po a Piacenza, sconfitto al ponte di Lodi il Banlieu, entrava a Milano alla testa del suo esercito attraverso corso Venezia. L’emulo di Giulio Cesare cavalcava il suo cavallo grigio, Marengo, coraggioso, fiero, fedele, elegante, ferito diverse volte in battaglia, tra fitte ali di popolo festante, diretto a Palazzo Serbelloni, mentre uno spettatore che non partecipava a quell’entusiasmo aveva gli occhi e la mente fissi ai piedi del Corso, per prenderne a memoria le misure. Subito dopo, tagliando la calca, corse nella sua bottega di via Cerva e confezionò un bel paio di stivali “alla dragona” per il generale. Il giorno dopo si presentò a Palazzo Serbelloni e chiese di poterli consegnare. L’illustre destinatario, ammirato e stupìto, elogiò l’opera compensando l’eccezionale artefice con 40 luigi, nominandolo suo calzolaio di fiducia.
Palazzo Serbelloni
Fece di più, meravigliando tutti, lo proclamò suo amico e lo raccomandò a tutti i dignitari europei. La fama di Ronchetti lievitò e in via Cerva cominciarono ad arrivare ordinazioni da mezzo mondo, dallo zar, dagli Stati Uniti, dall’imperatore di Russia, dall’imperatore d’Austria. Napoleone gli commissionò non si sa quanti stivali. Il talento di Ronchetti diventò una leggenda. Il suo nome era sulla bocca di tutti; e germogliavano le voci, ma sempre con riguardo. Per esempio, si diceva che avesse 15 figli e se ne conoscevano soltanto due: Carlo e Eugenio. Ma l’interessato non se ne curava. Nato nel 1773 a Pogliano, a pochi passi da Parabiago, da genitori originari di Busto Arsizio, ben presto si accorse che quel paese gli andava stretto, e rimuginava sulla possibilità di abbandonarlo per trasferirsi nel capoluogo lombardo, dove sapeva che gli si sarebbero aperte le porte assicurandogli il merito che gli spettava.
Porta Venezia
Pensa e ripensa, alla fine si decise: fece il passo decisivo e non tardò ad essere assunto come apprendista da un maestro, che mai si pentì di averlo preso a bottega; anzi non mancava di esaltarne le doti. Anselmo lavorava alacremente, imparò i rudimenti del mestiere, e quando fu il momento comunicò al principale, che si rammaricò parecchio, l’intenzione di mettersi in proprio, aprendo bottega in via Cerva, una via battezzata con il nome di un’antica osteria e che in seguito, morto il portentoso ciabattino, il 19 agosto 1833, ebbe di fianco una consorella dedicata a lui, patriota e intellettuale ... Poi l’edificio fu sacrificato alla vocazione di Milano per il cambiamento e scomparve anche la targa che la società di mutuo soccorso tra i calzolai meneghini aveva fatto affiggere. Il testo, di Carlo Romussi, avvocato e giornalista, tra i fondatori della Società storica lombarda, critico teatrale de “Il Secolo” di Edoardo Sonzogno, e padre tra l’altro di “Petrarca a Milano e di Milano nei suoi momenti storici”, definiva Ronchetti “schietta anima ambrosiana che tenne alto il decoro del lavoro italiano”.
Galleria Mazzini
Ma siccome Milano non dimentica le sue glorie, sparito quell’edificio eccone un altro, dedicato al campione dell’arte del calzolaio. Che aveva un gran numero di amici, soprattutto pittori e scrittori, tanto che il suo negozio poteva essere considerato concorrente del salotto della contessa Clara Maffei. C’era infatti un continuo via vai di personalità, tra cui Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo, Tommaso Grossi, Massimo D’Azeglio, Cesare Beccaria, Giacomo Leopardi, Giuseppe Parini, Carlo Porta, Vincenzo Monti… Una volta fece capolino anche lord Byron. Luigi Medici , avvocato, docente di diritto, poeta, appassionato cultore delle tradizioni locali, autore del libro “Le osterie di Milano”, uscito nel 1930, per 40 anni tra i soci più impegnati della Famiglia Meneghina, compilò una biografia di Anselmo, ricordando fra l’altro i dialoghi che s’intessevano piacevolmente con lui nel suo laboratorio su Caravaggio, Socrate, Plauto; sugli accadimenti quotidiani; sulla politica… argomento, quest’ultimo che fece circolare la voce che Anselmo attirasse, come racconta Giuseppe Rovani,
Federico Confalonieri
i Federati del conte Federico Confalonieri, che il 13 dicembre del 1921 venne arrestato e destinato allo Spielberg, prigione presso Brno in cui furono rinchiusi anche Piero Maroncelli e Silvio Pellico. De “Le osterie” si persero le tracce; poi un avvocato amante dei libri antichi ne rintracciò per caso una copia su una bancarella e gli fece dare nuova vita. Ronchetti era infaticabile. Carattere orgoglioso e determinato, di giorno creava calzature, con lena, con gioia, seguendo gli usi dei vari Paesi e i capricci dell’epoca, e di notte studiava, soprattutto letteratura. E da buon conversatore, tra un colpo di trincetto e l’altro, ne parlava con gli amici che lo apprezzavano, gli volevano bene e lo colmavano di doni. Parini gli lasciò per testamento un bastone con il pomo d’avorio e un orologio a pendolo; Andrea Appiani il disegno di una giovane donna; Foscolo una copia dell’opera “Delle origini e dell’ufficio della letteratura”; Vincenzo Monti una copia di un famoso quadro con la dedica: “Una stampa del famoso Agricola, che spero non sarà indegna del vostro bel Gabinetto, perché rappresenta quel divino Dante che voi amate”. Definire Anselmo Ronchetti un dantista non si esagerava. Così veniva indicato. Dantista e poeta. Se un cliente, poeta a sua volta, lamentava un ritardo nella consegna dei calzari, lo faceva in versi. Lo fece anche Carlo Porta, destinandogli un sonetto. In tanti hanno scritto di Anselmo Ronchetti.
Napoleone a cavallo

Quel grande scrittore, nobile e coltissimo, gentiluomo di antico stampo, autore di tanti libri (“Milano in carrozza”, “I segreti del varietà”, “La Milano dei Promessi sposi”, “I cinematografi di Milano”, “Come da noi si rideva - e si ride”, “Cultori della vecchia Milano”…), che è stato Alberto Lorenzi, ha tracciato un ritratto puntuale e appassionato, in cui il calzolaio conoscitore di Dante quanto l’arte che praticava esce dalle pagine e rivive. Nel romanzo “Cento anni” Giuseppe Rovani ha raccontato la vita quotidiana nella bottega del calzolaio, le cui pareti fungevano da ricca esposizione di tele e disegni di autori eminenti e il retro dei modelli di tutte le scarpe che aveva confezionato, soprattutto quelle di Napoleone. Morto Ronchetti, tante di queste preziosità si sono disperse e quelle sopravvissute sono in musei milanesi.
Il ricordo di questo personaggio, considerato un vanto della sua terra, non si è dileguato, si è solo un po’ appannato. Una cinquantina di anni fa Raffaele Bagnoli, storico attento e scrupoloso, vice “resgiò” della Famiglia Meneghina, nei suoi cinque nutriti volumi sulle “Strade di Milano”, ormai scomparso dalle librerie (vi racconta le vie, le piazze, la darsena, i navigli nei loro cambiamenti, nelle loro caratteristiche; le chiese, la loro storia, la loro architettura, i restauri, le rovine; gli angoli abbattuti…) scrisse, con il suo stile semplice e piacevole, che la casa di Anselmo venne demolita in seguito all’apertura di via Borgogna e alla formazione dell’isolato di nuovi palazzi che fa angolo con via Visconti di Modrone. Ma in zona Monforte, come abbiamo detto, un’altra via che sfocia in via Cerva è intitolata ad Anselmo Ronchetti, cittadino importante, che fece onore non soltanto alla sua categoria.











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