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mercoledì 28 novembre 2018

Un fotografo avido di luce

Marzio Franco durante l'intervista

MARZIO FRANCO, DI MONZA


INNAMORATO DEL SALENTO



Si definisce stanziale, e ha invece
visitato più volte Parigi, la Sicilia,
la Puglia. Un racconto molto lungo
con immagini, il suo, testimoniato
da mostre in spazi importanti e da
volumi prestigiosi. L’altra sera una
sua esposizione è stata visitata da
un folto pubblico. Sue foto sono
state esposte sabato 24 a Milano,
a Palazzo Reale, in occasione di
“Ambasciatori di Puglia”.




Franco Presicci
                                                                                                   Si definisce stanziale.
Foto di Marzio Franco
“Non mi sono mai mosso da Monza per fare il pellegrino in altre località della Lombardia. La Brianza è una terra ricca di attrattive, paesaggi splendidi, spianate di verde…, tanto che alla fine del Settecento i nobili di Milano per le vacanze vi costruirono ville di delizia che con la loro magnificenza dovevano testimoniare il potere e la ricchezza della famiglia”.

Dal libro Monza paesaggi quotidiani
Quando “Il Cittadino” di Monza, prendendo spunto dalle “Passeggiate fotografiche milanesi”, lo ha incaricato di portare in giro per la Brianza, dove viene pubblicato e venduto, amici e conoscenti desiderosi di fare “clic” verso un angolo seducente da pubblicare in una pagina apposita del quotidiano, non se l’è fatto dire due volte. “Siamo stati a Vimercate, Lissone, Meda, Cesano Maderno, Agliate, Cornate d’Adda, Briosco, Parco e centro di Monza. E anche a Milano, a Porta Genova: via Tortona, la darsena, il Naviglio Grande, vicolo dei Lavandai… e alla Bicocca, zone di una città che ha una bellezza ”meno rigorosa e chiusa”; e perciò “più difficile intenderla a prima vista di quella veneta e toscana”, ha scritto nel ’57 Guido Piovene nel suo ”Viaggio in Italia”, aggiungendo che “bisogna liquidare il luogo comune che questa città e questa regione siano inferiori di bellezza al resto d’Italia”.
Altra foto di Marzio
E allora si può dire stanziale un maestro dell’obiettivo fotografico com’è Marzio Franco, che è stato più volte sulle rive della Senna, come a suo tempo il poeta Raffaele Carrieri; il grande gallerista Guido Le Noci; e tanti altri: scrittori, pittori, letterati, giornalisti, tra cui Guido Vergani, che, figlio di Orio, ha illustrato Milano con un linguaggio colto ed elegante; Domenico Porzio, studioso di Borges e autore fra l’altro di “Primi piani”, in cui concentrò le storie di Montale, Guttuso, Villaggio, Eduardo, Agnelli…? Marzio non ha visitato soltanto Parigi, ma anche la Sicilia (“Ci vado quasi ogni anno”) e il Salento, così pieno di luce e di calore. Si porta dentro l’incanto dei luoghi percorsi, Marzio Franco, 64 anni, hobby-studio, come lui indica il suo spazio, o “spaziotazio”, in omaggio a Tazio Nuvolari, “Nivola”, uno dei più grandi assi dell’automobilismo dagli anni 20 ai 50; e a un gatto randagio “che girava qui attorno e mangiava cinque scatolette di pappa al giorno”.
Il negozio di fronte alla casa di Moro
E proprio in questo riposante ”atelier”, bene illuminato, tutto biancolatte, al piano terra, sono appese una ventina di sue foto con vie, edifici, scalinate, barche, le vetrine di Dorabella, a Maglie, di fronte alla casa di Aldo Moro, il presidente del Consiglio ucciso dalle Br nel ’78; Santa Maria di Leuca; Gallipoli (già il nome, derivante dall’accoppiamento di due parole del greco antico, dice che è bella). Lo colpisce anche l’ospitalità, il calore delle persone, che “mi fa sentire a casa mia”.
Foto di Marzio

E’ tornato in quei luoghi che ristorano l’anima, volendo vedere se poteva migliorare il lavoro già fatto, asciugando il modo di ritrarre un aspetto già immortalato. Rieccolo dunque a Maglie, “da paese contadino a centro di studi e di commercio – parole di Giuseppe Giacovazzo (nel suo ‘Puglia, il suo cuore’), che fu direttore della ‘Gazzetta del Mezzogiorno’ dopo anni trascorsi alla Rai - Case bianche a un piano, pareti bugnate come i palazzi dei signori. Morbida pietra che da qui prende il nome: pietra di Maglie…”.
Foto di Marzio
Rieccolo a Gallipoli, orgogliosa del suo passato per la tenacia con cui lottò contro i romani, gli unni…, decisi ad assoggettarla. Potrebbe parlare a lungo di questa regina che sembra spuntare dal mare: la folla che accerchia i pescatori all’arrivo del pesce; la chiesa di San Francesco con il “Cristo fra i due ladroni”: le porte corte delle case… Si è appostato davanti a un micio addossato ad un muro; in un viale costeggiato da alberi lussureggianti… catturando la pienezza della luminosità, che gli ha suggerito “Così fan tutte” di Mozart, “un’opera azzurra, che trasmette appunto i colori del Sud”.
Marzio Franco illustra una sua foto
Il collegamento gli è forse venuto mentre coglieva il negozio di Dorabella, che è uno dei personaggi dell’opera in cui lo scapolo Don Alfonso manovra i fili che fanno muovere autentiche marionette. ’Così fan tutte’ è l’opera dell’inganno, della scommessa sulle donne, dove tutto ha un doppio senso; e la musica è così solare, che dà l’idea del Mediterraneo…”. S’interrompe per farmi ascoltare un brano della composizione, mentre lo Spaziotazio si riempie di visitatori, ammirati dai risultati di questo artista sensibile e profondo.
Dal voume Sfondi
Lui saluta tutti con un sorriso discreto e un cenno della mano destra e riprende a conversare con me, mostrandomi i suoi libri stupendi: “Monza: paesaggi quotidiani”, “Sfondi”, “interpretazione geometrica di Monza, che è l’esaltazione del quotidiano”, le cose meno rilevanti che non guarda nessuno”: saracinesche abbassate attraversate da scarabocchi tracciati con la bomboletta spray; cancellate; muri intervallati da nicchie, una semicircolare con una bottiglia vuota sul piano; residui di auto; due cavallucci ai giardini…, tutto in un rigore compositivo e un’apparente semplicità di impostazione, come scrive Pio Tarantini.
Maria Grazia mostra i suoi lavori
Marzio Franco racconta con voce pacata, mentre la moglie, Maria Grazia Riva, di professione cardiologa, offre caffè e biscottini. “La passione per la fotografia nacque durante un viaggio fatto con un amico nell’80: lui con la macchina fotografica e io senza. Vidi le foto dei posti visitati e decisi di attrezzarmi anch’io. Iniziai con vedute di architettura su Monza; frequentai un corso di sviluppo e stampa in bianco e nero con il professor Giampaolo Bolognesi al Circolo fotografico monzese; scattai foto con Paola Sammartano…: il sodalizio poi si sciolse, ma non l’amicizia”.Lo si ascolta volentieri senza guardare l’orologio, Marzio Franco, che tra l’altro ha allestito mostre, sempre di immagini in bianco e nero, ”fino a quando non è arrivato il digitale e ho preso a utilizzare il colore.
Saletta per lo sviluppo e la stampa
Il primo lavoro di prestigio è stato quello del cimitero di Monza, che è uno dei più importanti della Lombardia”: una ricerca sulla scultura d’arte sino agli anni ’50. “Monza vanta realizzazioni di scultori di grandissimo livello: da Francesco Messina a Ernesto Bazzaro, a Enrico Pancera…”. Dei monumenti Marzio ritrae i dettagli: il volto, le mani, le pieghe di un abito, un punto bagnato nella luce giusta. “’Il tempo sospeso’, l’impegno sul cimitero, è partito dall’idea di fotografare il Liberty: poi ha avuto uno sviluppo più ampio”.
Il pubblico
Uno sguardo a un’immagine di Lecce e continua: “In seguito ho abbandonato il figurativo e mi sono rivolto alla geometria degli oggetti in cui ci imbattiamo ogni giorno: segnali stradali, passaggi pedonali, cartelli…, che ha prodotto un’altra esposizione intitolata ‘Geometrie irrilevanti” allo spazio “White photo Gallery” di Lecce e alla Fondazione Mastroianni di Arpino, in Ciociaria, oltre che a “Punto Arte” di Monza, a cura di Bianca Trevisan. Un itinerario brillante, quello di Marzio Franco. Con la sua macchina fotografica, che, come un critico scrisse di Mario De Biasi, fa parte della sua anatomia, ci offre immagini armoniche, affascinanti, capaci di suscitare emozioni. Epifanie impreviste, secondo il giudizio di Maurizio Crippa espresso in “Gli occhi, la musica”, contenuto in quel gioiello fotografico, che è “Sfondi”.
Un volume di Marzio Franco
Anche lui, pur conoscendo la sua città, Monza, prova meraviglia di fronte a certi rettangoli colorati di Marzio: mai visto quel brano di paesaggio, quel tratto di campagna annegato nella nebbia; quella panchina in pietra e quell’albero segato in un verde ben pettinato che si allunga fino a un campo da calcio. Chissà quante volte Marzio è tornato in quelle contrade per catturare la luce preferita. La luce, sempre la luce. Le forme, certo, ma devono essere nelle condizioni da lui volute. Marzio è attento, scrupoloso, addirittura pignolo. Cammina osservando, senza stancarsi. Non crede nell’ispirazione, ma nel lavoro. E ogni volta un’opera d’arte. Si ricorda “Il parco non solo ville”, una “ricerca fotografica su ville e cascine all’interno del Parco di Monza, fatta in collaborazione con Paola Sammartano, esposta al Serrone della Villa Reale della stessa città. E il volume “Oui Paris”, con design di Massimo Fiameni, segnalato tra i migliori della categoria “Digital Printing” al Fedrigoni Top Award 2015 ed esposto alla London Stationar’s Hall.
Marzio Franco e la dottoressa Renda
Da Sfondi
Successi di cui Marzio non parla, forse anche perché distratto dai visitatori che vengono a porgli domande su una foto o sulla sua biografia. Pubblico interessato anche alla vita di un artista avido di quei giochi di luce che possono essere irripetibili. L’intervista si conclude e Marzio può dedicarsi ai visitatori, che lo riempiono di elogi meritati. Alcuni sono amici che da lui prendono lezioni di fotografia. Tra questi la dottoressa Salvatrice Renda, detta Titti, siciliana doc, che a suo tempo ha lavorato con Maria Grazia al De Gasperis, all’ospedale di Niguarda, diventando inseparabili. Maria Grazia ha l’hobby di creare fermaposti apprezzabili. Ha aperto una scatola e li ha tirati fuori per mostrarli ad alcune signore in una saletta riservata alle macchine per lo sviluppo e la stampa delle foto. Quando usciamo la via che celebra il campione è semibuia e deserta. L’aria gelida, con promessa non mantenuta di neve. Una volta a casa, ho telefonato a Michele Annese per anticipargli l’articolo, e il direttore mi ha ricordato i tempi in cui nella biblioteca di Crispiano all’epoca diretta da lui si teneva, fra gli altri, un seguitissimo corso di fotografia guidato dal grande fotografo Romano Gualdi, autore delle immagini contenute nel volume “Le cento masserie di Crispiano”. La fotografia: la voglia di fermare le cose.



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