Pagine

Print Friendly and PDF

mercoledì 22 luglio 2020

Un autentico formicone di Puglia


 


PEPPINO MONTANARO


E I SUOI ULIVI SARACENI


Uno spettacolo di grande bellezza che

l’architetta Gae Aulenti definì

la cosa più visibile del pianeta Terra

dalla Luna dopo la Muraglia Cinese.

Quando Montanaro trapiantò i suoi 

Ulivi, si accesero polemiche, ma

quegli alberi superbi sono ancora lì

con tutto il loro fascino.



Franco Presicci


I rami degli ulivi formano una specie di galleria, nella masseria Accetta Grande, a Massafra. Tra un varco e l’altro il sole filtra trionfante, arabescando sul terreno giochi di luce. Gli ulivi, dalle forme capricciose, che danno spettacolo a chiunque venga a visitare la Puglia, furono messi a dimora in tempi antichissimi, come dimostrano alcuni documenti rispolverati da Vincenzo Antonio Greco e riproposti nel poderoso e informatissimo volume arieggiato da straordinarie immagini a colori: “I 4000 mila anni di Accetta, fra monaci, massari e galantuomini”, edito da Kikau.

Montanaro - Lenoci
Cantine Amastuola
Passeggiammo una domenica di luglio 2011 sotto queste fronde, conversando piacevolmente e osservando i tronchi monumentali, orgoglio del padrone di casa, Peppino Montanaro, che faceva da guida a me e al professor Francesco Lenoci, mèmore della sacralità dell’ulivo (i luoghi di culto degli etruschi tra gli uliveti; il Monte degli Ulivi, dove Gesù passò l’ultima notte prima della cattura…) e stimolò Peppino a raccontare la sua vita esemplare. Montanaro si mostrava un po’ imbarazzato a parlare di sé e rispose che lo avrebbe fatto in un’altra occasione. Lo incalzai: “Tu sei un formicone di Puglia e io un ficcanaso di professione: insisto, facendomi perdonare.
Masseria Amastuola - Crispiano
Non posso tornarmene a Martina Franca con il carniere vuoto, come un cacciatore che non sa prendere la mira”. Sorrise. Forse pensando: “Ficcanaso e rompipalle”. Proprio così. Padre di tre figli, Ilaria, Donato, Filippo; titolare di questo immenso patrimonio, terra un tempo arida, selvaggia e oggi, grazie a lui, fertile, affascinante. A portarmi da Montanaro era stato proprio Francesco Lenoci, autore di 35 volumi di finanza aziendale, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, valorizzatore viaggiante delle imprese più rilevanti del nostro paese. Giunti a Massafra, dove l’abitato è diviso dalla Gravina di San Marco e vanta alcune delle cripte basiliane più pregevoli della regione, ritrovai un paese che non vedevo da una trentina d’anni, forse più. Figurarsi la gioia. Nei venti minuti di viaggio da un tratturo in via Mottola a Martina, Francesco mi aveva abbozzato la personalità dell’uomo che stavo andando ad incontrare, dal quale fui accolto con premurosa ospitalità fra palme e gelsomini subito dopo il cancello d’ingresso. All’interno dell’elegantissima e luminosa residenza, fui colpito da un cavallo in ferro nell’atto di spiccare un salto per superare un ostacolo: l’autore era lui, l’anfitrione. Dopo i convenevoli, Lenoci gli suggerì di mostrarmi due delle sue masserie, e così c’imbarcò su un’auto e avviò il motore.

Masseria Accetta grande - Massafra
Prima tappa, gli ulivi, in doppia fila, per 600 metri, dell’Accetta Grande, che la famosa architetta Gae Autenti aveva definito “la cosa più visibile del pianeta Terra dalla Luna dopo la Muraglia Cinese”. Che soddisfazione per Montanaro, essendo stato lui a far spostare quei monumenti dall’Amastuola, altra sua architettura agricola, a Crispiano (la città delle cento masserie), dove un archeologo olandese aveva scoperto un villaggio dell’antica Gracia. Tutti e tre in silenzio, ammirammo l’ambulacro vegetale, pensando ai millenni che questi testimoni senza parola hanno attraversato.

Il vigneto giardino - Masseria Amastuola
Poi, all’Amastuola, corpo di fabbrica signorile, contemplammo un altro fenomeno stupendo; la vigna a onde, anche questa voluta da Montanaro, ricco d’idee geniali e di multiformi esperienze, intelligente e generoso, su progetto di Fernando Caruncho, architetto spagnolo di livello internazionale, filosofo e paesaggista, grande artista nel creare l’agricoltura come giardino. Peppino sembra un parroco di campagna, saggio, benevolo e comprensivo. Fra l’altro delicato nei modi, voce bassa, parole ben dosate, nessuna enfasi. Già da ragazzo scuola e lavoro. Non aveva ancora 13 anni e nelle vacanze pascolava le pecore del nonno massaro. Poi prese a fare il sarto. Poco tempo dopo dall’ago passò alla cazzuola; e aiutando ad erigere muri, ricavava sagome, con esiti apprezzabili, dal tufo, materiale “non sordo all’intenzion dell’arte” e allora utilizzato per innanzare palazzi. Dalla cazzuola al maglio e all’incudine il passo fu breve. A 14 anni e mezzo, agricoltore. L’Ente Riforma assegnò al padre una palazzina con tre ettari di terreno nella zona di Paternisco, e lui si mise a scavare buche per gli alberi dalle parti di Palagiano, centro in cui si svolge la Sagra del Mandarino, agrume che tiene testa al “clementino”. Trentadue lire a buca, di un metro cubo ciascuna.
Mar Piccolo - (foto paeseitaliapress.it)
E ideò un sistema per accrescere la produttività, modificando zappe, picconi, pale e servendosi di ciò che aveva appreso lavorando in precedenza da fabbro. Da solo faceva 60 fossi al giorno. E intanto poneva attenzione agli specialisti che installavano gli impianti d’irrigazione. Ci mise poco a imparare a farli per sé. E per gli altri; a cabina con la vasca di sollevamento. “In casa eravamo cinque figli e dovevo darmi da fare. A 18 anni, nell’esercito a Spoleto, paracadutista sabotatore. Fui allontanato, perché non era arrivato il nullaosta dei miei genitori”. Da un commilitone geometra pratico di serramenti metallici apprese la teoria del mestiere, e fu assunto in un’officina di Massafra, diventando presto preciso e veloce. Costruì un capannone sulla via Appia per la fabbricazione di quegli elementi, e poi un altro nell’area industriale con impianti innovativi. Acquistò terreni e li trasformò, stabilendo contatti con professori universitari della California.
Scavi archeologici Libera Università Amsterdam-Amastuola
Appassionato di sopravvivenze elleniche, avrebbe voluto averne tante da custodire in teche particolari nel suo kikau-store, dotato di una “scatola nera” per esposizioni. Nel giardino dell’edificio si succedono attività culturali, tra cui conferenze. Ne aveva tenuta una Francesco Lenoci sui giovani e don Tonino Bello, figlio di un maresciallo dei carabinieri nominato vescovo nell’82 da Papa Giovanni Paolo II e ora in odore di beatificazione. Il tempo è avaro. Passammo davanti al modernissimo opificio di Peppino, dove gli operai mutano in vino il sangue delle sue viti (centinaia di migliaia di piante) e pensai ai tanti mestieri che questo signore aveva praticato e alle bellissime opere che aveva edificato. 

Vigneto giardino Amastuola
Avrei voluto fermarmi ancora ad ascoltarlo per approfondire la sua conoscenza. “E’ proprio un formicone di Puglia, un vanto della nostra regione che cammina” sussurrai a Lenoci. “Ti avevo detto che ti avrei fatto incontrare una persona eccellente, con una storia singolare”. Pensai a Fernando Caruncho, che aveva collaborato alla nascita della vigna a onde, da lui battezzata “onde del tempo; a Gae Aulenti e a quegli ulivi secolari, saraceni, imponenti, austeri: uno così possente che per cingerlo occorrono una decina di braccia. Montanaro mi invitò a pranzo, ma dovevo tornare a Martina per un altro appuntamento. E volle regalarmi alcune bottiglie del suo vino. Io non bevo, ma le accettai promettendomi che due dita di quel nettare le avrei assaporate per un brindisi in un suo onore. Ci salutammo con l’impegno di rivederci. E ci siamo rivisti a Taranto l’anno scorso, nella splendida galleria d’arte del Castello Aragonese, per la mostra fotografica di Cataldo Albano sulle caratteristiche paesaggistiche della città dei due mari: il fiume Galeso, il Mar Piccolo con i pescherecci e le lampare, il ponte girevole, i tramonti fiammeggianti sul Mar Grande… Lui fu una meteora: il suo calendario era strapieno e lo richiamò prima della conclusione della serata.

Wine Resort Amastuola - Crispiano
A Taranto probabilmente è tornato mercoledì 15 luglio, giorno in cui Francesco Lenoci ha tenuto una “Lectio Magistralis” al Molo Sant’Eligio su “La sostenibilità è armonia del pianeta”. Io spero d’incontralo al “Vinitaly” di Verona, dove ogni anno espone i suoi vini, che esporta in tutto il mondo. La sera della mostra al Castello raccolsi il pensiero di Michele Annese, direttore di “Minerva”, ex segretario generale della Comunità Montana di Mottola e già valentissimo direttore della Biblioteca “C. Natale” di Crispiano. “Peppino Montanaro? Persona di grandi capacità e disponibilità, illuminata, di compagnia, dalla battuta di spirito garbata”. Le cose le fa bene, ad alto livello. Quando trapiantò i suoi ulivi si accesero numerose e accanite polemiche, convinte che quegli alberi non avrebbero resistito al trasloco. Invece, eccoli, belli e superbi, esaltati da quanti vanno a vedere la masseria, a suo tempo impreziosita da questo gigante del fare”. Una vittoria significativa sulle critiche, che non mancano mai e a volte sono pretestuose contro le persone che hanno stoffa da vendere. E giacchè c’ero, chiesi ad Annese notizie del suo libro, “La Biblioteca di Crispiano”. “Sta per uscire da Schena. Nelle sue 560 pagine contiene anche l’intera relazione del professor Gert Jan Burges, docente presso la Libera Università di Amsterdam, autore della scoperta del villaggio dell’antica Grecia all’Amastuola e presentata anni fa ad un folto pubblico nella via principale di Crispiano”, che si snoda dalla piazzetta antistante la chiesa della Madonna Neve.







Nessun commento:

Posta un commento