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mercoledì 14 aprile 2021

Conosce la storia dell’Atm e dintorni

Luigi Bazzani

LUIGI BAZZANI, OGGI IN PENSIONE

HA GUIDATO PER ANNI LA TALPA

In azienda ha fatto molte esperienze

prima di realizzare il sogno di conducente

di una vettura del metrò. Per lui ogni corsa

era una gioia. Adesso si fa una passeggiata

attorno allo stabile e non va più a vedere

i treni alla stazione di Greco con i nipoti

Bazzani in sala operativa

Franco Presicci 

Quando era ragazzo andava alla stazione del suo paesino, Buvolone, in provincia di Verona, una manciata di abitanti, e osservava i treni che andavano e venivano; e anche i passeggeri, che salivano o scendevano e il capostazione che con il berretto rosso in testa dava il fischio per la partenza. Molti convogli non si fermavano e passavano a velocità ridotta. Era incantato dal movimento e si domandava perché quella gente partisse e perché quell’altra arrivasse. E gli veniva voglia di fare domande a quelli, singoli o gruppi, che stavano in attesa di un parente o di un amico in ritardo. C’è parecchia gente che ama questi pellegrinaggi: il treno affascina, seduce, fa sognare.

Treno senza conducente

A lui, Luigi Bazzani, oggi residente a Milano, in zona Bicocca, interessavano anche i binari, gli scambi, le marmotte, i locomotori di servizio: tutto quello che apparteneva allo scalo. E immaginava di essere alla guida di una macchina che trainava tutti quei vagoni da un capo all’atro del Paese. All’epoca era ancora in servizio la “Caffettiera” o “Ciucculatera”, la locomotiva a vapore insomma, che correva ansimando emettendo nuvole di fumo. E lui, Luigi Bazzani, pensava anche di essere seduto in uno scompartimento vicino al finestrino e guardare gli alberi che corrono, le case, le cascine, le fabbriche, la campagna, i covoni, rulli di paglia sparsi sulla stoppia giallastra, soggetti per pittori come l’inglese John Constable, che nel 1821 dipinse il bellissimo quadro “Il carro di fieno”. Tornato a casa, Luigi, oggi ottantenne, si accontentava di dare la corda al trenino di latta che gli aveva regalato il nonno. Il tempo è volato e il sogno si è realizzato: la “Tartaruga”, la motrice elettrificata, costruita negli anni ’60 dalla Ercole Marelli per mettere sui binari treni più veloci, non l’ha mai guidata, ma la talpa, che sfreccia nel ventre di Milano, quella sì. E per diverse ore al giorno, per tantissimi anni.

Un treno
Entrato nell’Atm, nel ’73, divenne macchinista, dopo il concorso e il periodo di addestramento. Due anni dopo entrò in funzione il tronco della linea 1 del metrò, lungo 1315 metri, da piazzale Lotto al QT8. La ricorda molto bene, la storia della metropolitana, Bazzani: a cominciare dalla sera del 24 gennaio 1963, quando il cardinale Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano e futuro Paolo VI, nonostante il freddo cane, visitò la stazione Amendola-Fiera, alle 21, accompagnato dalle autorità, fra cui il sindaco di allora, Gino Cassinis, il presidente dell’Atm Ezio Vigorelli e l’ingegnere Pastorelli della Ercole Marelli. Il cardinale scese giù, entrò nella cabina di guida del treno, che, a grande velocità, partì verso la stazione Conciliazione. Il capocronista de “il Corriere della Sera”, Ferruccio Lanfranchi, dedicò ovviamente molto spazio all’avvenimento, come anche gli altri quotidiani. Bazzani mi mostra con soddisfazione una foto della vettura prototipo della linea 1, costruita dalle Officine Meccaniche di Milano, quindi la guarda con nostalgia. Non ha tanta voglia di parlare. Lo stuzzico e qualcosa racconta sul suo lavoro di macchinista sottotraccia.

La vetrata è chiusa, il treno parte
Ora è in pensione da tanto tempo e passa le giornate a leggere dalla prima all’ultima pagina il “Corsera”, e a fare qualche passeggiata con la moglie Luciana attorno allo stabile, “rivedendo” il tempo in cui correva in bicicletta fino al Parco Nord, l’area verde, il polmone, di Milano che comprende diversi comuni. A domanda risponde che tornerebbe volentieri in cabina. “Non puoi immaginare la gioia che ti dà quella talpa che al tuo comando parte, cambia velocità, si ferma, sgravandosi e ingoiando centinaia di persone, meneghini e non. Lasciò il paese per Milano nel ’62 e prese casa in via Padova, che allora era una zona tranquilla, piena di negozi, ben servita dai mezzi. “Mentre stavo concludendo il servizio militare a Monza, lessi su una locandina che l’Atm assumeva personale. Feci subito la domanda e a giugno ero già bigliettaio sulla linea E, che aveva una delle fermate in piazza Duomo (allora attorno alla Cattedrale si poteva circolare). Ricordo che passavamo vicino alla Baggina, dove salivano i vecchietti diretti al centro, e noi li aiutavamo a scendere e a salire”. Non ho mai sentito un bigliettaio salmodiare: “Signori, avanti c’è posto”, come Aldo Fabrizi nel famoso film del 1942 diretto da Paolo Bonnard, che accrebbe la popolarità del simpaticissimo attore romano anche oltre confine. 

L'insegna del metrò
Sono una valanga le domande che ho in mente, ma devo limitarle. Per esempio, sono curioso di sapere se anche allora ci fossero i portoghesi. “Non ce n’erano, di furbi: è stato il passare del tempo a generarli; al giorno d’oggi proliferano a dismisura. E quando sono sorpresi dai controllori, che salgono in tre, uno da ogni porta, s’inventano le scuse più banali: “Ce l’ho, mamma mia, dov’è finito?” e fruga nervosamente in tutte le tasche. Mi sarà caduto mentre salivo, mi creda”. E poi: “Eccolo!”, e mostra quello di un mese prima. ”Era il primo novembre del ’64, quando venne inaugurata la linea rossa, tratto Marelli – Lotto; e io entrai nell’Atm in veste di agente di stazione, quello che controlla i passeggeri, richiamandoli se superano la linea gialla; gli impianti della stazione (luci, scale mobili)…”. Un incarico delicato, di responsabilità.

Ancora in centrale operativa

 Poi, macchinista, dal ’73 all’85, capostazione e controllore. Infine in sala operativa. Ce n’erano due: una a San Babila e un’altra in via Monte Rosa. Bella carriera, Luigi. “Se lo dici tu”. Comunque, quando ha smesso la divisa ha lasciato un ottimo ricordo tra colleghi e dirigenti: Luigi Bazzani è persona rispettosa, cortese, sempre con un sorriso amabile e un’espressione rassicurante. Non demordo e gli chiedo se ha fatti particolari da riferire. Certo che lì ha. “Mentre guidavo vidi un tale, forse ubriaco, che faceva la pipì in galleria, con il rischio di essere travolto. Vidi anche uno di mezza età che si spogliava completamente urlando nel tronchino di manovra (il punto in cui il treno fa inversione di marcia dopo aver scaricato tutti i passeggeri al capolinea). Avvisai la centrale operativa e intervenne la polizia. E non ti dico la gente che arrivava dormendo alla fine della corsa e faceva fatica a svegliarsi”.

Il treno nel tunnel
E’ emozionante guidare un treno nel tunnel? “Molto”. Preoccupazioni? “Un po’. Nelle ore di punta si trasportano anche 1.500 persone e si pensa che ci può essere un guasto in galleria (il punto tra una stazione e l’altra); può accadere che vada via la corrente, creando il panico tra i passeggeri. Se il problema si prolunga, bisogna far evacuare attraverso la banchina di servizio, i viaggiatori, che devono raggiungere la prima stazione a piedi. Ci può anche essere un principio d’incendio con fumo”. Il lavoro com’era? “Per me anche divertente. E gratificante. In cabina mi sentivo responsabile, utile, importante. Io ero sulla linea 1, che percorre il centro. Andava da Sesto a Molino Dorino o Inganni (poi la tratta è stata prolungata). Qualche volta ho guidato anche la 2, e mi piaceva, perché a Cimiano procede in superficie; e avevo l’impressione di guidare un treno vero che fiancheggiava vari paesi e le campagne fino a Gorgonzola, poi fino a Gessate e l’altra diramazione, come ai miei tempi fino a Cologno.

Corre il metrò senza conducente
In cabina il conducente è da solo? “Sì, ma deve sempre tenere la mano sull’uomo morto, cioè il combinatore di marcia: Se lo lascia parte immediatamente un segnale alla centrale e il treno va in frenatura d’emergenza e si blocca, perché vuol dire che il macchinista sta male. Allora interviene uno dei macchinisti di scorta, che stanno presso i capistazione: uno a Sesto, uno a Pagano”. Se ti richiamassero, risponderesti all’appello?”. “Qualche anno fa si, rivedendo i regolamenti e imparando le innovazioni tecnologiche”. Oggi vai mai nelle stazioni, per esempio alla Centrale (per arrivarci bastano una ventina di minuti con la 42) ad ammirare i treni?”. Sono nonno e fino a qualche anno fa portavo i miei nipotini alla stazione di Greco, che è alla Bicocca, poco dopo l’università. Alla Centrale mi estasiavo nel guardare la “Michelangelo”, che stava nella galleria di fronte ai binari (bella come la vera regina del mare della Società Italia di navigazione). Lo dicevo ai nipotini, ma loro preferivano la Freccia Rossa, treno elegante, veloce come il vento, con quel muso che somiglia a quello di un segugio italiano, cane molto bravo nella caccia alla volpe. Era il 6 marzo 2011, quando parlai dell’argomento per la prima volta con Luigi Bazzani, quest’uomo buono, intelligente, spiritoso, disponibile, che ama i treni come li amo io. E quando ha voglia li guarda su un libro che al momento della pensione ha ricevuto in regalo.
 
 
SU MINERVA NEWS(sito www.associazioneminerva.org)
La Divina Commedia: INFERNO (Pier delle Vigne-13° Canto). Relatrice Silvia LADDOMADA

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