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giovedì 6 aprile 2023

Una corsa che i milanesi aspettano con ansia

GRANDE, APPASSIONANTE STRAMILANO

QUEST’ANNO HA COMPIUTO CINQUANT’ANNI

I Cinquantamila
In quella marea umana si tuffano

ogni anno persone di ogni età e

professione, che arrivano da tutta

Italia. Sgambare fa bene

alla salute, è libertà, oltre che 

piacere immenso di sentirsi per un

giorno padroni della città.

 

Franco Presicci

La Stramilano ha compiuto 50 anni. Viva la Stramilano. Ne ha avute, di storie la corsa dei cinquantamila, come è soprannominata per via del numero dei partecipanti, con il tempo diventati sempre di più. E di più ancora, considerando le fitte ali di popolo che puntualmente si formano lungo i portici di fronte a piazza Duomo, da dove la maratona parte. 

La Banda dei Carabinieri

L’orario previsto ai miei tempi era alle 9, ma il fiume umano fremeva già mezz’ora prima, impaziente dell’attesa del segnale di avvio, e 20 minuti prima rompeva lo sbarramento che lo conteneva e straripava, quasi travolgendo la banda dei carabinieri pronta a suonare. Sul palco dell’organizzazione, dove venivo invitato ogni anno dallo “speaker” Attilio Monetti, uomo dalla memoria inossidabile, capace di snocciolare momenti, glorie, date, “record” e personaggi delle corse (una enciclopedia ambulante), potevo ammirare i pettorali sino a via Margherita. Quando arrivavo, Monetti mi intervistava, presentandomi come il giornalista che aveva seguito la Stramilano più di ogni altro collega e mi faceva conoscere la madrina, Isabella Rossellini, dolce e bella, l’altrettanto e dolce Ylenia Carrisi… e ospiti in cui mi imbattevo per la prima volta. Erano giornate entusiasmati. 

Galleria Vittorio Emanuele
 
 
Non ricordo più quanto tempo occorresse perché la coda dei cinquantamila arrivasse fin sotto il podio. Io lasciavo il palco prima, salivo nella macchina del giornale guidata dall’autista, correvo in piazza San Babila, quindi in corso Buenos Ayres, dove galoppavano i primi maratoneti ansiosi di essere tra i primi a toccare il traguardo dell’Arena, indifferente alla rabbia di qualche automobilista costretto a una sosta prolungata e imprevista.
 
Pettorali in piazza del Duomo
Poi il mio pilota ingranava la marcia e via per il ristoro di piazza Tibaldi, non per farmi servire dai volontari mele o caffè o yogurt o un'aranciata, o un panino o altro, ma per aspettare le avanguardie e poi gli anziani: Samuele Jannuzzi, di Barletta, il veterano della Stramilano, nato di corsa e di corsa faceva tutto, compreso il lavoro alle Poste, dove smistava la corrispondenza, e l’ottantenne con la frangetta che si portava appresso orgogliosamente il medagliere con la scritta “Le testimonianze delle mie Stramilano”. E il pittore che faceva crescere il suo paesaggio sgambando; Cesare Isabelli, che aveva partecipato alla Stramilano di New York, ma non lo diceva a nessuno, non amando vantarsi delle belle imprese che affrontava. Abitava nel mio stesso condominio e dalla finestra lo vedevo attraversare il giardino sempre a passo svelto per andare a piedi dagli amici Gammone, che hanno l’ufficio di fronte all’ospedale di Niguarda.
 
Stramilano
In via Tibaldi, dove la massa si frangeva, potevo avvicinare qualcuno per ascoltare un pizzico della sua storia di sportivo invaghito della Stramilano per un impulso antico; e avevo risposte affannate ma esaurienti. “Scusi lei da dove viene?”, “Da Pordedone”. “Scusi, perdoni l’indiscrezione, quanti anni ha?” “Novanta”. Stupore, lodi, invidia. Mi meravigliava Samuele Jannuzzi, che aveva 85 anni quando venne al giornale per essere intervistato e mi mise sotto il naso la carta d’identità per paura di non essere creduto. Ho ancora il ricordo di tutti gli “anta” che ho abbordato in viale Tibaldi: il vecchio alpino, per esempio, capelli bianchi, volto roseo, con un onor del mento portato con compiacimento, che arrivava da Belluno, il paese dei fratelli Cortina, tutti librai famosi a Milano (uno anche pittore allievo di De Pisis), e di Dino Buzzati. Tutta l’Italia accorreva, e accorre ancora oggi, alla Stramilano: un tale che si rifiutò di declinare il nome, forse perché stanco e infastidito dal fatto che potevo fargli perdere il ritmo, mi rispose: “So’ de Bère, e allòre?”. Un altro che trottava vicino a lui rispose spontaneamente: “Io sono di Taranto”. “Eh sìme d'u paìse de le còzze tutt’e ddò”, si vantò un altro che non avevo interpellatodissi. Ero contento di essermi imbattuto in due giovani della mia città.
L'Arena

“Ci vediamo all’Arena!”, mi urlò con il fiato in gola un vecchio bersagliere. Ed ecco Isabelli, Cesare. Mi salutò sventagliando il braccio e un sorriso appena accennato. Dietro di lui l’uomo con la scimmia in spalla. Mi addolorò due anni dopo la notizia della sua morte, vegliato per alcuni giorni dal primate. Scrissi di lui sul “Giorno”, come avevo scritto di altri che erano volati oltre le nuvole senza che qualcuno tenesse loro la mano. Accadde al fratellastro della grande attrice napoletana Tina Pica, in una casa di ringhiera di corso San Gottardo. Nell’aprile del 2000 Gianluca Martinelli, allora general manager della Stramilano, mi telefonò a Martina, dove mi stavo godendo i primi momenti della pensione, per chiedermi un articolo per un libro poi pubblicato con il titolo “Stramilano in Centostorie”, con interventi del sindaco Albertini, , Gelindo Bordin, Ottavio Missoni, Aberto Cova, Mike Bongiorno…

Aprii subito il lucchetto della memoria ed ecco una valanga per la Stramilano che mi aveva dato un premio in monete d’argento coniate in occasione delle Olimpiadi di Los Angeles. Me ne ha date, di soddisfazioni, la Stramilano dei cinquantamila. Vederla scorrere lungo le vie della città e sparpagliarsi sul prato del traguardo dell’Arena, dove nel 1890 Buffalo Bill si esibì con il suo “Wild West Show”, era una gioia. Lì finalmente potevo raccogliere le confessioni dei concorrenti più caratteristici: quello che a settant’anni aveva divorato tutti quei chilometri zigzagando sui pattini, l’altro che aveva partecipato avvolto nel tricolore, l’altro ancora in sella a un velocipede… Un anno m’intrattenni con il capo della Mobile (poi nominato questore e prefetto) Antonio Pagnozzi, che correva con il figlio in spalla.
Copertina libro Stramilano
Isabelli brinda dopo la Stramilano

La Stramilano era ed è una calamita. Il giorno delle iscrizioni davanti al tendone si forma una siepe di persone. Nei giorni successivi quella siepe si ingrossa, si allarga, si allunga. Grande Stramilano: coinvolge, commuove, contagia, travolge. Chi vi prende parte per un giorno si sente padrone della città. In “Centostorie” Guido Meda dice di ricordare benissimo che aver corricchiato per 22 chilometri “faceva sentire me un leone e scatenava un misto di ammirazione ed invidia nei miei compagni, di terza media”. Per Cesare Cadeo, questa maratona infiamma il cuore dei cittadini. Per monsignore Gian Piero Carnelli, la Stramilano è un grande momento per la città. Li ho letti tutti quanti in quel volume, i patiti della Stramilano. Già alle sette del mattino andavo in tram, scendendo alla fermata di piazza Cavour dominata dal Palazzo dell’Informazione. L’autista mi aspettava e con il fotografo, di solito Giovanni dell’Abate o Gaetano Montingelli o D’Anna…via per piazza del Duomo, già quasi piena di pettorali. Un anno era quello disegnato da Missoni. E io provavo i primi brividi pensando alla calca che avrebbe invaso la città. La Stramilano era ebrezza, spensieratezza, libertà, esaltazione.

Mi va di ripeterlo. Carlo Tognoli, purtroppo andato via anche lui, titolava il suo articolo: “Stramilano tutti insieme milanesemente”. E Candido Cannavò, direttore de “La Gazzetta dello Sport”: “Non è facile organizzare una Stramilano, ma è ancora più difficile mantenere intatto il successo per così tanti anni”. La Stramilano ha insegnato alla gente che correre è bello. Fa bene alla salute e all’anima. Uno dei maratoneti più assidui, lo Speedy Gonzales delle Posta, si allenava tutti i giorni. Si alzava alle 5, faceva qualche lavoretto in casa, poi metteva la “ciucculatera” sul fornello con la fiamma bassa, correva alla vicina edicola a comprare il giornale e rientrava in tempo per versare la bibita nella tazzina. Tentai di parlare al telefono con un veterano che aveva raggiunto i 100 anni e non me lo passarono per timore che gli venisse la fregola di tornare in pista, ignorando gli sforzi dei familiari di tenerlo buono. Franco Fava, che ha raccontato con profonda saggezza la città, narrò la sua ultima Stramilano, nella primavera dell’81, “più che di una corsa si trattò di una vera e propria passerella”. Un amico mi dice che la prima Stramilano partì di notte da Prato Centenaro, vicino a viale Zara, su un percorso di 25 chilometri. L’avvio venne dato alle 21. L’ideatore della corsa fu Renato Cepparo. Qualche volta avrei voluto tuffarmi nella folla e non sentendomi abbastanza in gamba per farlo, mi sfogavo quando tornavo, verso le 3 del pomeriggio, in redazione, a scrivere una pagina con passione ed entusiasmo. Il direttore, il grande Lino Rizzi, che oltre ad un professionista rispettabile era un uomo generoso e amabile, mi disse: “Che cosa sarebbe senza di te la Stramilano?”. “Quella che è: una manifestazione di grande prestigio, nota e apprezzata in tutto il mondo”. Scherzava, ma io no. E mi risuonò nelle orecchie la canzone “Stramilano” Alberto Rabagliati.








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