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mercoledì 24 maggio 2023

A maggio tre giorni di festa

RADUNO DEGLI ALPINI A UDINE

UNA MARCIA INTERMINABILE

Guida all'adunata di Udine

Sfilata entusiasmante, sotto una

pioggia insistente, che non ha

scoraggiato le Penne Nere a

partecipare. Tantissime città, da

Bergamo a Milano, da Brescia a

Pavia a Napoli, hanno risposto

all’appello, con le fanfare che

facevano da colonna sonora.

 

 

Franco Presicci

Vogliamoci bene”, “Mai più guerre”. Sono alcuni degli striscioni apparsi durante la grande sfilata degli Alpini a Udine, domenica 14 maggio. Sotto una pioggerellina insistente, che però non ha scoraggiato le tantissime sezioni (Alessandria, Como, Alba, Varese, Brescia, Bergamo, Aosta, Milano, Valle d’Intelvi e tante altre) a partecipare, con apparati specializzati, tra cui quello della Protezione Civile. Con loro, le unità cinofili, non incuriosite né disorientate, abituate come sono a quella moltitudine in marcia.

Il libro di Claudio Spessotto
Neppure la folla, fitta, ordinata, attenta, silenziosa, assiepata lungo le transenne, coperta da una fioritura di ombrelli policromi, ha disertato per colpa dell’acqua che cadeva lentamente e silenziosa, come una benedizione. Molto commovente, il raduno, anche per chi non appartiene a questo Corpo pieno di eroi civili, tra l’altro sempre primi ad accorrere laddove esplode una calamità, come terremoti e alluvioni. Una festa ricca bandiere, stendardi, portati da giovani, adulti, vecchi, tra i quali uno di 97 anni, un altro di oltre 100, che procedevano con il passo cadenzato come gli altri “ragazzi”. Sfidano il tempo, gli alpini. Gli anni passano senza sfiorarli. Sarà perché sono abituati a marciare e magari a passare intere giornate all’aria aperta tra cime e pianori. Certo è che amano stare in compagnia, una bevuta di buon vino in osteria, fra canti improvvisati a gran voce. Ne ho conosciuti, di alpini. Alla Stramilano, dove sgambettavano con la penna nera sul cappello. Anche in quel fiume umano incontrai un “vecio” di quasi novant’anni, che non avrebbe mai rinunciato - proclamò – alla manifestazione dei 50 mila. L’alpino marcia con gioia senza sentirsi padrone della strada, senza paura dei chilometri da smaltire. E’ nobile, coraggioso, solidale, il cuore teso verso gli altri.

Controcopertina libro Spessotto
Gli alpini sono una famiglia, ha ripetuto una delle voci al microfono che regalava anche brevissimi cenni di storia delle tante sezioni, che scorrevano come un fiume placido. Essere alpino è orgoglio, onore, una medaglia sul petto. Il raduno una grande occasione d’incontro, un appuntamento importante. Restare a casa, mai! Come dimostrava a metà maggio la trasmissione di “Antennatrè”, mentre qualcuno non si limitava a seguirla, ma pensava anche agli scrittori con la penna nera, tra cui Giulio Bedeschi e Mario Rigoni Stern, il primo, autore de “Il segreto degli Alpini”, “Il Natale degli Alpini”, “Centomila gavette di ghiaccio”, “Il peso dello zaino”; il secondo de “Il segreto degli Alpini”, “Il sergente nella neve. Nuto Revelli, ufficiale degli alpini in Russia, padre de “Il Mondo dei vinti”, testimonianza di vita contadina, in un altro suo libro, “Mai tardi. Diario di un alpino in Russia”, ha raccontato l’amara esperienza degli alpini della Tridentina in quella parte del mondo. La storia e le storie degli alpini sono affascinanti e coinvolgenti. Spicca anche la figura di Leonardo Caprioli, presidente bergamasco dell’Associazione nazionale Alpini dal ’69 all’84.

 

Folcia all'opera
Un alpino di 80 anni, di nome Folcia, che abitava nelle case di piazza Belloveso, a Niguarda (Miano), tutte le mattine alle 8 andava in bicicletta al Parco Nord e trasformava in sculture i tronchi degli alberi morti. Una di queste raffigurava realisticamente un busto di alpino. E realizzandola con scalpello e martello chissà se mormorava una delle famose canzoni: ”Di qua, di là del Piave/ ci sta un’osteria/ Là c’è da bere e da mangiare/ e un buon letto da riposar”; o l’altra: “Sul cappello, sul cappello che noi portiamo/ C’è una lunga penna nera/ che a noi, a noi serve da bandiera/ Su per monti, su per monti e guerreggiar/ Oilalà”. I monti dipinti dal pittore Giovanni Segantini in tutta la loro bellezza e anche nella loro pericolosità. Insomma gli alpini hanno ispirato pagine e pagine e anche tavolozze di pittori consacrati: gli alpini sono nel cuore di tutti, esempio di fratellanza, coesione, amore per il prossimo. A volte hanno la faccia scura, come tutti, ma il loro cuore palpita per la piacevolezza dello stare insieme. E nella mattinata di quel sabato piovoso quel nastro multicolore lungo quanto un’autostrada toccava anche gli spettatori. Vederli avanzare con passo ritmico senza parapioggia, forti nell’anima e nel corpo, era entusiasmante, esaltante. Anche lo “speaker” in alcuni momenti appariva intenerito, quando sassofoni, trombe, tamburi, clarini, colonna sonora della giornata, suonavano passando davanti al palco delle autorità. Un evento memorabile, con uomini solidi, tenaci, fedeli al loro credo, animati da ardore e volontà ferrea, slancio, sensibilità. 

Alpini nella neve
Li abbiamo visti con le gambe affondate nella neve, con i fucili in spalla sempre fiduciosi, all’insegna dell’amicizia, sempre l’uno per l’altro, lieti nello scambio di generosità, dotati di grandezza d’animo. Ho conosciuto alcuni di questi uomini ammirevoli a Milano anche al “Fogolar Furlan”, allegri, discreti, schivi, senza orpelli, senza retorica, senza spreco di parole: la parola per loro non è una scatola vuota: va meditata, pesata, contenuta. Gli “speaker” di quella mattina acquosa (erano cinque ad avvicendarsi) ricordavano le vicende delle varie sezioni, facevano il ritratto dell’alpino, esponevano le sue imprese edificanti, il suo amore per il Paese in cui è nato, e non solo. Alpino per sempre. Peter Disertori nel suo libro “Naja-l’ultima vacanza” scrive: “Fare l’ufficiale degli alpini era stato sempre il mio sogno nel cassetto e non mi sembrava vero, quel novembre 1974, entrare in Val Pusterla fresco di nomina, con destinazione Brunico, 6° Reggimento Alpini…”. Commovente la preghiera dell’alpino: “Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni balzo delle Alpi ove la Provvidenza ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade, noi purificati dal dovere, pericolosamente compiuto, eleviamo l’anima a Te, o Signore…”.

Agenda Alpini

La vita quotidiana degli alpini non è fatta soltanto di marce. Fanno escursioni in montagna di circa 10 ore, tra andata e ritorno, per mantenere il fisico in forma e allenarlo per gli sforzi più duri. Pesco tra i ricordi degli allievi della Scuola militare alpina del 40esimo corso, nel ’65, ad Aosta: “La maggioranza delle marce si svolse, armi e zaino in spalla, nella Valle del Gran San Bernardo verso le Punte Chalinge e sul versante destro della Dora, verso Pila e il Lago di Chamolè.

 

Precedentemente le vette toccate erano state più impegnative”. Ma l’alpino non tradisce la fatica. Va avanti e basta. Il libro descrive l’impegno di questi giovani gagliardi, tra cui le prime arrampicate a corda doppia in sicurezza. La roccia è la palestra dell’alpino. In queste pagine li vedi sorridenti, lontani dalla paura di una scivolata. Partono in vagoni anteguerra sulle rotaie e proseguono a piedi verso la mèta. Ancora un canto: “Cadorna manda a dire/ che si trova là sul confine/ ha bisogno degli alpini/ per potersi avanzar…”. Tre alpini tornavano dalla guerra, il più bello aveva un mazzo di rose in mano, la figlia del re quei fiori li volle per sé: è l’inizio di un altro canto. Gli alpini marciano tra canti e sudate. Allenati per non cedere alla neve, al vento, alle insidie delle rocce e a trascorrere “notti insonni “en plen air” per vegliare. Peter Diserori, “Naja”: “Non userò il grado, ma te la farò pagare, figliaccio”. “Comandi, mi ritengo bottigliato…”. “E gli offrii una bottiglia di spumante…Bicego divenne, di lì a poco, un degno compare di bisboccia…”.
 
 
Il secondo a sinistra è Claudio Cimolino

Claudio Cimolino
Ed eccolo di fronte a me un alpino dal cuore d’oro, dalle frasi brevi ed eloquenti: Claudio Cimolino, che ha superato da tempo gli anni verdi. Onnipresente nei raduni (è stato anche a Napoli per quello fatto per l’anniversario della nascita del Corpo, avvenuta il 10 ottobre nel 1872, fondatore Giuseppe Perrucchetti). Motto: “Di qui non si passa”. Da buon friulano, Cimolino va subito all’essenziale. “Essere alpino è un modo di vivere. L’alpino vive dei valori che gli sono stati inculcati. Quei valori restano dentro”. “Quali sono questi valori?”. “Il rispetto per il prossimo, la prontezza nel dare aiuto agli altri… Abbiamo conosciuto gli Alpini negli ultimi 30 anni attraverso la Protezione Civile, fondata dagli alpini, dal ministro Zamberletti dopo il terremoto in Friuli del 1976. Una devastazione, i vigili del Fuoco erano pochi, allora, per i soccorsi si riunirono tutti gli abitanti. Il mio paese, Carpacco, a 15 chilometri da Gemona, fu coinvolto nel disastro, come Venzone, rimasti come simbolo e modello di ricrescita.

Il cappello alpino

La notte i miei compaesani ricevettero una telefonata, in cui si chiedeva aiuto, salirono su un camion, lo riempirono di attrezzature e via a dare una mano ai loro fratelli: ‘fradis’ in friulano”. Ancora: “Il generale Francesco Paolo Figliuolo la sera di sabato era con noi all’incontro fra le autorità e l’Associazione Nazionale Alpini; e ha ricordato di essere il più anziano in servizio”. Parla piano, sottovoce, Claudio. ”Era una tua vocazione varcare quella soglia?”. “No. Nel ’64 fui chiamato per la leva; e siccome la cartolina l’aveva ricevuta anche mio fratello, mia madre mi pregò di fare qualcosa perché a partire non fossimo entrambi contemporaneamente; al Distretto mi suggerirono di presentare la domanda di ufficiale di complemento e il 15 luglio del ’65 entrai nella Scuola Militare Alpini ad Aosta. Scuola vera e propria, dove insegnavano le tecniche militari, ma impartivano anche lezioni di vita”. Per lui fare l’alpino era quasi naturale, visto che i suoi parenti erano o erano stati tutti alpini. In Friuli la tradizione è ai massimi livelli”. E mi mostra il suo cappello da alpino, lo indossa e io gli scatto una foto. “Per un alpino il cappello è tutto. L’ho indossato anche alla Stramilano”.

N.d.D. : Al 92° Raduno degli Alpini che si è svolto a Milano nel 2019, ebbi modo di assistere con mia moglie Silvia alla sfilata lungo i corsi principali della città meneghina. Una invasione di Penne Nere, provenienti da tutta Italia. Una festa a cui la gente assisteva festosa sventolando bandierine e cantando cori tradizionali. Per noi è stata la prima volta che assistavamo ad un Raduno degli Alpini; tante le emozioni provate nel vedere la partecipazione di tanti "eroi", insieme a giovani e meno giovani, di anziani fisicamente provati, ma con il viso, sotto un cappello prestigioso, gioviale e patriottico. m.a.

Nella foto Bruno Basso del Gruppo Alpini di Cittiglio (Varese) - papà di Giacinto, anche lui Alpino e di Donato, collaboratore di "Minerva News" - nato il 10 gennaio 1938, deceduto a 81 anni, il 29 giugno 2021.








La Preghiera dell'Alpino

Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai, su ogni balza delle Alpi ove la provvidenza ci ha posto a baluardo fedele delle nostre contrade, noi, purificati dal dovere pericolosamente compiuto, eleviamo l'animo a Te, o Signore, che proteggi le nostre mamme, le nostre spose, i nostri figli e fratelli lontani, e ci aiuti ad essere degni delle glorie dei nostri avi. Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi, salva noi, armati come siamo di fede e di amore. Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della tormenta, dall'impeto della valanga, fa che il nostro piede posi sicuro sulle creste vertiginose, su le diritte pareti, oltre i crepacci insidiosi, rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana. E Tu, Madre di Dio, candida più della neve, Tu che hai conosciuto e raccolto ogni sofferenza e ogni sacrificio di tutti gli Alpini caduti, tu che conosci e raccogli ogni anelito e ogni speranza di tutti gli Alpini vivi ed in armi. Tu benedici e sorridi ai nostri Battaglioni e ai nostri Gruppi. Così sia.

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