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mercoledì 31 maggio 2023

Carmine La Fratta a Napoli

HA FOTOGRAFATO I VICOLI

CERCANDO EDUARDO E TOTO’

 

Napoli San Gregorio Armeno
In San Gregorio Armeno è

entrato nelle botteghe dei

grandi ceramisti, affollate

di figure famose: Pulcinella,

Maradona, Totò, Eduardo,

Nino Taranto, personaggi

politici, presepi, statuine,

le case dei mostri sacri

del cinema e del teatro.

 

Franco Presicci  

Giganteggia l'immagine di Totò
Va dove lo porta il cuore (parafrasando il titolo di un libro di successo di Susanna Tamaro). E il cuore questa volta lo ha portato a Napoli. Era da tempo che Carmine La Fratta, tarantino verace come le cozze, fotografo errante e virtuoso, ci voleva andare; poi per una catena di appuntamenti aveva dovuto rimandare. Adesso no, ha chiuso il taccuino degli impegni e si è deciso. Lui corre sempre sul teatro di un evento importante, in un luogo che ha una storia da rispolverare, paesaggi da mostrare, comunità in festa. “Vado sotto il Vesuvio”, mi ha detto per telefono. “Sulle tracce di Maradona?”. “Non solo: da quelle parti ogni scatto è prezioso”. Come dargli torto? L’incanto di questa città variopinta, spettacolare, magica rapisce centinaia di migliaia di turisti, da qualunque parte arrivino. Immaginavo che lui non si sarebbe limitato a puntare l’obiettivo sulle facciate con il volto e le espressioni del calciatore che in campo disegnava geometrie esaltanti, compiva acrobazie ardite, dava pedate così forti da sfondare la rete, scatenando la folla assiepata sugli spalti. Giunto a Napoli, Carmine La Fratta si è infilato nel reticolo di vicoli, dove ancora palpita anche il ricordo dei grandi della scena: Totò, Eduardo De Filippo, Nino Taranto. Al ritorno mi ha chiamato nuovamente, entusiasta: “Ho cliccato, estasiato, sulle case del principe Antonio De Curtis e del senatore a vita padre di ‘Natale in casa Cupiello’, di “Filumena Marturano”… una a due passi dall’altra. Non sono scomparsi del tutto, questi miti. Sono ancora lì, tra mattoni rosicchiati dal tempo e bandiere, bancarelle e negozi, tra la gente, dentro la gente. Respirano, in quei budelli, sono immortali nella memoria degli abitanti. Se tu qui fai domande su uno o sull’altro, cominciano a parlare e non riesci più a fermarli. Chi li ha visti da vicino snocciola chicche, battute, episodi particolari, comportamenti”.

Nino Taranto, Peppino, Totò

La casa di Totò

Come quella riferita da Edmondo Capecelatro, scrittore partenopeo affermato, oltre che attore: una signora incontrò Totò in un salotto, e vedendolo molto serio, inappuntabile, contegnoso, gli disse. “L’ho applaudita a teatro, dove provocava risate a crepapelle; qui è quasi schivo”. Risposta: “Lei a teatro ha visto Totò, adesso è di fronte al principe De Curtis”. Carmine è stato al rione Sanità, dove si avverte ancora il passo del grandissimo attore, che proprio qui fece le sue prime esibizioni da ragazzino, avendo come spettatori i parenti, la gente dei bassi, gli scugnizzi, qualche estraneo. Poi affrontò la prima volta la ribalta, al teatro “Quattro Fontane” di Roma. All’Hotel Plaza incontrò l’autorevole giornalista Gaetano Afeltra e gli chiese: “Zavattini verrà una sera a teatro? Mi piacerebbe conoscerlo”. Non sapeva che Zavattini ci andava tutte le sere, e batteva le mani freneticamente. 

Vicolo dei Panettieri
In seguito passò di palcoscenico in palcoscenico, sempre più in alto, sempre più applaudito, celebrato. Un’icona. Carmine è entrato nei vicoli come in una chiesa: tale è considerato anche quello, a due passi dall’altro, che accolse i respiri di Eduardo, altro mostro sacro del cinema e del teatro. Li imbocchi, questi contenitori di umanità, e non puoi non pensare anche al “Sindaco del Rione Sanità” e a “Non ti pago”, divertentissima commedia che ha come tema il lotto, evocato dal vico Bonafficiata Vecchia, antico nome del gioco, creato non a Napoli, come si pensa, ma a Genova, da un barbiere.

De Crescenzo su un muro

Figura onnipresente del botteghino, l’assistito, personaggio ricercato e odiato quando non azzecca i numeri, inconveniente che gli capita spesso, come nel libro di Luciano De Crescenzo, “Così parlò Bellavista”. Sicuramente tutto questo scenario di commedie, di storie, di vita vissuta, di monelli di strada, di riffe, di voci è riemerso anche nei ricordi di Carmine La Fratta, tra uno scatto e l’altro, una conversazione e l’altra, camminando per ore intere tra vicoli, strettoie, balconi con i bucati appesi alle ringhiere, budelli, labirinti, descritti in tante pagine letterarie. Un passo dopo l’alto, captando le gigantografie sui muri di Maradona, Nino Taranto, Pulcinella, Totò, Eduardo, Massimo Troisi anche nelle riproduzioni dei figuli, così perfette, così somiglianti, così espressive. Il pensiero di Carmine è andato sicuramente a quelle splendide poesie, sempre recitate anche dalla gente comune: “’A livella”, “Si fosse ‘n’auciello”, “Napule tu e io”, “O saccio sultant’io” e alla canzone “Malafemmene”, di Totò, e ai versi di Eduardo: ”Ie vulesse truvà pace”, “Napule è ‘nu paese curioso”, “O màre”… Carmine non ha visitato soltanto i vicoli, dove emerge anche il nome di Matilde Serao, la giornalista scrittrice che con il marito Edoardo Scarfoglio nel 1892 fondò “Il Mattino”, dove la signora arrivava tutti i giorni in carrozza.

Statuine da San Gregorio Armeno

Carmine non poteva per esempio non andare a San Gregorio Armeno, dove si fabbricano i presepi più belli al mondo (alcuni esposti al Museo di Dalmine, Bergamo, e in tantissime collezioni private). Questi presepisti hanno larghissima fama per la finezza, la bellezza, l’attenzione alle facce, al vestiario delle loro statuine e per le loro architetture sacre, stupende, da fiaba, con profondità suggestive. Carmine ha fatto capolino nelle botteghe, ha ammirato i lavori, ha interrogato gli artisti, ha fotografato tutto ciò che lo colpiva. Ho visto quelle foto, me ne ha mandate una settantina: foto magistrali, che fanno vivere l’atmosfera dei luoghi. Dopo qualche giorno l’ho richiamato per chiedere altri particolari. Era già ripartito. Non si ferma mai, Carmine.

Ritratti e bandiere nel vicolo
Ama scoprire aspetti nuovi, perle non da tutti conosciute. Un giorno è impegnato a fotografare i falò e i fuochi d’artificio alla sagra di San Marzano di San Giuseppe, un altro nella sua Taranto davanti alle barche che dondolano con la ninna-nanna cantata dal Mar Piccolo, magnificato da poeti mai dimenticati. Lo pensi alla festa di San Cataldo, protettore della città dei due mari, o in corso Umberto, nel Museo archeologico nazionale, a riprendere gli ori di Taranto, e invece è a Crispiano a cogliere le grotte basiliane, luci e colori, la folla, la cassarmonica delle celebrazioni per la Madonna della Neve o a Milano a sorprendere i colombi in piazza del Duomo e a riprendere i merletti delle guglie della Cattedrale. 

Murale nel vicolo

Carmine è abituato a macinare chilometri anche nella sua Bimare (abita a Lama): lasciato il ponte girevole, va a destra, smaltisce la discesa del Vasto e costeggia “’u màre peccerìdde”, dove dalle paranze sbarca il pesce destinato ai mercati. Vedo e rivedo le sue foto anche per sentirmi vicino alla mia “culla”: foto di natanti, scafi, lampàre, che catturano il pesce di notte, la porta ormai chiusa di “Cicce ‘u gnùre”, noto venditore di mitili, la dogana, le facciate delle case, screpolate come le labbra dei vecchi pescatori, la chiesa di San Domenico, la via Di Mezzo, i Misteri, la processione dell’Addolorata, la ringhiera con affaccio su Mar Grande, il Castello Aragonese, il canale navigabile che sposa le due distese d’acqua: scatti evocativi, balsamo, dolcezze per chi vive lontano. Tutte immagini raccolte nei suoi libri senza didascalie, perché, dice, questi “ritratti” non hanno bisogno di essere spiegati.

Totò sul portone
Mi piace seguire idealmente questo cacciatore di immagini, capace di attendere ore e ore per poter cogliere tutto lo splendore di un panorama. Non gli ho chiesto dove sia andato a cacciare questa volta. Aveva fretta di mettersi al voltante. Ma vedrò i risultati. Intanto osservo i “quadretti” dei vicoli napoletani, dove restano anche le tracce di Giuseppe Marotta, giornalista, scrittore, critico cinematografico severo, sceneggiatore, paroliere, autore di “Mal di Galleria”, “Pietre e nuvole”, “L’oro di Napoli”, “San Gennaro non dice mai di no” … Si trasferì giovanissimo nel capoluogo lombardo, dove scrisse per il settimanale della Rizzoli “L’Europeo” e nel ’54 ricevette il Premio Bagutta per il romanzo “Coraggio, guardiamo”. Non trascurò mai la sua Napoli, non dimenticò le sue radici, forti, bene aggrappate alla terra. Carmine La Fratta è tornato, appagato, arricchito dal suo pellegrinaggio napoletano tra vicoli, murales di Maradona dappertutto (anche sulle carrozzine dei bambini) e luoghi storici come il San Ferdinando, il teatro che, eretto alla fine del Settecento, fu tanto caro a Eduardo De Filippo; e vico dei Carbonari, in cui emise il suo primo vagito, a Forcella, Nino Taranto, eccellente in “Pensaci Giacomino”, fiammante in “Ciccio Formaggio”, con la paglietta a tre punte. So che ci tornerà. I vicoli di Napoli, attraversati anche da Curzio Malaparte e teatro dei quadretti di Salvatore Di Giacomo, se li è portati nel cuore.







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