DA ABILISSIMO CANE DA TARTUFI A DIRETTORE ARTISTICO DEL GEROLAMO
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Piero Colaprico |
Prima di lui sulla plancia di quel teatro erano stati seduti Carletto Colombo e Umberto Simonetti, due nomi famosi. Sul palco si esibirono Eduardo, Milly Mazzarella e altri. Prima di quella poltrona, Piero era stato valoroso cronista, quindi direttore della redazione milanese di “Repubblica”.
FRANCO PRESICCI
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Nustalgia de Milan |
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le canzoni milanesi |
Poi Colaprico cominciò a scrivere romanzi di successo, prima con Piero Valpreda, poi, alla morte dell’anarchico, da solo, pubblicando con grosse case editrici e da ultimo con Feltrinelli. Io lo conobbi quando iniziò a muovere i primi passi nell’agone del giornalismo e ad entrare nelle simpatie di mastini come Ferdinando Oscuri, detto Poirot, che aveva già capito che quel ragazzo era fatto di ottima stoffa. Anche a me apparve subito metà castoro e metà lepre. E lui ha dato ragione a chi lo stima e continua a farlo, quando lasciato il servizio a “Repubblica come direttore della redazione milanese, che fu dell’indimenticabile Guido Vergani, si è insediato sulla poltrona di direttore artistico del “teatro-bomboniera” Gerolamo, dove si esibirono i più grandi dello spettacolo da Eduardo a Milly a Mazzarella.
Adesso lo vedo quasi ogni giorno in televisione, a commentare i fattacci che accadono in quasi tutto il Paese, facendo soffrire qualche collega che, acculato su una seggiola sgangherata spacciata per trono, si limita a sognare. Colaprico va avanti con l’età senza glorificarsi di ciò che ha fatto e continua a fare ed è sempre quel ragazzo tranquillo, grande lavoratore, capace di sottrarre ore al sonno per coniugare la scrittura con il sipario. Opera sempre in silenzio, in modo pacato, prudente, lontano dalle polemiche, incurante delle invidie, magari rivivendo qualche volta i giorni in cui, se alle 4 del mattino un “trombettiere” gli soffiava una notizia, di quelle che fanno gola, ancora fresca. non mancava di saltare dal letto, vestirsi e correre sul luogo indicato.
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Colaprico con gli attori |
Insomma poteva serenamente essere considerato l’ultimo della vecchia guardia, il cui albo annoverava giornalisti come Arnaldo Giuliani, Fabio Mantica, Patrizio Fusar e altri. Le sue mietiture non avevano stagioni. Un giorno un collega si mise a fare domande ad Alberto Sala, un ispettore che lavorava in mezzo mondo con polizie straniere, anche con l’Fbi e con la Dea, e improvvisamente, fu interrotto: “Stai per caso cercando di dare un ‘buco’ a Piero Colaprico?”. E l’altro, come la volpe colta in procinto di saccheggiare un pollaio: “Per carità, è solo questione di curiosità”. E rimase come una statua di sale. Anche quel giorno il carniere di Piero era già pieno.
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Piero Colaprico in questura |
Quando in un prestigioso locale di piazza Piemonte venne presentato uno dei suoi libri, presente anche il questore Paolo Scarpis e Paolo Colonnello, cronista di giudiziaria del “Giorno”, che aprì la serata con i virtuosismi del suo sassofono, Dario Cresto Dina, capo redattore di “Repubblica”, chiese come mai un giornalista, che deve tastare il polso della città e saltare quando il battito è irregolare, possa trovare il tempo di scrivere libri. Avrei voluto rispondere che ci sono giornalisti che sacrificano il sonno per restare incollati alla scrivania.
Questa in estrema sintesi la storia di Piero Colaprico come cronista di nera, che tra l’altro ha in memoria nomi, cognomi, specialità, imprese, cioè la storia dei pescicani e il mondo del malaffare, compreso quello di una volta, che non aveva come oggi il grilletto o la lama facili; e rispettava chi stava sull’altra sponda, armato d’intelligenza e gradi capacità investigative. Colaprico ha divorato polvere e consumato scarpe per esplorare, scoprire, come quella volta che da una macchia di sangue intuì, osservando il silenzio, l’autore di un delitto.
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uno spettacolo |
Giorni fa l’ho chiamato, Piero, per essere informato sulla sua esperienza al Gerolamo. Non mi ha fatto aspettare né ha deluso le mie domande. “Quando mi sono dimesso da “Repubblica”, alla fine del 2011, sono rimasto disoccupato per un po’, poi sono stato assunto come direttore artistico al teatro Gerolamo, vero gioiello di architettura e di storia. E’ di proprietà privata e sta a 200 metri dal Duomo, nel cuore di Milano. Io avevo detto a chi mi ha assunto, una signora giapponese, architetto, Chitose Asano, che prima di allora avevo scritto per il teatro, che sicuramente andavo a vedere qualche spettacolo, ma non era il mio lavoro. Non importa, era stata la risposta, noi abbiamo fiducia che puoi farlo. E così mi sono buttato e dal 2022/23 curo il cartellone di quanto mettiamo in scena. Mi sono basato su due principi semplici.
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Alberto Sala, Piero Colaprico. Franco Presicci |
Lo ascolto con interesse, entusiasmo e con un pizzico di emozione per il continuo successo di un amico caro e leale. Piero si sta quindi avviando ad altri successi “e ancora una volta metterò sul palco un pianoforte che ci hanno regalato: quello che usava Giovanni D’Anzi, quando suonava la sua canzone più celebre, ‘Madonnina’, l’inno di Milano”.
Vi ho snocciolato la storia di un virgulto di Puglia, culla a Putignano, la città degli abiti da sposa e del carnevale dalle maschere gigantesche.
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