Kodra
artista di rinomanza
internazionale
Uomo
generoso, colto, affabile, pacato, schietto
Premio "Vita da Cronista 2015"
Franco Presicci
Dieci
anni fa, il 7 febbraio, si spense a Milano il grande pittore albanese
Ibrahim Kodra, che da ragazzo era stato pupillo di re Zogu e della
regina Gèraldine.
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Kodra saluta dal Naviglio Grande |
Innamorato del nostro Paese, soprattutto della
città del Porta, che lo ospitò per circa 70 anni, soggiornò più
volte a Positano, Catania, Palermo…, città in cui allestì
importanti personali. E adorava la Puglia, il suo calore, i suoi
colori, la sua gente. Ne parlavamo spesso, nella sua
abitazione-studio all’ultimo piano del 2 di piazzale Lagosta
(locali già appartenuti ad Antonio Ghiringhelli, sovrintendente alla
Scala dal ’45 al ‘72), da dove si dominava, come dalla plancia di
comando di un transatlantico, tutto viale Zara e parte del suo
prolungamento, che porta il nome di Fulvio Testi. Kodra era un artista di rinomanza internazionale e un uomo generoso,
colto, affabile, pacato, schietto. Abbigliamento un po’
stravagante, quasi una tavolozza, vaga somiglianza con Charles
Bronson, lo si poteva incontrare all’Isola Garibaldi, dove spesso
brevi passeggiate. Mi chiedeva di seguirlo, e a volte lo
accontentavo, ascoltando i suoi progetti e i suoi impegni. Poi al
ritorno nello studio dava gli ultimi tocchi a una tela, mentre
saccheggiavo i ritagli di giornale che la signora bionda con funzione
di assistente ammucchiava su un tavolo spazioso quanto un biliardo; o
ammiravo i suonatori, le barche a vela, il paesaggio di Sciacca, i
soldati geometricamente schierati appesi, incorniciati, alle pareti.
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"La guerra per la
pace"
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Se per un po’ non mi sentiva, mi telefonava, invitandomi a cena o a
pranzo; e io dovevo trovare sempre una scusa per dire di no, non
gradendo i pasti fuori casa. “Alle 4 del pomeriggio”, gli
promettevo. “Arrivo alle 4”. Ed ero sempre puntuale. Quando con Filippo Alto ebbi l’idea del Premio Milano di
giornalismo, lo proposi come presidente della giuria, che annoverava
nomi rilevanti della televisione, della carta stampata,
dell’arte…Ibrahim accettò di buon grado, e non cercò mai
d’imporre un proprio candidato. Si limitò a sorridere benevolmente
alla scelta di Alberto Cavallari, che poi sostitui Franco Di Bella,
premiato con lui “ex aequo”, alla direzione del quotidiano di via
Solferino. Cavallari inviò un telegramma da Parigi, dov’era
corrispondente, assicurando la sua partecipazione alla cerimonia di
consegna. E mantenne la promessa. Rivedo il suo abbraccio affettuoso
con Ibrahim, che volle seduto accanto a sè. Nato in un piccolo villaggio, Ishmi, il 22 aprile del ’18 (in
questi giorni avrebbe compiuto 98 anni),
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Kodra con una scolaresca |
Kodra arrivò in Italia nel
’38 con una borsa di studio per l’Accademia di Brera. I gerarchi
del regime lo accolsero a Roma festosamente e gli chiesero di tenere
un discorso in onore del capo del fascismo. Ma lui conosceva soltanto
tre o quattro parole del nostro vocabolario, e manifestò il proprio
imbarazzo. Quelli insistettero, suggerendogli di usare la sua lingua;
e lui allora colse al volo l’idea di contare da uno a cento,
intervallando i numeri con le espressioni all’epoca considerate
sacre “duce”, “fascismo”, “Mussolini”, scatenando
applausi fragorosi e commenti entusiastic:i “Eccezionale, Kodra,
discorso affascinante”. Nel ’39 era a Milano. E frequentando il quartiere di Brera ben
presto divenne leggendario. I primi tempi furono magri, anzi
magrissimi. Gli urli della fame li placò nella latteria delle pie
sorelle Pirovini,
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Kodra con le sorelle Pirovini |
che gli proposero di convertirsi al cristianesimo
in cambio della cancellazione del suo conto, allungatosi quanto
un’autostrada anche per colpa delle pance degli amici. Dalle
Pirovini al bar “Giamaica” il passo era breve. E lì, dentro e
fuori, s’intrattenevano Gianni Dova, Lucio Fontana, il giornalista
Guido Vergani, il critico cinematografico Pietrino Bianchi, il
musicologo Giulio Confalonieri, Intra, Gaber... “Mamma Lina”, al
secolo Lina Mainini, ricordava Benito Mussolini, che si faceva
servire il cappuccio senza schiuma, prima di andare alla sede del
“Popolo d’Italia”, in via Lovanio. Gli episodi che riguardavano
Kodra trasmigravano dall’uno all’altro in un baleno. Avete
saputo? L’altra notte in via Fabio Filzi due banditi armati gli
hanno intimato di consegnare la borsa. Quale borsa? Non aveva l’ombra
di un centesimo. Era pronto a farsi perquisire per dare la conferma.
Si sono impietositi e gli hanno dato la mancia. Era il ’44. Venne
investito da una moto americana, gli ingessarono un braccio e tutta
la sua compagnia sperava in un ottimo risarcimento, e per questo lo
supplicavano di tenere la protezione oltre il tempo previsto..
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Kodra con P. Ballo e A. Petruso |
Tutti conoscevano la sua storia. Alcuni la raccontavano, e i cronisti
ne prendevano nota. In Albania aveva imparato le buone maniere alla
corte di re Zogu, ma il giorno in cui doveva fare l’inchino alla
regina Gèraldine sbagliò un gesto e corse il rischio di cadere
coinvolgendo sua altezza. A portarlo al Palazzo era stato il questore
di Durazzo, che, dal suo tavolo in una trattoria, si accorse che il
pivello che gli stava dirimpetto lo guardava, abbassava la testa e
faceva fremere una matita. Gli si avvicinò incuriosito e vide il
proprio ritratto su un foglio. “Sei davvero bravo! Complimenti!”.
E subito dopo: “Che cosa fa tuo padre?”. Era un capitano di lungo
corso sempre in navigazione, e la madre aveva perso la via di casa.
Allora il questore pensò di presentarlo alla regina, che in seguito
lo spedì in Italia con la borsa di studio. Destinazione l’Accademia
di Brera. Una manna per il giovane, che amava la musica, oltre alla
pittura, suonava il banjo, aveva vinto il campionato di giavellotto e
aveva diversi hobby. Ibrahim era deciso a farsi strada, e la fece. Ecco in estrema sintesi
il suo percorso. Nel ’39 cominciò a seguire, a Brera, i corsi di
Carpi, Carrà, Funi; nel ’43 conseguì la maturità artistica. Aprì
il primo studio e uscì un libro con disegni suoi, di Birolli,
Vedova. Nel ’46, Antonio Tullier scrisse la presentazione nel
catalogo di una sua mostra. Nel ’52 fu al “Maggio di Bari”. Nel
giugno del ’57 Marco Valsecchi recensì sul “Giorno” la sua
esposizione alla Galleria Bergamini. Nel ’58 Guido Ballo gli
dedicò un
articolo sull’”Avanti!”…. E poi una prima pioggia
di critiche di Mario Lepore, De Micheli, dello stesso Cavallari…
Viviane Bost parlò di Kodra su “Nice-matin”; Davide Lajolo su
“Vie Nuove” titolò “Un albanese per le vie di Milano”
sottolineando nel sommario che “la semplice, tenace magia di Kodra
rintraccia le scaglie luminose dei vecchi mosaici bizantini”. Lucio
Cabutti su “Bolaffiarte” ne “L’albanese in via Brera”
ricorda l’adesione del pittore a “Oltre Guernica” nel ’45 e
il suo incontro con Paul Eluard, che lo definiva “il primitivo di
un’altra civiltà”, proseguendo con l’accenno “all’impronta
geometrica sempre più marcata, nella sua pittura” “Cinquant’anni
di poesia” di Montale apparve con 10 opere di Kodra. Nella
monografia “Kodra in corpo 8”, pubblicata dalle Edizioni d’arte
La Tela di Palermo, sono incluse, fra tantissime immagini, centinaia
di articoli sull’intensa attività di questo artista geniale, che a
detta di Mario Stefanile “pungolò la fantasia anche dei critici
con i misteriosi e orfici incanti della propria pittura”. Per
settant’anni protagonista della vita milanese, l’albanese di
Ishmi se ne andò nel 2006. Fui invitato da una tivù di Tirana a
parlare della sua arte e della sua umanità; e mi vinse l’emozione.
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