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mercoledì 20 aprile 2016

“Cinquant’anni di poesia” di Montale apparve con 10 opere di Kodra


 

 

Kodra artista di rinomanza 

internazionale

 

Uomo generoso, colto, affabile, pacato, schietto






  

Premio "Vita da Cronista 2015"

 


  Franco Presicci



 
Dieci anni fa, il 7 febbraio, si spense a Milano il grande pittore albanese Ibrahim Kodra, che da ragazzo era stato pupillo di re Zogu e della regina Gèraldine.
Kodra saluta dal Naviglio Grande
Innamorato del nostro Paese, soprattutto della città del Porta, che lo ospitò per circa 70 anni, soggiornò più volte a Positano, Catania, Palermo…, città in cui allestì importanti personali. E adorava la Puglia, il suo calore, i suoi colori, la sua gente. Ne parlavamo spesso, nella sua abitazione-studio all’ultimo piano del 2 di piazzale Lagosta (locali già appartenuti ad Antonio Ghiringhelli, sovrintendente alla Scala dal ’45 al ‘72), da dove si dominava, come dalla plancia di comando di un transatlantico, tutto viale Zara e parte del suo prolungamento, che porta il nome di Fulvio Testi. Kodra era un artista di rinomanza internazionale e un uomo generoso, colto, affabile, pacato, schietto. Abbigliamento un po’ stravagante, quasi una tavolozza, vaga somiglianza con Charles Bronson, lo si poteva incontrare all’Isola Garibaldi, dove spesso brevi passeggiate. Mi chiedeva di seguirlo, e a volte lo accontentavo, ascoltando i suoi progetti e i suoi impegni. Poi al ritorno nello studio dava gli ultimi tocchi a una tela, mentre saccheggiavo i ritagli di giornale che la signora bionda con funzione di assistente ammucchiava su un tavolo spazioso quanto un biliardo; o ammiravo i suonatori, le barche a vela, il paesaggio di Sciacca, i soldati geometricamente schierati appesi, incorniciati, alle pareti.
"La guerra per la pace"
Se per un po’ non mi sentiva, mi telefonava, invitandomi a cena o a pranzo; e io dovevo trovare sempre una scusa per dire di no, non gradendo i pasti fuori casa. “Alle 4 del pomeriggio”, gli promettevo. “Arrivo alle 4”. Ed ero sempre puntuale. Quando con Filippo Alto ebbi l’idea del Premio Milano di giornalismo, lo proposi come presidente della giuria, che annoverava nomi rilevanti della televisione, della carta stampata, dell’arte…Ibrahim accettò di buon grado, e non cercò mai d’imporre un proprio candidato. Si limitò a sorridere benevolmente alla scelta di Alberto Cavallari, che poi sostitui Franco Di Bella, premiato con lui “ex aequo”, alla direzione del quotidiano di via Solferino. Cavallari inviò un telegramma da Parigi, dov’era corrispondente, assicurando la sua partecipazione alla cerimonia di consegna.  E mantenne la promessa. Rivedo il suo abbraccio affettuoso con Ibrahim, che volle seduto accanto a sè. Nato in un piccolo villaggio, Ishmi, il 22 aprile del ’18 (in questi giorni avrebbe compiuto 98 anni),
Kodra con una scolaresca
Kodra arrivò in Italia nel ’38 con una borsa di studio per l’Accademia di Brera. I gerarchi del regime lo accolsero a Roma festosamente e gli chiesero di tenere un discorso in onore del capo del fascismo. Ma lui conosceva soltanto tre o quattro parole del nostro vocabolario, e manifestò il proprio imbarazzo. Quelli insistettero, suggerendogli di usare la sua lingua; e lui allora colse al volo l’idea di contare da uno a cento, intervallando i numeri con le espressioni all’epoca considerate sacre “duce”, “fascismo”, “Mussolini”, scatenando applausi fragorosi e commenti entusiastic:i “Eccezionale, Kodra, discorso affascinante”. Nel ’39 era a Milano. E frequentando il quartiere di Brera ben presto divenne leggendario. I primi tempi furono magri, anzi magrissimi. Gli urli della fame li placò nella latteria delle pie sorelle Pirovini,
Kodra con le sorelle Pirovini
che gli proposero di convertirsi al cristianesimo in cambio della cancellazione del suo conto, allungatosi quanto un’autostrada anche per colpa delle pance degli amici. Dalle Pirovini al bar “Giamaica” il passo era breve. E lì, dentro e fuori, s’intrattenevano Gianni Dova, Lucio Fontana, il giornalista Guido Vergani, il critico cinematografico Pietrino Bianchi, il musicologo Giulio Confalonieri, Intra, Gaber... “Mamma Lina”, al secolo Lina Mainini, ricordava Benito Mussolini, che si faceva servire il cappuccio senza schiuma, prima di andare alla sede del “Popolo d’Italia”, in via Lovanio. Gli episodi che riguardavano Kodra trasmigravano dall’uno all’altro in un baleno. Avete saputo? L’altra notte in via Fabio Filzi due banditi armati gli hanno intimato di consegnare la borsa. Quale borsa? Non aveva l’ombra di un centesimo. Era pronto a farsi perquisire per dare la conferma. Si sono impietositi e gli hanno dato la mancia. Era il ’44. Venne investito da una moto americana, gli ingessarono un braccio e tutta la sua compagnia sperava in un ottimo risarcimento, e per questo lo supplicavano di tenere la protezione oltre il tempo previsto..
Kodra con P. Ballo e A. Petruso
Tutti conoscevano la sua storia. Alcuni la raccontavano, e i cronisti ne prendevano nota. In Albania aveva imparato le buone maniere alla corte di re Zogu, ma il giorno in cui doveva fare l’inchino alla regina Gèraldine sbagliò un gesto e corse il rischio di cadere coinvolgendo sua altezza. A portarlo al Palazzo era stato il questore di Durazzo, che, dal suo tavolo in una trattoria, si accorse che il pivello che gli stava dirimpetto lo guardava, abbassava la testa e faceva fremere una matita. Gli si avvicinò incuriosito e vide il proprio ritratto su un foglio. “Sei davvero bravo! Complimenti!”. E subito dopo: “Che cosa fa tuo padre?”. Era un capitano di lungo corso sempre in navigazione, e la madre aveva perso la via di casa. Allora il questore pensò di presentarlo alla regina, che in seguito lo spedì in Italia con la borsa di studio. Destinazione l’Accademia di Brera. Una manna per il giovane, che amava la musica, oltre alla pittura, suonava il banjo, aveva vinto il campionato di giavellotto e aveva diversi hobby.  Ibrahim era deciso a farsi strada, e la fece. Ecco in estrema sintesi il suo percorso. Nel ’39 cominciò a seguire, a Brera, i corsi di Carpi, Carrà, Funi; nel ’43 conseguì la maturità artistica. Aprì il primo studio e uscì un libro con disegni suoi, di Birolli, Vedova. Nel ’46, Antonio Tullier scrisse la presentazione nel catalogo di una sua mostra. Nel ’52 fu al “Maggio di Bari”. Nel giugno del ’57 Marco Valsecchi recensì sul “Giorno” la sua esposizione alla Galleria Bergamini. Nel ’58 Guido Ballo gli dedicò un articolo sull’”Avanti!”…. E poi una prima pioggia di critiche di Mario Lepore, De Micheli, dello stesso Cavallari… Viviane Bost parlò di Kodra su “Nice-matin”; Davide Lajolo su “Vie Nuove” titolò “Un albanese per le vie di Milano” sottolineando nel sommario che “la semplice, tenace magia di Kodra rintraccia le scaglie luminose dei vecchi mosaici bizantini”. Lucio Cabutti su “Bolaffiarte” ne “L’albanese in via Brera” ricorda l’adesione del pittore a “Oltre Guernica” nel ’45 e il suo incontro con Paul Eluard, che lo definiva “il primitivo di un’altra civiltà”, proseguendo con l’accenno “all’impronta geometrica sempre più marcata, nella sua pittura” “Cinquant’anni di poesia” di Montale apparve con 10 opere di Kodra. Nella monografia “Kodra in corpo 8”, pubblicata dalle Edizioni d’arte La Tela di Palermo, sono incluse, fra tantissime immagini, centinaia di articoli sull’intensa attività di questo artista geniale, che a detta di Mario Stefanile “pungolò la fantasia anche dei critici con i misteriosi e orfici incanti della propria pittura”. Per settant’anni protagonista della vita milanese, l’albanese di Ishmi se ne andò nel 2006. Fui invitato da una tivù di Tirana a parlare della sua arte e della sua umanità; e mi vinse l’emozione.


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