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mercoledì 18 gennaio 2017

Le notti trascorse al giornale




ASSASSINII E RAPIMENTI

UNA MILANO BOLLENTE



Il turno aveva inizio alle 19 e si

concludeva all’1.30: ore in cui

poteva accadere di tutto, anche

l’evasione di un detenuto e la

scoperta di un covo di terroristi.

Catturarono Epaminonda, boss

del clan dei catanesi, e la notizia

fu tenuta segreta fino al giorno

dopo. Le telefonate delle donne

che parlavano con i mariti morti.

 

 

                                                                              Foto:da sinistra - il vice direttore Guido Gerosa, Gigi Gervasutti, Maurizio Acquarone, il questore Antonio Fariello in visita al Giorno e Presicci.

                                                



Franco Presicci


Raramente le notti al giornale erano tranquille. La Cronaca cominciava a spopolarsi alle 20; alle 21 il nerista per il pronto intervento rimaneva con il collega addetto all’impaginazione, che cambiava in caso di un avvenimento importante: a volte anche due omicidi, se non di più, contemporaneamente o a una certa distanza di tempo l’uno dall’altro, in luoghi diversi: fuori di un “night”, in aperta campagna, in un ristorante, sulla strada... Decisi nell’ambito della criminalità organizzata e non.

Vecchia sede de "Il Giorno"

Una sera cogliemmo la notizia di una donna assassinata in via Cascina Barocco, dove la città confinava con la campagna, a una quindicina di chilometri da via Fava, dove, in un fungo di cemento armato, aveva sede “Il Giorno”. Erano le 21 passate. Tardissimo, per noi, con la prima edizione prossima alla chiusura. Arrivammo quando erano state da poco spente le fiamme sul corpo di una quarantenne o poco più. Gli investigatori non avevano ancora notizie. La borsetta mancava, quindi non c’era alcun elemento idoneo a identificare la vittima. Segno che il delitto era stato compiuto altrove.
Presicci, Lotito e Giorgio Guaiti
Era stato un passante a scoprire la scena. Dovevo saperne il nome e l’indirizzo. Ma gli investigatori non volevano esporlo. Una voce mi sussurrò: “Io so chi è”. E arrivai a una cooperativa inondata da fumo e odore di vino. Il contatto dette qualche frutto: “Stavo portando a spasso il cane e sulle prime ho pensato che stesse bruciando una bambola; poi ho capito che non era così…”. E altro. Aveva 60 anni e faceva il meccanico. Tornai in via Cascina Barocco, dove mi fu mostrata una tanica di benzina, trovata dietro un cumulo di sassi. La concorrenza, sfiduciata, aveva già levato le tende, quindi quel dettaglio, fissato dal fotografo Pizzamiglio, e un paio di altri furono un’esclusiva. Una notte, verso le 20, notai che la radio con la quale captavano gli umori e i sussulti della città, era muta: colpa di un collega infastidito. Telefonai subito all’ispettore di turno alla Volante. “Come, non lo sai? A Figino due ore fa uno zingaro ubriaco ha ucciso la titolare di un bar che gli aveva negato l’ennesimo bicchiere. “Due ore fa?”. Il reparto fotografico era presidiato da Gaetano Montingelli, un professionista che scattava subito. Lo chiamai, pregai l’autista Gusmaroli di premere sull’acceleratore e via verso Figino.
Presicci,Luisella Seveso,sindaco Tognoli,alle spalle Elena Golino
Fui fortunato. Il maresciallo dei carabinieri, Pignataro, non aveva ancora parlato con i giornalisti e addirittura teneva chiusa la porta del locale. Dall’ombra vidi sbucare il maresciallo Oscuri. Mi fece solo un segno per non essere notato dagli altri, e lo seguii fino all’accampamento del nomade, dove individuò la “roulotte”, ma non vi trovò alcunché di interessante, nemmeno una foto. Pioveva a dirotto, si affondava nel fango. Gusmaroli mi venne incontro per avvisarmi che attraverso la radio (ce l’avevamo a bordo), il capocronista, Enzo Catania, chiedeva notizie per il titolo. Erano anni bollenti. Il 2 novembre ’79, la strage nel ristorante “La strega”, a Moncucco; il 10 ottobre ’80 l’omicidio di un amico di Liggio in piazza Napoli; il 14 maggio quelli di altri due in piazzale Susa.
Il capocronista Enzo Catania
All’alba del 29 giugno del 1984 in via Selvanesco, alla periferia sud della città, in un campo di granturco, tre vittime. Alle 20 del 18 novembre dell’81, la strage del Lorenteggio: quattro morti, tra cui un benzinaio estraneo a ogni vicenda di malavita. Movente? Un centinaio di milioni persi in una bisca, quella di via Panizza, e ripresi alle tre del mattino con le armi in pugno. La sera successiva il titolare della “belanda” chiuse la partita. Riempii una pagina, con richiamo in prima. Un’altra notte movimentata fu quella del 17 luglio ’87: fuga di Vallanzasca dalla nave Flaminia ancorata nel porto di Genova. Lo stavano trasferendo a a Bad’e Carros, in Sardegna. Scrissi un pezzo alla svelta e il direttore Lino Rizzi mi spedì nel capoluogo ligure, dove il traghetto era ancorato. Uno “scoop”. Una notte in via Rubattino vennero uccisi su una vettura un’entraineuse”, che lavorava in un locale notturno a Lugano, e il suo compagno che, a quanto pare, aveva fatto uno errore. Il giorno dopo andai in Svizzera, indagai in un “night” in zona Paradiso, e mi fu indicato il “residenze” che li aveva ospitati. Lì raccolsi informazioni e visitai anche la cameretta in cui avevano dormito.
Tanino Gadda e Luisella Seveso
Da sx: Lotito e Presicci, alle spalle Gadda e Basso


Ricordo una sera del gennaio ’80. In piazza Piola si scatenò una sparatoria tra due grossi calibri della malandra. Sul posto vidi uno dei due fra un gruppetto di poliziotti; e un altro steso a faccia in giù su una barella. Poi seppi che un proiettile aveva sfiorato il viso di una bambina che stava per attraversare la strada. La notte del 26 giugno ’84 il delitto che mi tenne impegnato per giorni e giorni: Terry Broome, l’americana aspirante fotomodella che sparò a Francesco D’Alessio, un giovane notissimo, proprietario di una scuderia all’ippodromo. Venne arrestata nell’hotel Bahmpost di Zurigo. Ci andai in aereo, presi una stanza nello stesso albergo, feci un’abbondante mietitura e dopo un paio di giorni tornai in treno con il privilegio di viaggiare nello scompartimento riservato alla detenuta e ai poliziotti che l’avevano in custodia.
Nino Gorio
Le ore libere ce le occupavano le donne anziane che soffrivano di solitudine e di insonnia. Telefonavano verso mezzanotte, per denunciare un fantasma in casa o riferire il dialogo con il marito defunto. Alcune s’informavano sul processo alle brigate rosse in programma per il giorno dopo. Eh, le Brigate rosse. Chiamavano in Cronaca per segnalare un volantino in un cestino portarifiuti, in via Imbonati, in via Progresso, o in un’altra via… Una sera una voce arrogante me ne indicò uno sul ripiano dell’edicola del mezzanino della metropolitana di via Palestro. Era nel volume dalla M alla Z. Prendendolo, mi accorsi di due donne che facendo finta di accendere la sigaretta mi esaminavano. Al rientro trovai i carabinieri, che mi fecero le domande rituali: “La telefonata è arrivata direttamente a te? O è passata dal centralino?”. Il ‘telefonista’ aveva cadenze dialettali?”. “ La voce era giovanile o no?”. “Era maschio o femmina?”; “Il contenuto della telefonata?”… E non dico i delitti e gli arresti dei tanti terroristi. Una notte, grazie al solito amico, scoprii l’appartamento in cui erano attesi Mario Moretti e Enrico Finzi, quando vennero arrestati, il 4 aprile ’81, quasi sotto le finestre di un convento, nei presi della stazione Centrale.
Bisognava stare sempre all’erta. Più la nottata appariva tranquilla e più telefonate si facevano: ai carabinieri, alla polizia, ai vigili… Soprattutto quando la radio ci snobbava. Se la “soffiata” arrivava mentre in Cronaca si stavano spegnendo le luci, si passava il resto della nottata sulla strada. Era sempre emozionante, la notte. Se un fattaccio accadeva di giorno, si dedicavano le ore piccole anche alla pesca dei dettagli per il seguito del pezzo. Ricordo la notte dell’8 febbraio ’80, al freddo in via Santa Sofia, dove in una ditta di mangimi un uomo teneva in ostaggio una decina d’impiegati (dopo averne uccisi due, si mise la pistola alla tempia) La notte del 29 settembre ’84 fu arrestato Angelo Epaminonda, ma lo sapemmo il mattino dopo. Un’altra notte, all’una, in viale Suzzani nel bagagliaio di una Peugeot vennero trovati incaprettati due trafficanti di eroina. Alle 23.30 del 27 luglio, ’93, la strage di via Palestro. "Il Giorno” impegnò tutti i cronisti: Piero Lotito, Giovanni Basso, Giorgio Guaiti, Nino Gorio, Giulio Giuzzi, Maurizio Acquarone, Paolo Colonnello, Giancarlo Rizza… E dovrei dire delle notti passate nell’attesa del rilascio di un rapito o davanti a una banca con una decina di ostaggi nelle mani di tre banditi. La prossima volta, direttore permettendo.













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