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mercoledì 22 marzo 2017

Il variegato mondo del collezionismo



UN CAVATURACCIOLI RARO

PUO’ COSTARE 3 MILA EURO

 


                                                                        Cavatappi in un tarocco              

                          
                                                               disegnato per noi da MENEGAZZI


                   

 

Sothebi’s all’utensile ha dedicato un volume.

L’interesse del British Museum.

Note le aste di Christie’s.

Le associazioni nate in diversi Paesi.

Si raccolgono soldatini di piombo e di carta,

trenini, bambole, ma anche figurine, medaglie,

adesivi, scatole, bottoni, ferri da stiro,

salvadanai…

 

L’opera di Vito Arienti, ispiratore di

giovanissimi talenti, e di Osvaldo Menegazzi,

artista surrealista.




Franco  Presicci  

                                                                                                           

Grazie a Vito Arienti, di Lissone, e al milanese Osvaldo Menegazzi, entrambi notissimi nel campo dei tarocchi (l’uno collezionista, oltre che stampatore di esemplari non soltanto storici; l’altro autore spesso surreale), a suo tempo mi sono imbattuto in tanti raccoglitori di scatole, fascette di sigari, biglietti di lotterie, segnapagine¸ fiammiferi, bottoni, portachiavi, etichette, bustine da zucchero, autografi, bambole, trenini, copricapo, giocattoli di latta, ferri da stiro, lumi a petrolio...
Vito Arienti

Una signora ultraottantenne mi ricevette fra centinaia di ventagli con scene bucoliche, interni rinascimentali, paesaggi, molti fabbricati da lei anche su commissione…; un’altra faceva incetta di locomotive a carbone eseguite con cartoncino nero da un signore anziano con un cespuglio sotto il naso e un volto severo. In uno spazioso appartamento un professionista alloggiava un esercito di soldatini di piombo (circa 40 mila); in un altro un ex bancario impilava cartoline d’epoca, raffiguranti donne con il cappello, donne in carrozza o in bici, da sole o in compagnia, la vecchia Centrale di Milano, le vie storiche…. Ad Altare in provincia di Savona due Bormioli, Alfio il padre, Amanzio il figlio, ricostruivano in piombo le battaglie napoleoniche contese da molti appassionati. E siccome erano bravi nel fabbricare anche oggetti in vetro, infilavano nelle bottiglie velieri o altre imbarcazioni e poi soffiando chiudevano il fondo, a volte alla presenza dei visitatori.
Osvaldo Menegazzi
Un amico incuriosito mi chiese come facessero, i collezionisti, a trovare lo spazio necessario all’accumulo degli oggetti del desiderio, soprattutto di quelli più ingombranti. Evidentemente chi ha questa passione, o hobby che dir si voglia, sa come risolvere il problema. Anche chi recupera computer o salvadanai, collocandoli anche su mensole fissate dappertutto, anche in bagno o nello sgabuzzino. A proposito di salvadanai, ce ne sono di prestigiosi, tanto che nel ’77 la Cassa di risparmio di Verona organizzò una mostra utilizzando anche pezzi spediti dalle ramificazioni dell’istituto in Germania e in Svizzera. Spiccavano un salvadanaio d’argento del 1820 e uno di origine peruviana risalente a qualche secolo addietro.

Tanti anni fa una signora disperata si lamentò del marito, persona ineccepibile, ma con il “vizio” di accumulare sotto il letto accendini in contenitori trasparenti. Un commerciante lasciava parcheggiata l’auto lungo il marciapiede, avendo occupato il box con un plastico ferroviario a più piani e molti elementi complementari: semafori, marmotte, stazioni, lampade, oltre a un discreto numero di vagoni, motrici, carrigrù, pianali con garitta… C’è chi in una teca custodisce circa 400 fischietti in terracotta usciti dai forni di Bassano del Grappa, Caltagirone, Grottaglie, Rutigliano…; e ne avrebbe certamente di più, se non rischiasse il divorzio. E c’è chi per nessuna ragione rinuncerebbe ai propri album di figurine Liebig, o alle pipe o ai fermacarte o ai cucchiaini o addirittura ai biglietti del tram di ogni Paese, ai calendarietti dei barbieri… 
Un calendarietto dei barbieri
Una quarantina di anni fa proprio Menegazzi mi presentò il titolare, abruzzese, di un ristorante molto ben frequentato. Collezionava orologi antichi. Paolo Cavallina, già conduttore della seguitissima trasmissione radiofonica “Ciamate Roma 3131”, mi aveva telefonato per affidarmi le ultime pagine, a colori, del neonato quotidiano, da lui diretto, “Il Mezzogiorno”, dedicato appunto all’Abruzzo; e quell’oste giungeva a proposito; quindi lo pregai di mostrarmi il forziere, custodito in banca. Per me fu un salto di qualità, dopo aver osservato solo tappi di sughero, menù, distintivi, medaglie, bottoni…. E passai una notte tra segnatempo di ogni tipo ed epoca, belli, estrosi, “notturni”, da collo, da tavolo, da petto… Ammirai specialmente quelli da tasca a doppia cassa, ricordando che erano stati soppiantati durante la prima guerra mondiale da quelli da polso perché meno vistosi e fastidiosi. Ricordo un orologio che andava su e giù su un piano oscillante; un altro era incastonato in un anello dell’800…Al termine, pensai alla collezione donata da Bruno Falk nel 1973 al Museo Poldi Pezzoli di Milano; e al “notturno” raffigurante Armida con i pastori conservato nel Museo elvetico.
Cavaturaccioli
Nel maggio del 2008 scoprii l’universo dei cavatappi: a leve multiple; con manico ad ancora o a serpente arrotolato o a “t”; con lo spazzolino di setola per eliminare lo sporco del tappo e dell’imboccatura della bottiglia; in legno decorato; in vetro soffiato; in forma di chiave; tascabili; da muro; da tavolo; antichi, moderni…Non ne avevo mai visti tanti in una volta sola, e non avrei immaginato l’esistenza di molti tipi pregevoli e cari. La raccolta non si esauriva nelle preziosità esposte. Altre erano deposte con molta cura in casse e cassettoni e altrove. Il titolare, un signore di poche parole, colto, serafico, gentile, Renato Nicolai, 84 anni, veterinario, di Cesena, studi a Bologna, a Milano dal ’60, ne parlava senza enfasi, guardando spesso un “tirabusciò” a forma di cane che troneggiava su un mobile di età rispettabile. Forse era tra i preferiti del dottore, che raccontava la storia e le caratteristiche tecniche di alcuni campioni, dicendosi dispiaciuto per uno che gli mancava: quello con l’immagine caricaturale del senatore statunitense Volstead, difensore della legge contro il commercio degli alcolici, che dal ’19 al ‘33 tenne in astinenza i bevitori.
  
Gli chiesi notizie di nuovi acquisti; e mi confidò che non aveva più voglia di andare in giro per mercatini, fiere, aste…”Ma se mi capitasse l’occasione di un pezzo appetibile, non me la farei scappare. Ce ne sono tanti di belli, originali, ingegnosi”. Molto apprezzati dai collezionisti del settore, polomeofili (dal greco tappo e tirare) i cavaturaccioli “jambes des dames”, a gambe di ballerine di can can, tipo quello tedesco dei primi del Novecento, in stivaletti in argentone e calze in celluloide, che si “pavoneggiò” in una rassegna memorabile. Ricercati anche quelli in stile Rococò a cremagliera (forniti di braccia); a concertina; a soggetto erotico… Un collezionista americano, Donald Bull, acquistò da un uruguaiano un “gioiello” in argento con la scritta, sull’astuccio, “Società del ‘tirabuscion’ fondata la notte tra il 25 e il 26 ottobre 1877 a Milano”: città in cui il 17 dicembre 1988, nella “Taverna della Trisa”, l’ingegner Paolo De Sanctis e l’architetto Maurizio Fantoni battezzarono l’Associazione italiana collezionisti cavatappi, con sede in via Vallazze 22.

 MA C'ERANO ANCHE GLI "INFILATAPPI",
 COME SI VEDE DALLE FOTO
 DI UN ESEMPLARE, REALIZZATO IN LEGNO DI NOCI,
 DA GIUSEPPE SANTORO (detto Peppino), CIRCA 70 ANNI FA,
 ANCORA CONSERVATO GELOSAMENTE DALLA
 FIGLIA MARIA PIA, SPOSATA CON ADAMO DI PALMA.



 
“La storia di questo utensile è iniziata secoli fa con il tappo di sughero. Poi si avvertì l’esigenza di sposare l’estetica con la tecnica, e si mobilitarono valenti artigiani, che realizzarono veri capolavori, come certi tirabusciò arabescati su fondo d’oro. E il British Museum prese ad interessarsi al cavatappo, argomento sul quale Sothebi’s ha dedicato un libro, per non dire delle aste battute da Christie’s e delle Associazioni sorte in Francia, America, Canada, Italia…”. La data di nascita – aggiunse Nicolai – non è certa. Tuttavia, stando ad alcuni storici, risale attorno al Settecento, in Inghilterra, quando si cominciò a invecchiare il vino in bottiglie di vetro. Il primo brevetto venne registrato nel 1795 dall’inglese Samuel Henshall.

Il dottore gentiluomo mi aveva aperto la porta di un altro mondo, ricco di curiosità. “Lo sa che uno di questi… arnesi può arrivare a costare 3 mila euro?”. “Non lo so ma ci credo”.

In seguito intercettai altre “collane”: di conchiglie, fermacarte, sigarette, manifesti, “press papiers”... Ma seguire sempre il lavoro di Osvaldo Menegazzi (presente con i suoi tarocchi nell’enciclopedia del Kaplan, grandissimo esperto, a livello mondiale). Quando Vito Arienti scomparve, anche dal Giappone si continuarono a richiedere i suoi mazzi, molti dei quali disegnati da giovani talenti dall’ispirazione originale. Che il lissonese valorizzava, come moltissimi anni prima, dal 1815, aveva fatto il Guppenberg nella tipografia dei giardini della Scala.

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